Il rewilding – parola che in italiano potrebbe essere tradotta come “rinselvatichimento” – è l’approccio volto a ristabilire artificialmente l’equilibrio di un ecosistema precedentemente danneggiato, attraverso la reintroduzione di specie animali e vegetali che in origine popolavano determinati habitat.
La deforestazione, lo sfruttamento dei combustibili fossili, la sovrapesca e altre pratiche volte al consumo incontrollato delle risorse naturali hanno compromesso profondamente la biodiversità del pianeta, rendendo necessari interventi conservativi finalizzati a un nuovo equilibrio tra insediamenti umani e habitat naturali. Se il deterioramento di un ecosistema può avvenire in tempi ridotti, il ripristino delle condizioni originarie richiede processi lunghi e le ripercussioni possibili non sempre si possono prevedere.
Il reinserimento della fauna selvatica
Escape from Extinction: Rewilding si sofferma su alcuni esempi di reinserimento – talvolta riusciti, altri in via di sperimentazione – della fauna selvatica, in ambienti divenuti inospitali.
Negli anni ’90, quando la popolazione ruandese aveva priorità ben diverse dalla tutela delle specie autoctone, il parco nazionale dell’Akagera fu ridotto a un terzo delle sue dimensioni originali. A oggi, il governo ruandese promuove iniziative di rewilding al fine di rianimare il turismo nel paese, la cui economia si basa principalmente sull’agricoltura di sussistenza. La coesistenza di campi agricoli, allevamenti e grandi predatori è resa possibile dall’installazione di recinzioni di contenimento. Tuttavia, la traslocazione di alcune specie comporta perdite finanziarie notevoli, nonché ostacoli logistici di varia natura: la reintroduzione di una specie – per quanto in molti casi si sia rivelata efficace – non ne garantisce la ripresa demografica. Nonostante questo, il Ruanda ha riconosciuto nella fauna selvatica un’importante risorsa economica, eliminando quasi del tutto il bracconaggio e rilanciando l’ecoturismo del paese. Akagera ospita nuovamente il leone e il rinoceronte nero, nonché i gorilla di montagna.
Gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei)
Gli ecosistemi marini
Nonostante sia diffusa l’idea che le foreste siano il “polmone verde” del pianeta, gran parte dell’ossigeno disponibile è prodotto dagli oceani, in particolare da alghe e cianobatteri (batteri fotosintetici) che li popolano. Ciò non toglie che le foreste costituiscano una risorsa imprescindibile, in quanto ecosistemi complessi e stratificati che ospitano oltre il 70% della biodiversità terrestre. L’ambiente marino, con le sue “foreste” di alghe e altre fanerogame marine – come la posidonia oceanica, impropriamente denominata “alga” – forniscono cibo e riparo per innumerevoli specie.
Il documentario approfondisce il ruolo ecologico della lontra marina, che popola le acque del Pacifico. Per oltre un secolo e mezzo, la specie è stata vittima di una caccia intensiva, alimentata dalla crescente domanda del mercato delle pellicce, che ne ha ridotto drasticamente la popolazione. L’alimentazione della lontra marina si basa prevalentemente su crostacei, in particolare granchi e ricci di mare. Questi, che a loro volta si nutrono di alghe, in mancanza dei loro predatori naturali si sono moltiplicati rapidamente, causando la perdita delle “foreste” marine. La reintroduzione della popolazione di lontra autoctona ha permesso la rigenerazione delle alghe, e il ripristino di quello specifico ecosistema marino.
Lontra marina (Enhydra lutris)
L’etica del rewilding
Il rewilding non riguarda solo la reintroduzione di una specie in un determinato habitat; in alcuni casi, si interviene per contenere – se non addirittura eliminare – popolazioni considerate invasive o dannose. Sorgono così alcuni problemi di natura etica, poiché il rewilding non può limitarsi alla tutela incondizionata di un’intera specie. Talvolta, è necessario intervenire con misure di contenimento per alcune popolazioni, altre volte per singoli individui di una stessa popolazione.
Il Parlamento europeo, per esempio, ha recentemente declassato il lupo dallo status di “strettamente protetto” a “protetto”. Negli anni ’60, il lupo fu sottoposto a una caccia intensiva che ne ridusse drasticamente la popolazione. Le successive misure di tutela introdotte dall’Unione Europea hanno favorito una graduale ripresa della specie, ma anche acceso dibattiti, soprattutto tra gli allevatori, preoccupati per le perdite economiche causate dagli attacchi al bestiame. Il declassamento del lupo a specie “protetta” potrebbe comportare piani di contenimento delle popolazioni, da parte dei governi nazionali e territoriali.
Il tema della caccia, nelle sue implicazioni più controverse, è approfondito in modo efficace nel documentario di Ulrich Seidl del 2016 Safari, che esplora il turismo venatorio con il distacco tipico del suo cinema.
È possibile una via di mezzo tra ecoansia e negazionismo?
Escape from Extinction: Rewilding offre numerosi spunti di riflessione e interroga esperti e ambientalisti che operano e collaborano su scala globale. Chiarisce concetti fondamentali alla comprensione dell’argomento, come rewilding, biodiversità, conservazione degli ecosistemi, specie autoctone e specie invasive, rendendoli accessibili anche a un pubblico generalista. Tuttavia, emerge un’evidente selezione tematica: ci si sofferma soprattutto su grandi mammiferi e specie in qualche modo iconiche, e molto meno su specie poco conosciute ma fondamentali per il funzionamento degli ecosistemi.
La narrazione emotiva privilegiata dal documentario può portare a fraintendere la complessità dell’argomento, se non al rischio di generare reazioni opposte: il negazionismo è sempre dietro l’angolo. Inoltre, non si può trascurare il fatto che l’interesse umano per la tutela dell’ambiente nasce dall’esigenza di salvaguardare la propria specie, prima ancora di tutte le altre, dal rischio di estinzione. Il rewilding è un tentativo di compromesso tra l’istinto di sopravvivenza dell’essere umano e l’esigenza di un’etica condivisa, nel rispetto e nella tutela di ogni specie esistente.