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Cannes

‘The Plague’: Bullismo, gruppo e identità

Il debutto al lungometraggio di Charlie Polinger ha sorpreso Cannes e la sezione Un Certain Regard

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Estate del 2003. In un campo estivo di pallanuoto arriva il dodicenne Ben, alquanto sensibile e maturo per la sua età. Deve inserirsi nel gruppo di giovani adolescenti, nel quale è presente una frattura: il giovane autistico Eli è lasciato ai margini a causa di una “peste” immaginaria, un gioco fra ragazzini con netti elementi di bullismo, purtroppo ricorrenti in questa fase della crescita.

Sovente nei racconti di formazione l’elemento chiave è il singolo, in questo caso il nuovo arrivato Ben, rapportato al gruppo, capeggiato dal bullo Jake (che risulta particolarmente brillante per le espressioni e i tratti somatici).

The Plague inizia intorno a questa dicotomia: il cattivo e il buono, il nuovo e il veterano, il cool e lo sfigato.

Di questi elementi però non fa un discorso piatto, banale e prevedibile. Non restituisce profondità esclusivamente al personaggio “buono” e protagonista, ma indaga, specie sul finale, anche le ragioni dell’antagonista, esplorandone così il lato umano.

In questo mondo narrativo chiuso e soffocante rappresentato dal campus, sembra non esista una morale regolatrice che dovrebbe essere rappresentata dalla voce degli adulti (in questo caso l’allenatore interpretato da Joel Edgerton). Ad eccezione di un episodio in cui, a seguito dell’ennesima angheria di gruppo verso l’emarginato Eli, l’allenatore, interviene e, come in un’idea archetipica delle punizioni militari, punisce tutti “fisicamente” facendoli correre.

Ben è dunque costretto a schierarsi, non tanto per decidere se salvarsi dalla banalità del male unendosi ad essa o lottare per Eli ingiustamente denigrato, quanto più per scoprire chi sia veramente lui in questo ambiente sregolato.

E schierarsi significa fare delle valutazioni sui comportamenti dei due modelli: se il bullo Jake non rimane un personaggio tipo, lo stesso vale anche per Eli. L’idea di dipingerlo come vittima sofferente sarebbe stata una soluzione poco onesta.

The Plague (2025) Polinger dunque usa il corpo dei suoi attori per tracciare gli standard del gruppo. Eli, in quanto autistico, balla e gesticola, incapace di contenere i suoi stimoli fisici. L’autore sottolinea eccessivamente questa distanza dal modello di riferimento dei ragazzi,  scegliendo Eli che è cicciottello.

Da subito Ben è preso in giro da Jake per il suo balbettio, e gli si raccomanda di non toccare Eli per evitare la sua peste. Questo dovrebbe far sì che il protagonista solidarizzi col povero Eli, unendosi a lui nelle difficoltà. Ma le proiezioni morali non funzionano come una scienza esatta e Ben ci metterà più del previsto a riconoscere la barbarie di cui è complice nei confronti dell’autistico Eli.

Il film, però, pur appoggiandosi sui cardini del cinema di genere con elementi body horror (il sangue copioso per i tagli, oltre alla peste) non si accontenta di una redenzione archetipica del protagonista, ma cerca di ridurre al minimo il delta che il cinema appone negli eventi che rappresenta rispetto a una realtà verosimile. Il risentimento che colpisce il giovane Ben è sintomo della frustrazione che prova nel vedere che la difesa del più debole non conduce a una meritocrazia utopistica nella micro società in cui vive, ma diventa anzi vittima preferita delle angherie che il gruppo soleva riservare a Eli.

Girato in pellicola 35 millimetri, riesce a restituire, attraverso la fotografia, la sensazione di un mondo distante pur gettando le basi nella verosimiglianza. Tutto il comparto visivo (dai costumi alla scenografia) esalta quegli elementi di genere su cui il film si aggrappa per condurre lo spettatore in destinazioni ben precise. Il film, forte della sua struttura chiusa e ben definita, riesce a tracciare traiettorie insolite, caratteristiche di un cinema classicamente più realista. Proprio così riesce a creare aspettative che vengono poi disattese in un’accezione assolutamente positiva.

The Plague

  • Anno: 2025
  • Durata: 95
  • Regia: Charlie Polinger