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SHORT FILM

‘Taste of India’, una commedia su vittime e carnefici

'Taste of India', cortometraggio diretto da Fabio Garofalo e Jacopo Santambrogio, alla direzione della casa di produzione Don't Movie

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Taste of India

Uno sguardo lucido, notturno e ironico, sulla situazione, precaria, dell’uomo. Una riflessione su come, facilmente, le situazioni possano, in un momento, ribaltarsi e cambiare di senso. Di come la vita, alle volte, ironicamente, appunto, trasformi le vittime in carnefici e viceversa, e di come, con ironia, amara, la società destini a questa sorte gli ultimi e i penultimi che, nel vicolo buio di una città universale, si incrociano, si rapinano, si riconoscono, si aiutano e si fregano, fino a scambiarsi i ruoli.

È quello che Fabio Garofalo e Jacopo Santambrogio mostrano in Taste of India, cortometraggio passato in concorso, nella categoria nazionale, al Figari International Short Film Fest che punta i riflettori sulle arti digitali, i nuovi media e, appunto, i cortometraggi indipendenti. Creando spazi di discussione e confronto per avvicinare il pubblico a questo settore, fatto di piccole, ma grandi, opere. Di cui gli stessi Garofalo e Santambrogio, con Taste of India, prodotto da Don’t Movie, casa di produzione dei due registi e punto di riferimento nell’ambiente milanese per spot pubblicitari e branded entertainment, ne sono l’esempio. 

Storie di penultimi

Patrick, appena perso il lavoro, parla al telefono con la madre, incamminandosi, da un vicolo buio, verso casa. E in quel vicolo, dove si svolge l’intera storia costruita e raccontata attraverso la scrittura brillante, ironica e dinamica di Garofalo e Santambrogio, uno sconosciuto lo approccia, lo bracca e lo incita, con un coltello, di consegnargli il portafoglio. Inizia così, Taste of India, con una minaccia che ne anticipa altre e che dà il via ai dialoghi, tra Patrick e Dave, e il suo coltello, e poi tra i due e Carlos che, con la sua pistola, cerca di rapinare entrambi. Mentre, dall’altra parte del telefono, la madre, presenza silenziosa ma costante, attende, più preoccupata per il cibo del gatto che del destino del figlio. 

Taste of India: un’analisi brillante

La situazione di pericolo iniziale lascia spazio a un botta e risposta su chi dovrebbe derubare e chi essere derubato, su quanto e come farlo. Lascia spazio al racconto di vita dei personaggi, a un’analisi umana e sociale di ciò che ciascuno di loro rappresenta e incarna, nel proprio quotidiano, in uno scambio di vite e identità che unisce al grottesco e all’assurdo della sceneggiatura il tono realistico di ciò che viene narrato.

Se Patrick ha appena perso il lavoro, Dave lo cerca invano da tre anni e Carlos, con quattro figlie, ex meccanico, senza risultato, fa altrettanto. Sono tre volti diversi ma simili, ritrovatisi e riconosciutisi nel buio di un vicolo, che è anche quello del momento di vita che stanno attraversando, una zona d’ombra dove, questi volti, si somigliano e interscambiano, e che Garofalo e Santambrogio restituiscono per mezzo di un montaggio serrato ma non frenetico, che lascia spazio allo sguardo e all’umorismo delle parole, dei silenzi e delle storie dei protagonisti.

Dalle minacce ai compromessi, dalle aste per il bottino conteso all’aiuto reciproco nel tentativo di trovare l’altro un’occupazione. Dalle conversazioni no sense sul tikka masala migliore della città, quello appunto del locale che dà il titolo al cortometraggio all’interrogativo all’inversione di ruoli e all’interrogativo che, sul finale, tra sguardi complici, attacchi d’ira e battute sarcastiche, sembrano porre Garofalo e Santambrogio: chi è davvero la vittima, e chi il carnefice?

Taste of India

  • Anno: 2025
  • Nazionalita: Italiana
  • Regia: Fabio Garofalo Jacopo Santambrogio