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‘Soundtrack to a Coup d’Etat’: un ricordo sulle note del jazz

Patrice Lumumba, primo ministro della Repubblica del Congo nel 1960, brutalmente assassinato durante un colpo di stato, viene ricordato in questo potente lungometraggio che intreccia storia, politica e musica. Il documentario è stato presentato durante la terza edizione di Unarchive Found Footage Fest, all'interno della sezione Concorso Internazionale.

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Soundtrack to a Coup d’Etat, diretto dal regista belga Johan Grimonprez, racconta i legami intricati tra la NATO, l’ONU e la decolonizzazione del Congo.

Il film si serve di potenti immagini d’archivio per ricostruire gli eventi che portarono alla morte di Patrice Lumumba, primo premier eletto del Congo, insieme ai suoi collaboratori Maurice Mpolo e Joseph Okito. Tutti e tre vennero giustiziati, secondo molte fonti, da mercenari belgi.

Presentato alla terza edizione dell’Unarchive Found Footage Fest, il documentario della durata di 150 minuti, unisce materiali storici a un elemento narrativo inedito: la musica jazz. L’intreccio tra immagini e suoni offre una visione intensa e originale su uno dei crimini politici più oscuri e terribili, che hanno segnato la storia del ventesimo secolo.

Il jazz non accompagna solo le scene, ma guida lo spettatore attraverso la narrazione, dando voce a chi, in quegli anni, lottava per la libertà.

La rivoluzione è a colpi di voce, batteria, piano e tromba

In Soundtrack to a Coup d’Etat una scena mostra un giornalista statunitense chiedere ai suoi spettatori: “Come ricorderete il 1960?”.

Il 1960 è l’anno in cui molti paesi africani ottennero l’indipendenza, mentre infuriava la Guerra Fredda. Il film esplora come il jazz, in quel contesto, fosse molto più di un genere musicale: era uno strumento di protesta, un linguaggio globale di resistenza e speranza.

Artisti come Nina Simone, Louis Armstrong e Dizzy Gillespie non suonavano soltanto: raccontavano il mondo, denunciavano le ingiustizie e ispiravano chi combatteva contro il colonialismo. Il regista intreccia le loro voci e le loro note alle immagini del tempo, mostrando come la musica potesse veicolare messaggi politici potenti. In un’intervista inclusa nel film, l’attivista politico afroamericano Malcolm X afferma:

Penso che la musica possa cambiare il modo di pensare delle persone

E Johan Grimonprez sembra voler dimostrare esattamente questo, scena dopo scena.

Una cruda riflessione sul colonialismo e l’imperialismo

Johan Grimonprez non si limita a ricostruire i fatti storici. Usa il passato per interrogare il presente. Chi aveva interesse a eliminare Patrice Lumumba? Quali potenze occidentali sostennero dittature in Africa per proteggere i propri interessi economici e politici?

Una figura chiave nel documentario è Andrée Blouin, attivista e consigliera politica. Fu lei a scrivere il celebre discorso di Patrice Lumumba e a dirigere il protocollo durante l’indipendenza del Congo nel 1960. Le sue parole, che fanno da eco, nel documentario, agli ideali sulla democrazia e liberazione dal colonialismo di Patrice Lumumba, restituiscono forza e dignità al ruolo delle donne nei movimenti di liberazione. Dopo la sua espulsione dal Paese, Andrée Blouin trasformò la sua voce in una denuncia pubblica contro il colonialismo belga, dimostrando come la resistenza non fosse solo militare, ma anche culturale e diplomatica.

Il film mette in discussione anche il ruolo dell’ONU, spesso presentato come neutrale, ma coinvolto in giochi di potere che influenzarono pesantemente il destino del Congo.

Il Jazz come elemento narrativo: uno strumento soft-power inconsapevole

Il jazz non ricopre solo il ruolo di colonna sonora, bensì è alla base della struttura narrativa del documentario. Perfino il montaggio del film non è lineare, simile all’improvvisazione di un brano jazz. Johan Grimonprez alterna interviste, testi, fotografie e performance musicali per creare un collage visivo che dà forma alla complessità politica e culturale di quegli anni.

Artisti come Max Roach, John Coltrane e Nina Simone diventano narratori inconsapevoli di una storia più grande. Le loro musiche evocano dolore, speranza, rabbia e sogno. Ma il film sottolinea anche un paradosso: durante la Guerra Fredda, gli Stati Uniti inviarono questi musicisti in Africa come ambasciatori culturali, per promuovere la propria immagine nel mondo.

Spesso inconsapevoli del loro ruolo propagandistico, alcuni artisti reagirono con forza. Louis Armstrong, ad esempio, dopo aver capito di essere stato usato come strumento politico, dichiarò di voler rinunciare alla cittadinanza statunitense e trasferirsi in Ghana.

Johan Grimonprez mostra allo spettatore il doppio volto del jazz: da una parte simbolo di libertà e resistenza, dall’altra arma diplomatica del soft power americano.

Soundtrack to a Coup d’Etat è un’opera difficile da digerire: contemporaneamente composto da un’estetica sublime e una narrazione tagliente, a tratti claustrofobica. Attraverso la fusione di musica e storia, il film invita a guardare oltre la superficie dei fatti. Offre uno sguardo lucido e critico su come le potenze occidentali hanno influenzato, manipolato e talvolta soffocato i movimenti di liberazione africani da Imperialismo e Colonialismo.

Un film imperdibile per chi cerca nella memoria storica strumenti per comprendere il presente. Per chi crede che, davvero, la musica possa cambiare il mondo.

Soundtrack to a Coup d’Etat

  • Anno: 2024
  • Durata: 2 ore e 30 minuti
  • Distribuzione: I Wonder Pictures
  • Genere: Documentario, Found Footage, Musicale
  • Regia: Johan Grimonprez