Da lunedì 21 luglio è disponibile in streaming su MUBI un docu-film assolutamente da non perdere: Richard Benson: la vita è il nemico. Dal piccolo appartamento, in cui Richard ha vissuto insieme alla sua compagna, comincia un racconto in flashback della sua incredibile storia. Richard Benson negli ultimi anni, prima della morte (avvenuta nel 2022), è rimasto nella grotta buia che si era costruito, al riparo dal mondo e dagli amici. Oggi la sua storia esce alla luce attraverso l’audace biopic diretto da Maurizio Scarcella.
Cominciare dalla fine
La struttura del documentario scritto, oltre che dal regista, da Matteo Bennati e Giulio Calenne, sceglie di partire dalla fine e riavvolgere il nastro di un’esistenza votata alla ribellione e al grottesco. Si comincia difatti da un Richard malato e caduto in disgrazia. Il musicista versa in un’instabile condizione di salute e in una disperata situazione economica. Viene intervistato mentre si intravedono alle sue spalle gli abiti di scena ammassati, colmi di piume e paillettes. Quello che resta da dare al pubblico è la propria storia, tornare alla vita ripercorrendo le fila della loro esistenza.
Richard:
“Salve a tutti, sono Richard Benson e sono malato. Non posso permettermi le medicine quindi rivolgo un appello a tutti i miei fan, perché oggi rischio di morire”.

Un cane a tre teste: il musicista affamato…
C’era il Richard musicista, “dal quale tutti andavano per prendere appunti“, un talento quasi sconfinato per abitare una sola persona. Ha fatto più di 10.000 concerti e ha collaborato con artisti internazionali. Dal gruppo anni Sessanta Il Buon Vecchio Charlie alla carriera di solista, ha riscritto il destino del genere rock. Ha attraversato come una scheggia impazzita l’hard rock, l’heavy metal ma anche jazz, funk, blues, fusion e il rock italiano. Benson era noto per la sua velocità e tecnica, tanto da essere premiato come il chitarrista più veloce del mondo.
…la bestia della televisione
C’era poi il Richard televisivo, quello nerd intellettuale, uno scrigno vivo di conoscenza. Commentava con estremo coinvolgimento dischi e musicisti. Con il programma anni Settanta L’ottava nota, “teneva tutti gli italiani incollati allo schermo alle 21“. Il look che ha sfoggiato negli anni, tra tacchi alti e maschere esoteriche, è il referente oggettivo di una personalità che non solo vuole rompere gli schemi, ma ne vuole costruire di nuovi, lasciando spazio a tutto ciò che la società condanna. Il suo carisma lo porta dritto nei salotti televisivi risultando al pubblico ora come un fenomeno da baraccone ora un opinionista provocatorio.
…il compagno di una vita
Attraverso il racconto degli amici d’infanzia e della compagna di una vita Ester Esposito, ricostruiamo la sua creaturalità più nascosta da musicista. L’animo buono che abitava il mostro. C’è stato chi ha considerato Richard un vero figlio di Satana, schermando di ridicolo le sue apparizioni pubbliche. La provocazione è stata l’arma con cui ha saputo cavalcare l’onda della cultura di massa e da quella stessa onda Richard è finito travolto, stanco e solo. Il documentario consegna al pubblico molto di ciò che si poteva dire di Benson nella sua intimità. E questo è il filone più delicato e importante che la ricostruzione biografica cerchi di restituire, senza alcun intento idealizzante.
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L’Italia e il monstrum
Monstrum: ciò che crea meraviglia, spavento, il prodigio, il portento. E forse mai parola renderebbe meglio la persona e il mito di Richard Benson. Da Woking la star americana percorre a suon di musica un’Italia che cambia. Attraversa i vecchi e i nuovi media con coerenza di immagine e di personalità: dal classico palcoscenico (che reinventa e riutilizza come arena da circo) fino alla televisione, che ha saputo maneggiare come fosse nato per viverla. Arriva persino ai social media negli Anni 2000 con video-meme dei suoi sketches più iconici. Un mostrum che l’Italia, forse più di altri Paesi ha fatto fatica a capire, a valorizzare, ad aiutare. Richard Benson è il prodigio assetato di musica che ha fatto divertire tutti, a modo suo, e soprattutto per volere proprio, ma ha conosciuto anche l’epilogo che attende chiunque stravolga le etichette sociali del perbenismo: l’umiliazione.
Il biopic di Maurizio Scarcella non condanna, non santifica, ma restituisce con crudo realismo un uomo dalle mille sfaccettature. Richard Benson è un uomo divenuto presto personaggio mainstream, ma che resta un affascinantissima incognita in chiunque oggi voglia reincontrarlo.
