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Cult

There’s no place like ‘Hausu’

“Un episodio di Scooby-Doo diretto da Mario Bava” è il cult estivo di Nobuhiko Obayashi, da un'idea della figlia preadolescente Chigumi

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Hausu

Il giovane Nobuhiko Obayashi si forma come regista di film sperimentali e, per guadagnarsi da vivere, realizza spot pubblicitari. In un’intervista per Notebook di Mubi, in occasione della proiezione del suo ultimo film, Hanagatami (2017), racconta il legame diretto tra la sceneggiatura di Hausu e quella di Hanagatami: “In realtà sono la stessa cosa. Takako Tokiwa interpreta il ruolo di Keiko Ema. In Hausu, la matrigna [della protagonista] si chiamava Ryoko Ema (Haruko Wanibuchi). Sono la stessa figura. Fu allora che compresi cos’è il genere, come regista. Imparai che, cambiando genere, potevo comunque fare un film con lo stesso tema. Ciò che magari non interessa come film d’arte può diventare un grande successo se presentato come horror. Decisi in quel momento che avrei realizzato tanti film diversi attorno allo stesso tema”.

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Da un’idea di Chigumi Obayashi

Nel decennio successivo alla New Wave giapponese, la realtà culturale del paese è segnata da una crisi economica dell’industria cinematografica. In questo clima emergono figure eclettiche come Shūji Terayama, esponente di un cinema sperimentale e innovativo, mentre opere come Dersu Uzala di Akira Kurosawa e Ecco l’impero dei sensi di Nagisa Ōshima ottengono risonanza internazionale.

È in questo periodo, a metà degli anni Settanta, che Obayashi presenta la sceneggiatura di Hanagatami alla Toho. La casa di produzione gli chiede: “Hai qualcosa di simile a degli squali che attaccano gli uomini?”. L’intento era evidente: replicare il modello dei blockbuster stranieri come Lo squalo di Spielberg, uscito da poco. Obayashi prende allora in prestito le idee della figlia preadolescente Chigumi – che compare nei titoli di coda come co-autrice del soggetto – e da lì nasce Hausu (1977), horror demenziale che segna l’esordio alla regia di Obayashi, premiato con il prestigioso Blue Ribbon Award per il miglior esordiente, riconoscimento ottenuto in passato anche da Shōhei Imamura e Nagisa Ōshima.

Un episodio di Scooby-Doo diretto da Mario Bava

Il commento di Criterion, in occasione dell’edizione speciale Blu-ray di Hausu  – “Un episodio di Scooby-Doo diretto da Mario Bava” – è particolarmente calzante. I cinque investigatori ideati da William Hanna e Joseph Barbera diventano qui sette studentesse adolescenti, desiderose di trascorrere le vacanze estive al campeggio organizzato dal professor Togo (il cantante e attore Kiyohiko Ozaki, presente anche in His Motorbike, Her Island). Tutte tranne la protagonista Oshare (Kimiko Ikegami).

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La ricca e bella Oshare – nella versione inglese tradotta come Gorgeous – andrà invece a Karuizawa, nota località turistica in stile europeo (luogo in cui è ambientato anche l’incontro, in un albergo, tra i protagonisti di Si alza il vento di Miyazaki), insieme a suo padre, autore di colonne sonore: “Leone ha detto che la mia musica era migliore di quella di Morricone”, le riferisce al ritorno dall’Italia, aggiungendo che anche la futura matrigna li accompagnerà a Karuizawa. Oshare rifiuta però la volontà del padre di ricostruirsi una vita e sceglie di trascorrere l’estate con le amiche. Tuttavia, poiché la sorella del professor Togo è prossima alla maternità, il campeggio a cui dovevano partecipare le ragazze resterà chiuso, e Oshare invita tutte a trascorrere l’estate nella città natale della madre, a casa della zia (Yōko Minamida, nota attrice del cinema giapponese).

L’universo narrativo

Le protagoniste di Hausu portano ciascuna un nome che riflette il proprio tratto caratteriale. L’intento macchiettistico semplifica e snellisce l’apparato narrativo, facendo emergere le “aspirazioni” di ciascuna e utilizzandole come espediente per delineare, con una nota satirica, una stereotipata atmosfera shōjo. Le compagne di classe di Oshare sono l’atletica Kung Fu; Fantasy, emotiva e impressionabile; l’intellettuale Prof; Mac, che pensa solo al cibo; la pianista Melody e infine Sweet, con la passione per le pulizie. Una dopo l’altra, tra chi viene trasfigurata letteralmente in un’anguria mordace, chi viene inghiottita dal pianoforte, o trasformata in una bambola da futon e cuscini animati, le ragazze vengono “consumate” dalla casa, che trasferisce la loro energia giovanile alla padrona, la zia, che presto abbandona la sedia a rotelle per danzare come una giovane e cimentarsi in scherzi macabri e apparizioni trasformative.

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Se in Hanagatami il tema della guerra è centrale e manifesto – insieme a Casting Blossoms to the Sky (2012) e Seven Weeks (2014) compone la Trilogia contro la guerra – in Hausu esso funge da motore narrativo: “Tutti i miei amici d’infanzia più cari sono morti a causa della bomba, così ho voluto scrivere una fantasia che avesse come tema la bomba atomica”, racconta Obayashi. La memoria storica traumatica si riflette nel personaggio della zia, che ha atteso invano il ritorno del fidanzato dalla guerra, trascorrendo la vita in solitudine nella grande casa in stile occidentale.

Fantasie di una preadolescente

Anche l’idea della casa stregata, che si impadronisce delle ragazze una dopo l’altra, sembra provenire dalle intuizioni della figlia di Obayashi. Hausu può essere inquadrato come la fantasia di una preadolescente, sia per lo stile cartoonesco sia per i coloratissimi collage animati sovrapposti alla già satura fotografia. Ma la scena finale, in cui le due ragazze superstiti cercano di stare a galla sul mare di sangue che affiora dalle pareti della casa, ricorda vagamente il “Lago di sangue sul fondo dell’inferno” descritto da Akutagawa nel racconto Il filo di ragnatela. Tuttavia, nel film non sembra esserci spazio per la speranza: nessun filo di ragnatela calato da Buddha verso il fondo dell’inferno a indicare una possibile salvezza.

L’età difficile

Cinematograficamente, il mare di sangue di Hausu si avvicina piuttosto alla scena di Carrie – Lo sguardo di Satana (1976) di Brian De Palma, in cui la protagonista, ricoperta di sangue, semina panico e distruzione nella palestra, immersa in cupe luci rosse che la fanno apparire come completamente inondata di sangue. O ancora al rosso acceso delle pareti degli interni di Suspiria (1977) di Dario Argento, dove le cromie dell’Accademia presagiscono lo sviluppo sanguinoso della vicenda. In tutti questi film, il corpo adolescenziale diventa sede fisica e nucleo narrativo degli eventi soprannaturali: la formula ricorrente accosta giovani ragazze e sangue, reale o cromatico, che spesso allude alle trasformazioni legate alla pubertà.

Un ulteriore parallelo può essere tracciato con la favola cecoslovacca Fantasie di una tredicenne (1970) di Jaromil Jireš: l’incubo di Valerie, costretta a fuggire da una misteriosa figura vampiresca, e l’impianto onirico della vicenda richiamano per certi versi l’universo narrativo di Hausu. Tuttavia, nel caso di Valerie, il sangue è ridotto a una rappresentazione minimale e simbolica, come nella scena in cui alcune gocce si posano sulla corolla di una margherita al suo passaggio. Ben diverso è l’inizio della fertilità in Carrie, reso in modo traumatico rispetto alla delicatezza simbolica del film di Jireš.

Così dolci, così innocenti

La grande casa in stile occidentale in cui è ambientato Hausu funziona come un vero e proprio “castello gotico”, seguendo la tradizione letteraria che richiama i manieri e le dimore decadenti, veri e propri labirinti di stanze, sotterranei e passaggi segreti, dove scrittrici come Ann Radcliffe, Clara Reeve, Mary Shelley e, più tardi, Shirley Jackson hanno ambientato le loro storie. Nel gotico, il castello è simbolo di reclusione, un labirinto psicofisico in cui la condizione femminile si riflette nella clausura, nella perdita o nella costrizione. In Hausu, questo ruolo è affidato alla zia, figura vampiresca che governa la casa e che, segnata dalla perdita del fidanzato a causa della guerra, resta prigioniera della propria solitudine. La sua condizione si riflette come un’ombra sulle ragazze: un “doppio” che incarna ciò che esse stesse potrebbero diventare se destinate alla stessa sorte, intrappolate da desideri irrealizzabili, dalla perdita e infine dall’isolamento.

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In linea con l’immaginario gotico, la narrazione procede per esplorazioni e sparizioni improvvise, apparizioni inspiegabili ed eventi trasformativi; ma a questo si intrecciano motivi simbolici propri della tradizione giapponese. Gorgeous, ad esempio, si rifugia in una stanza della casa, dove trova pettini e fermagli di legno appartenuti alla giovane zia. Seduta davanti alla toeletta, si trucca e si pettina i lunghi capelli neri, mentre la sua immagine riflessa nello specchio si sovrappone a quella della zia. In Giappone i pettini di legno – cui si attribuivano qualità sciamaniche – erano ritenuti capaci di trattenere l’energia spirituale dei capelli.

La colonna sonora

La colonna sonora di Hausu, curata da Asei Kobayashi e dai Godiego, si distingue per il suo leitmotiv insolito in un film horror: un tema semplice e immediatamente riconoscibile, allegro e rassicurante, scandito dal delicato suono del carillon e dal trillo del pianoforte. Coinvolgendo la band, l’intendo di Obayashi era quello di catturare anche un pubblico più giovane. Il tema, che varia di tono a seconda della scena e del personaggio, accompagna costantemente il film, rendendo difficile immaginarlo senza di esso. D’altronde, è altrettanto difficile concepire Suspiria senza la colonna sonora dei Goblin, o Carrie senza il tema composto da Pino Donaggio.

Hausu

Hausu

  • Anno: 1977
  • Durata: 88'
  • Distribuzione: Toho
  • Genere: Commedia horror
  • Nazionalita: Giappone
  • Regia: Nobuhiko Obayashi
  • Data di uscita: 30-July-1977