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Giornate degli Autori

‘Vainilla’ di Mayra Hermosillo in Concorso alle Giornate degli autori

Un ritratto intimo di un'infanzia nel cuore di un matriarcato messicano

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vanilla

In concorso per le Giornate degli Autori, Vainilla è un film di Mayra Hermosillo. 

Protagoniste Aurora Dávila, María Castellá, Natalia Plascencia, Paloma Petra Rosy Rojas Fernanda Baca Lola Ochoa.

VAINILLA – Giornate degli Autori

Vainilla la trama

Nel Messico della fine degli anni Ottanta, Roberta, una bambina di otto anni, osserva la sua famiglia composta da sette donne che lottano per salvare la casa dai debiti. Una battaglia che cambia il modo in cui vede se stessa e coloro che la circondano.

Donne

Che siano le donne le protagoniste del bel film di Mayra Hermosillo è indubbio.

L’attrice messicana si è buttata nella regia per creare questo film ispirato alla sua infanzia vissuta in un matriarcato. Una storia tangibile con il quale è riuscita a raggiungere il prestigioso Festival. E promette di continuare dietro le telecamere.

La Hermosillo (Torreón, 1989) ha un ampio curriculum in teatro e televisione, lavorando anche alla serie ‘Narcos: Messico‘, ma ora si è lanciata nella regia cinematografica con un primo lungometraggio che, nonostante  alcune debolezze, convince e trascina.

Una storia molto personale, autobiografica, ambientata in Messico alla fine degli anni Ottanta, e che vede una bambina, Roberta (Aurora Dávila) assistere ai tentativi della sua peculiare famiglia di sette donne di salvare la casa comune.

Nella sua innocenza, Roberta crede di poter risolvere la minaccia di un possibile sfratto mentre sogna il suo futuro guardandosi allo specchio della madre, della zia, della nonna, della bisnonna o della bisnonna. Nel film, come nella vita reale, la paura della protagonista di perdere quel mondo matriarcale è il motore principale di una trama che si dirama per presentare ognuna di queste donne.

Scrittura

Il risultato è una toccante storia personale che ha evocato le sette donne con cui la regista è cresciuta, suscitando o ordinando i propri ricordi, visto che quattro di loro sono già morte, compresa la nonna.

Evocazione è il termine giusto perchè tutto si dispiega come in una sorta di dimensione onirica fatta di mobili antichi, cucine disordinate e colme di piatti sporchi, panni stesi ad asciugare, letti sfatti, musica lontana alla radio sempre accesa. Un disordine perenne e una sciattezza che si riflette nel disordine reale di queste sette vite allo sbaraglio. La scrittura stessa è un collage di riflessioni volutamente banali, entusiasmi infondati, responsabilità non affrontate, rifiuto di crescita. Ognuna delle donne fotografate dalla regista sembra non aver voglia di oltrepassare il limbo della non età e di affrontare la vita vera. Quello che ne deriva è un quadro impietoso dell’universo donne, dove, anche se la presenza del genere maschile non è ritenuta come prioritaria, la sua assenza non è necessariamente vista come qualcosa di positivo. Al contrario, le donne senza uomini appaiono fragili, stanche, impossibilitate a costruire da sole una situazione di vita stabile, affettivamente dipendenti e insane.

Roberta

La differenza la fa Roberta, piccola grande donna che si cuce una dimensione di simil confort in questo paradiso- inferno fatto di donne non cresciute abbastanza, e che si preoccupa di metter da parte i soldi necessari , sfuggire dal bullismo scolastico che non comprende, e andar via da quel luogo senza futuro inseguendo un sogno. Roberta è l’anello di congiunzione tra le varie sorelle della casa, la più piccola delle Infermiere;  rappresenta la speranza di un futuro diverso ma anche la triste consapevolezza dell’assenza di una qualche figura responsabile costante nel film.

Se la cugina , alle prese con una madre alcolista e assente, cerca in tutti i modi di frenare il suo diventar donna, comprimendosi il petto in grosse fasce, Roberta esalta continuamente la sua femminilità in esplosione pasticciando allo specchio col rossetto e librandosi in improbabili stacchetti musicali da talent show. In realtà è la figura paterna quella che andrà sempre cercando e a cui chiederà sempre asilo, pur non ottenendo mai reale consenso  dal  vero padre, andato via con un’altra famiglia.

vaniglia

Illusioni

Non facciamoci però ingannare dalle apparenze: qui non c’è una reale almodovoriana complicità femminile, non è un’atmosfera nè sana nè negativamente costruttiva questa di Vainilla, Nulla si crea e niente si distrugge in questa storia che resta in un’impasse fino alla fine malinconica e dalla conclusione realistica: non si può vivere fuori dal sistema, il negare una lettera e riporla in un cassetto non neutralizza il suo potere, fuggire dalla realtà è soltanto un rimandare il problema e traslocare (nel vero senso della parola) di luoghi oggetti e memorie. Così, sparsa ogni cosa attorno, i corpi inerti mantengono l’inerzia e l’idea del sogno trova un’altra sede . C’è ancora posto per un gelato alla vaniglia che allontani per ora la realtà da affrontare. Ancora una volta, solo per questa volta, un’altra foto da scattare .

Una cosa vicina un puzzle documentario alle Giornate degli Autori

 

Le Giornate degli Autori 2025: con #confronti il cinema si fa realtà