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Anticipazioni

Park Chan-wook domina il dibattito a Venezia, mentre Netflix, Del Toro e Clooney accendono le scommesse 

Chi potrebbe aggiudicarsi la vittoria a Venezia 82?

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La Mostra del Cinema di Venezia è solo a metà, ma un titolo si è già imposto come favorito unanime. No Other Choice del regista sudcoreano Park Chan-wook si è affermato come il film più atteso del festival, elogiato dalla critica, accolto con entusiasmo dal pubblico e già al centro dell’attenzione durante la stagione dei premi.

Eppure Park non è il solo a fare notizia al Lido. Dalle anteprime di alto profilo di Netflix all’esperimento gotico di Guillermo del Toro, passando per la giuria di Alexander Payne che aleggia su tutto, il festival si preannuncia una competizione volatile e affascinante.

La conquista del Festival da parte di Park Chan-wook

Park, a lungo ammirato per Oldboy e The Handmaiden, non è mai stato candidato all’Oscar. Ma con No Other Choice, le cose potrebbero cambiare. La satira dark vede Lee Byung-hun nei panni di un burocrate licenziato che reagisce a un mercato del lavoro spietato eliminando letteralmente i suoi rivali.

I critici l’hanno definito “esuberante” e “di un’attualità frizzante”, un mix di commedia assurda e tagliente critica sociale. Neon ha i diritti per gli Stati Uniti e gli esperti di premi stanno già ipotizzando se la giuria di Venezia, presieduta da Alexander Payne, potrebbe assegnare il Leone d’Oro, la Miglior Regia o il Miglior Attore a Lee. Una cosa sembra certa: vincerà qualcosa.

Netflix punta forte su Baumbach e Del Toro

Netflix ha presentato due delle sue tre proposte per il festival: Jay Kelly di Noah Baumbach e l’attesissimo Frankenstein di Guillermo del Toro. Il primo vede George Clooney nei panni di un anziano attore di Hollywood alle prese con la sua rilevanza, supportato da un’interpretazione eccezionale di Adam Sandler nei panni del suo ironico manager. Le recensioni sono state divise, con alcuni che ammiravano il nebuloso sentimentalismo di Baumbach e altri che desideravano i toni più taglienti di Storia di un matrimonio.

Frankenstein di Del Toro ha avuto un successo migliore. Jacob Elordi, quasi irriconoscibile nei panni del mostro, ha suscitato elogi per un’interpretazione che ha ridefinito la sua carriera. Mentre alcuni critici hanno trovato la produzione gotica troppo elaborata, altri l’hanno salutata come una reinvenzione piena di sentimento di un racconto classico. Venezia, che ha assegnato a Del Toro il Leone d’Oro nel 2017 per La forma dell’acqua, rimane un palcoscenico caldo per lui, anche se il nuovo film divide.

Divisioni e delusioni

Non tutti i debutti hanno avuto successo. Orphan di László Nemes, un cupo dramma del dopoguerra ambientato nella Budapest del 1957, è stato messo in ombra nonostante le sue inquietanti riprese. L’accoglienza del film è stata ulteriormente complicata dalle passate dichiarazioni politiche del regista, a testimonianza di come le conversazioni culturali spesso si insinuino nel fermento dei festival.

Allo stesso modo, The Wizard of Kremlin di Olivier Assayas, con Paul Dano nei panni di un fittizio faccendiere politico che orbita attorno a Vladimir Putin (interpretato da Jude Law), ha ricevuto recensioni tiepide. Più calorosamente è stato accolto il contemplativo documentario in bianco e nero di Gianfranco Rosi, Below the Clouds, un ritratto dei napoletani che vivono all’ombra del Vesuvio – a dimostrazione che Venezia, a differenza di Cannes, valorizza sempre di più la saggistica accanto al cinema narrativo.

Nomi familiari, nuovi rischi

Le giurie di Venezia non sempre vanno sul sicuro. Di recente, hanno assegnato premi a opere divisive come Joker. Con Payne al timone, e con Clooney e Sandler nel cast, le sorprese sono possibili. Adam Sandler, in particolare, si è rivelato un improbabile candidato ai premi, sostenuto da ottime recensioni e da una narrazione di reinvenzione.

Nel frattempo, Bugonia di Yorgos Lanthimos, una satira con Emma Stone e Jesse Plemons, ha fatto scalpore, ma potrebbe scontrarsi con un pregiudizio “troppo presto” dopo la vittoria di Lanthimos l’anno scorso con Poor Things. Lo stesso vale per del Toro, il cui status di amatissimo film potrebbe giocare sia a suo favore che a suo sfavore.

Leggi anche: Emma Stone brilla in ‘Bugonia’ di Yorgos Lanthimos 

Cosa deve ancora venire

Il festival non ha ancora finito di distribuire le sue carte. Il thriller Netflix di Kathryn Bigelow, A House of Dynamite, l’esordio alla regia solista di Benny Safdie, The Smashing Machine, e Father Mother Sister Brother di Jim Jarmusch sono ancora in programma, ognuno in grado di rimescolare la corsa.

Anche The Testament of Ann Lee di Mona Fastvold, coprodotto con Brady Corbet, ha un potenziale di prestigio dopo il grande successo della loro ultima collaborazione al Lido.

La scommessa più sicura a Venezia

Eppure, se seguite le chiacchiere, una conclusione è chiara: Park Chan-wook ha rubato la scena. No Other Choice è diventato uno dei rari film ad aver ottenuto un plauso quasi unanime a Venezia, un film che critica, pubblico e addetti ai lavori stanno trattando come un appuntamento fisso nel dibattito sui premi.

Che si aggiudichi il Leone d’Oro o un altro premio importante, la satira di Park si è già affermata come la storia di Venezia 2025.

 

 

Fonte: IndieWire