Nel gioco degli scacchi, la mossa chiamata appunto “arrocco” fa riferimento al movimento che coinvolge il re e una delle due torri. Negli scacchi, questa mossa è utile per mettere al sicuro il proprio re e liberare una torre.
Il titolo di questo cortometraggio, Arrocco, fa riferimento a questa mossa strategica. Eppure, gli scacchi non sono che una comparsa nella storia rappresentata.
Arrocco diretto da Federico Yang, è una produzione indipendente. Il corto partecipa al Festival dei Tulipani di seta nera. Con: Antonio Prugno e Fabio Aricò. La direzione della fotografia è affidata a Chiara Cappiel; il corto è distribuito da Alpha Film.
Un giovane uomo, Francesco (Antonio Prugno) decide di ritirarsi in solitudine in una torre in mezzo al nulla. Ma il tempo con se stesso gli permetterà di confrontarsi con i suoi pensieri legati a desideri nascosti. Per soddisfare le sue fantasie di intimità, Francesco farà ricorso ad un escort, Antonio (Fabio Apricò).
La tematica centrale del cortometraggio di Federico Yang ruota attorno all’omofobia, ovvero una paura nei confronti dell’omosessualità. Questo il segreto oscuro dietro il comportamento del protagonista che si allontana dal mondo per comprendere meglio i suoi pensieri.
L’intera storia è girata in una sola location: la torre solitaria nel mezzo di un boschetto. Uno scenario bucolico, che ricorda un po’ un quadro di altri tempi dove un eremita si rifugia per scappare da se stesso e dalle sue paure. Il protagonista si nasconde nella sua rocca di pietra, in cerca di una pace interiore come a suo tempo facevano gli eremiti in cerca di risposte. Nella solitudine, a volte, si può conoscere meglio se stessi, forse questo è ciò che vuole scoprire Francesco.
Il corto presenta un’atmosfera quasi mistica, con un ambiente sonoro calmo e naturale, dove trionfa il silenzio della voce ma non dei pensieri della mente. Francesco al suo arrivo sembra sollevato, felice di aver trovato un rifugio sicuro dove essere solo. Ma al suo fianco c’è pur sempre il suo smartphone, compagno dal cui sembra difficile allontanarsi.
L’auto-isolamento che Francesco si impone ricorda ed evoca i lontani giorni del covid-19, periodo in cui l’umanità intera ha sperimentato la quarantena, la solitudine e lo stare per lungo tempo in una casa, in una stanza, in uno stesso luogo. Francesco ha scelto il suo esilio, una torre che potrebbe ricordare anche il faro del film The Lighthouse di Robert Eggers, dove due uomini vivono in solitudine a guardia di un faro.
Gli elementi scenici:
All’interno della torre l’ambiente è quello di una comune casa, sebbene semplice e modesta. C’è una moka per fare il caffè, un pc e una scacchiera, eco del titolo del corto e un promemoria sugli scacchi, per giocare una partita contro se stessi. Gli scacchi non sono che un oggetto di scena, una comparsa eppure sono anche una metafora della vita.
Il fulcro degli ambienti sono le luci, le assenze, i suoni, soprattutto i silenzi e una musica “La Solitude“di Joshua Kyan Aalampour, tutti elementi che insieme ai due attori vanno a costruire un insieme fatto di piccole cose all’interno di una torre, emblema dell’isolamento e dell’allontanamento dalla società e dalle relazioni umane. Il vuoto e le ombre riempiono inizialmente lo spazio e vanno a costruire la desolazione in cui piano piano Francesco inizia a perdersi.
Nella solitudine di Francesco:
Il tempo passato a letto permette a Francesco di conoscersi, comprendere le sue pulsioni, i suoi desideri più intimi. Ma cosa vuole davvero? E nella sua solitudine cerca la compagnia, attraverso un’app di incontri e trova una soluzione chiamando un escort: Antonio.
Una decisione però non facile, Francesco sembra desiderare il ragazzo nelle foto ma anche rifiutarlo. Questo è il suo dubbio amletico, la sua paura nell’accettare i suoi desideri sessuali. La scena di sesso tra Francesco e Antonio è il compimento di quei desideri interiori e di quelle fantasie da cui Francesco tentava di fuggire, ne è appagato eppure il suo sguardo rimane sempre perso nel vuoto, a quei pensieri che non lo vogliono abbandonare.
A che pensi? Credo a niente, era pure ora
Il breve dialogo tra i due personaggi, rivela un sentimento nuovo per il protagonista, in qualche modo sembra essere riuscito a non pensare, a trovare quello stato di pace assoluta che nella sua solitudine non riusciva ad ottenere. Ma qualcosa comunque continua ad ossessionarlo, quella sua debolezza nell’essere ricaduto nella ricerca di un rapporto umano.
Francesco vuole la solitudine, cerca di imporsela come fosse una cura ad un male che sente e comprende solo lui. Per questo utilizza l’arrocco, e si isola in una torre. Ma forse questo male affligge molti, il desiderio di rifugiarsi in tranquillità in una torre lontano dal mondo e da tutti.
Anche l’escort confessa di bramare il silenzio perché a volte si è stufi di ascoltare la propria voce, ma allo stesso tempo spera anche di “incontrare l’amore in treno”. Un sogno romantico, una speranza di un incontro fatidico che possa cambiare il destino.
Arrocco: una mossa per incontrare l’altro
Arrocco non è un semplice cortometraggio sulla solitudine o sulla ricerca di una condizione di vita diversa. L’isolamento può portare a stati d’ansia, paura, vuoto e tristezza, gli essere umani non sono fatti per stare da soli. Il corto Arrocco sembra voler comunicare qualcosa di più profondo e lo fa attraverso due ragazzi, una scelta ambiziosa e moderna, due uomini che cercano l’amore, conoscere profondamente qualcuno, lasciarsi andare alla compagnia altrui.
Federico Yang con il suo lavoro costruisce un piccolo mondo, c’è Francesco che credendo di agire per il suo bene sceglie di allontanarsi dal mondo. Non sappiamo da dove venga, non conosciamo nessun particolare della sua vita privata, ma Francesco dimostra di avere un animo sensibile, seppure in tempesta.
La mossa dell’arrocco viene utilizzata per mettersi al sicuro, il protagonista è il re che si muove di due caselle scambiandosi con la torre, e così si crede protetto da eventuali attacchi. Ma il re durante una partita di scacchi è pur sempre una pedina fragile e a rischio di scacco. Il regista, con il suo corto Arrocco, racconta la complessità dei rapporti umani, delle relazioni, dell’amore, dell’incontro con l’altro. Yang mette a nudo la paura dell’essere umano nella sua totalità: quel timore di buttarsi nel mondo e giocare la propria partita.
Federico Yang
Classe 1993, padre italiano e madre cinese, Federico Yang Maoloni ha studiato cinema alla RUFA e possiede un Master in Fine Arts di Cinema della San Francisco State University.
Arrocco è una storia che negli scorsi anni ha subito molti cambiamenti, assieme a me. Il suo fulcro si è gradualmente spostato dal sesso all’intimità, al vivere una connessione vera e profonda con un altro essere umano.
Le parole del regista sul suo corto Arrocco, il lavoro conclusivo dei suoi studi cinematografici. Un cortometraggio che racconta la storia di Francesco e la sua accettazione di un’intimità difficile, legata a quel desiderio di connettersi con un altra persona.