Presentato lo scorso anno al Festival di Sundance nella sezione “Documentari Internazionali”, Nocturnes ci trasporta nel fitto ecosistema pluviale delle foreste ai piedi dell’Himalaya, dove alcuni dediti osservatori cercano di svelare i segreti delle falene.
Concentrandosi su una piccola, effimera realtà, Nocturnes cerca di mettere in discussione la visione del mondo incentrata sull’uomo. La tesi è semplice: solamente sviscerando i più (apparentemente) insignificanti tasselli dell’universo, saremo in grado di apprezzare appieno la complessità della nostra esistenza.
Presentato a Euganea film festival 2025
Un’oasi luminosa nel cuore dell’oscurità

Ogni notte, l’esperta di lepidotteri Mansi Mungee e il suo piccolo team di ricercatori posizionano la loro strumentazione a diverse altitudini. Ben presto notano che a bassa quota faticano a incontrare le sfingidi, la sottospecie di falene che rappresenta il fulcro delle loro ricerche, e che la notte prima si era invece abbondantemente manifestata. “Questa non è una normale fluttuazione“, esclama Mungee visibilmente preoccupata, mentre osserva l‘appezzamento di tessuto verticale illuminato su cui si riuniscono religiosamente le falene.
Nocturnes è un’esperienza meditativa in cui darsi risposte è secondario al piacere di porsi nuove domande, eppure questo enigma non fatica a trovare una spiegazione. Ecco che il film, fino a quel momento impegnato a sintonizzarci verso un tipo di bellezza che raramente si è nelle condizioni di apprezzare, allude agli effetti del surriscaldamento globale sulla vita delle falene (e di conseguenza, agli effetti dell’uomo sul pianeta).
Le insospettabili virtù delle falene, messe alla prova dall’uomo

Le falene ci vengono presentate come creature resilienti, datate prima dei dinosauri e sopravvissute nel tempo a svariati eventi potenzialmente in grado di causarne l’estinzione. Questa narrazione verbale, che porta il timbro della stessa Mungee e ci istruisce sulle virtù delle falene, si contrappone alle immagini spiazzanti della triste routine che si verifica all’alba. Il telo viene smontato, ma gli esemplari arrivati al termine del loro breve ciclo vitale, rimasti incagliati nelle sue trame, persistono come un bruciante monito della delicata e temporanea bellezza del mondo.
Un mondo che è influenzato da un catastrofico cambiamento climatico. Per sopravvivere, le falene sono destinate a risalire progressivamente la regione montuosa, inseguendo fino alla cima le temperature ideali; a loro volta saranno seguite dai predatori, che estenderanno a catena le conseguenze all’intero ecosistema delle latifoglie.
Le domande aumentano: “Che ne sarà delle falene?”, “Ha davvero senso preoccuparsi per una specie che ha resistito così a lungo?”. Qualunque sia la risposta, il dubbio che la persistenza allo sfruttamento dell’uomo sia davvero la goccia capace di far traboccare qualunque vaso, risuonerà più forte che mai nello spettatore.
La giuria di Sundance, uno dei palcoscenici più importanti nel campo dei documentari, ha assegnato a Nocturnes un premio speciale per i suoi meriti artistici, giustificato dal lavoro incredibile portato avanti sul comparto sonoro. Battiti d’ali così densi da replicare il rumore delle fugaci piogge torrenziali tipiche della regione, tutti indirizzati verso il telo su cui brilla la luce che mira ad attirare le più di 150.000 specie di falene che popolano l’oscurità. Il loro comportamento è eloquente, eppure qualcosa ci sfugge, impedendoci di decodificare i misteri che nascondono queste criptiche creature. Questo non scoraggia di certo Mansi Mungee e gli altri studiosi, che sono pronti a sacrificare anni di ricerca per ottenere anche solo un piccolo indizio rivelatore.