Terry Gilliam sarà protagonista dell’Umbria Film Festival dove il prossimo fine settimana sarà proiettato Brazil (1985), in occasione del 40° anniversario del suo film più iconico. La pellicola, candidata a due Oscar e vincitrice di due BAFTA, è ambientata in una megalopoli dominata da una burocrazia oppressiva e racconta la storia di Sam Lowry (Jonathan Pryce), un uomo che cerca di evadere dalla realtà attraverso i sogni, finché fantasia e verità non si scontrano tragicamente.
In vista della sua partecipazione all’Umbria Film Festival il regista condivide riflessioni e ricordi in un’intervista.
La battaglia per il finale di Brazil
Gilliam ha ricordato con ironia il conflitto con Sid Sheinberg, allora presidente della Universal, che voleva modificare il finale del film per il mercato americano. “È stato quasi divertente litigare con la Universal. Ero determinato: non avrebbero cambiato Brazil. Per un po’ sembrava che avessi aperto una breccia nel sistema ma si è richiusa subito. A quel punto devi scegliere: vuoi una carriera o vuoi essere te stesso?”

Le considerazioni del regista sull’industria cinematografica attuale
Con alle spalle una carriera segnata da visioni oniriche e controversie, da The Life of Brian con i Monty Python a The Man Who Killed Don Quixote – realizzato dopo decenni di tentativi – Gilliam oggi si confronta con un’industria cinematografica che definisce “più timorosa”. Il suo prossimo progetto, Carnival at the End of Days, ha già un cast stellare – Johnny Depp, Adam Driver, Jeff Bridges, Jason Momoa, Tom Waits, Asa Butterfield, Emma Laird – ma fatica a ottenere i finanziamenti. “Oggi il cinema è diverso: produttori e finanziatori sono molto più timidi”, osserva il regista, spiegando di trovarsi in una posizione intermedia tra il cinema indipendente a basso budget e le grandi produzioni degli studios.
Ripensando ai suoi film Gilliam ammette: “Non riguardo mai i miei film una volta finiti ma quando ho supervisionato la versione 4K de Le avventure del Barone di Münchhausen mi è sembrato di vederlo per la prima volta. Mi sono detto: “Questo film è dannatamente bello. Vorrei poter fare qualcosa del genere oggi.”
Anche se non dirige un lungometraggio da Don Quixote, Gilliam continua a pensare in grande. Ma, come lui stesso confessa, forse il regista che firmò Brazil “non vive più in questo corpo”. Eppure, l’energia visionaria di allora sembra ancora viva nei suoi progetti, anche se oggi deve lottare più contro i budget che contro la censura.