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‘Le notti di Cabiria’: un ritratto di pura resilienza

Attraverso uno sguardo intimo e lirico, Fellini celebra la forza interiore di una donna che affronta il mondo con dignità e speranza.

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In un momento di passaggio fondamentale per il suo cinema, Federico Fellini realizza con Le notti di Cabiria un’opera che segna il definitivo superamento del neorealismo per approdare a una forma espressiva più intima, lirica e personale.
Uscito nel 1957, il film conserva l’attenzione per le classi marginali e il contesto urbano che caratterizzava il dopoguerra italiano, ma lo fa trasfigurandolo attraverso uno sguardo profondamente umano, quasi spirituale, capace di cogliere la poesia nei frammenti più umili della realtà. Al centro, una figura femminile destinata a lasciare un segno indelebile nella memoria dello spettatore: Maria Ceccarelli detta Cabiria, prostituta di periferia, ingenua e ostinata, generosa e disillusa, interpretata da una straordinaria Giulietta Masina, moglie del regista.

Un mondo fatto di illusioni

Narrativamente, Le notti di Cabiria si sviluppa per episodi: ogni incontro, ogni situazione rappresenta una tappa nell’evoluzione emotiva di Cabiria. Dall’umiliazione iniziale – gettata nel Tevere dal suo amante – fino al miraggio di un futuro con un uomo apparentemente onesto, Cabiria attraversa momenti di umiliazione, attesa, illusione e speranza.

Ogni episodio è quasi una parabola, un piccolo racconto autonomo che contribuisce a formare il ritratto complesso della protagonista. E proprio quando il sogno sembra finalmente a portata di mano, Fellini lo infrange con crudeltà – ma anche con una sincerità disarmante – mostrandoci che anche l’ultima illusione può essere tradita.

Le notti di Cabiria è un film sulla fede non religiosa, ma esistenziale. È la fede nel fatto che, anche dopo il peggio, qualcosa di umano resta. Anche dopo essere stata ingannata e derubata, Cabiria non si chiude al mondo. Cammina, sorride, si mescola alla vita. È un gesto rivoluzionario, in un mondo che premia il cinismo e punisce la tenerezza.

Il coraggio di Fellini e la censura

Non fu facile per il regista portare a compimento il progetto. Dino De Laurentiis, produttore del film, accettò di finanziare l’opera solo a patto che alcune scene venissero eliminate. Nonostante questo compromesso, il film fu comunque sottoposto a censura in Italia: sette minuti furono tagliati nella versione distribuita inizialmente nelle sale. Tra questi, l’ormai celebre episodio dell’uomo con il sacco, oggi visibile nelle versioni restaurate e integrali del film.

Una Roma vera, fragile, umana

Le notti di Cabiria è anche un’opera di grande valore sociale. La Roma che emerge è quella delle periferie dimenticate, ancora ferite dalla guerra, abitate da un sottoproletariato che Fellini osserva senza giudizio, ma con profondo rispetto. Per rendere più autentici i dialoghi, il regista si avvalse della collaborazione di Pier Paolo Pasolini, poeta e scrittore allora già esperto della lingua e della vita delle borgate. A curare la sceneggiatura oltre a Pasolini furono lo stesso Fellini, Ennio Flaiano e Tullio Pinelli

Cabiria nasce, in parte, da una figura reale: Wanda, una prostituta conosciuta da Fellini durante le riprese de Il bidone. Il nome, invece, è un omaggio al celebre colossal muto italiano Cabiria (Giovanni Pastrone, 1914), segnando così un filo sottile tra la grande tradizione cinematografica italiana e la modernità della nuova narrazione felliniana.

La musica e la fotografia

La musica di Nino Rota accompagna il film con discrezione e malinconia, senza mai sottolineare eccessivamente le emozioni.

La fotografia di Aldo Tonti gioca sui contrasti di luce e ombra, tra i chiaroscuri della notte e le luci abbaglianti del giorno. L’uso delle inquadrature strette su Cabiria, alternato a campi lunghi che la mostrano piccola in mezzo a una realtà indifferente, rafforza la sensazione di isolamento ma anche di eroismo silenzioso.

Giulietta Masina: il cuore del film

La presenza più vivida del film è indiscutibilmente Giulietta Masina, che offre una delle interpretazioni più toccanti della storia del cinema italiano. Il suo volto è un caleidoscopio di emozioni mutevoli: ogni sguardo, ogni movimento del corpo, ogni smorfia ha il potere di comunicare più di mille parole. Masina costruisce Cabiria come una figura clownesca e tragica, a metà tra uno Charlot chapliniano e una creatura felliniana pura e ferita.

La sua capacità di passare in pochi istanti dal riso al pianto, dall’euforia alla disperazione, è ciò che rende Cabiria un personaggio vivo, palpitante, vero. Non c’è scena in cui lo spettatore non si senta emotivamente coinvolto dalla sua presenza, dalla sua vulnerabilità esposta, dalla sua testarda voglia di non arrendersi.

Un messaggio universale

Quella di Cabiria è una storia che trascende il tempo e i luoghi. È un inno alla resilienza, alla speranza, al coraggio delle donne che, pur cadendo, trovano sempre la forza di rialzarsi. È il racconto di un’anima semplice che, nonostante la durezza della vita, non rinuncia a sognare.

Le notti di Cabiria è un film destinato a rimanere un pilastro del cinema italiano. Si rivolge a ogni epoca perché tocca il profondo bisogno umano di essere riconosciuti e amati. Fellini non esalta la povertà, né celebra il dolore. Osserva, ascolta e ci invita a fare lo stesso. In Cabiria non vediamo solo una donna, ma una condizione universale. E in quel sorriso con le lacrime agli occhi che chiude il film, ognuno può trovare un frammento della propria umanità.

Le notti di Cabiria

  • Anno: 1957
  • Durata: 110 minuti
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Federico Fellini