È Silvano Curcio l’autore di Fantasmi Urbani – La memoria dei cinema di Roma – promosso dalla Titanus in occasione del 120° anniversario della sua fondazione ed edito da Palombo Editore.
Un saggio che va letto come un romanzo, alla ricerca di innumerevoli microstorie unite dalla passione per la settima arte. Una narrazione articolata in diverse sezioni, con lo scopo di denunciare e testimoniare il patrimonio culturale della Sala cinematografica, in costante pericolo d’estinzione.
“Cinema vuol dire sedersi in mezzo a una platea di gente che sbuffa, ansima, sghignazza, succhia caramelle, ti disturba, entra, esce, magari legge le didascalie forte come al tempo dei muto; il cinema è questa gente, più una storia che succede sullo schermo”. [Italo Calvino]
Roma, la città eterna, la capitale del cinema italiano, ha perso, in poco più di un decennio cento cinema. Un’allarmante situazione che negli ultimi mesi viene denunciata da diverse parti, come dal Comitato Sos Sale cinematografica o dall’appello Salviamo i cinema di Roma, firmato da Isabella Rossellini, Lea Seydoux, Martin Scorsese, Jane Campion, Francis Ford Coppola, Wes Anderson, Ari Aster e tanti altri artisti internazionali, come Spike Lee e Yorgos Lanthimos.

Fantasmi urbani: i cinema di Roma
Come viene giustamente indicato nella quarta di copertina di Fantasmi Urbani, la sparizione dei cinema è una sconfitta per l’intera collettività.
“Una perdita profonda e insanabile di un inestimabile patrimonio di storia, socialità e cultura, depositario di memoria, costumi e abitudini del nostro vivere, di preziose valenze materiali e immateriali che non si è stati in grado di tutelare”.
Luoghi d’intrattenimento, ma soprattutto di cultura, spesso veri esempi di opere d’arte architettoniche, questi cinema stanno sparendo, a volte abbandonati, altre demoliti o trasformati e trasfigurati in altro. Silvano Curcio, con Fantasmi Urbani – La memoria dei cinema di Roma, traccia, in maniera esaustiva, lo stato dell’arte della sala cinematografica.
Una ricostruzione analitica e multidisciplinare: dall’architettura alla sociologia, con protagonisti i cinema, contenitori di sogni, passioni e convivialità. Un mondo che rischia di sparire, dopo aver accompagnato diverse generazioni in quel rito collettivo della condivisione di storie, quando il cinema era – speriamo che lo sia ancora per molto – la fabbrica dei sogni.

Il contributo della Titanus
E non è un caso che il certosino lavoro di Silvano Curcio sia stato sostenuto da una delle case cinematografiche più antiche al mondo, la famosissima Titanus, fondata 120 anni fa da Gustavo Lombardo. Una storia fatta di quasi duemila film prodotti e distribuiti .Una rampa di lancio per le carriere di tanti registi e interpreti, come Giuseppe Tornatore, Dario Argento, Totò, Sophia Loren e Marcello Mastroianni.
La Titanus, con i suoi film, da Il Gattopardo a La ciociara, passando per Rocco i suoi fratelli, ha fatto la storia del cinema italiano, con l’intenso e proficuo lavoro di un’intera famiglia, attiva dal primo Novecento ad oggi nel modo del cinema.
Così, come si può leggere nella presentazione di Fantasmi urbani, firmata da Giudo Lombardo: la Titanus non può non avere a cuore quei templi della settima arte che hanno contribuito a rendere grandi i suoi film: i cinema.
Fantasmi urbani – La memoria dei cinema di Roma è il punto d’approdo di un lavoro iniziato nel 2013, con il film – documentario, realizzato da Curcio, insieme agli studenti della Facoltà di Architettura – La sapienza, la prima video inchiesta realizzata in Italia sulla chiusura e l’abbandono delle sale cinematografiche.
La crisi della sala cinematografica
Nella prima sezione, il libro focalizza la questione, estendendo il discorso all’intero territorio nazionale. I dati sono davvero allarmanti: nel 2010 l’Italia contava 2.713, nel 2023 restano in attività meno della metà. Un declino iniziato nei primi anni del nuovo millennio, con il proliferare delle multisala e poi acuito da diversi fattori, come l’aumento dei costi di gestione, la concorrenza, tutta illegale, della diffusione dei film attraverso la pirateria. Infine, l’insanabile conflittualità tra esercenti e Istituzioni.
A peggiorare una situazione già grave, è arrivata la pandemia e il lockdown del marzo 2020. In questo momento, probabilmente, il cinema perde il suo ruolo nella società, a favore delle piattaforme streaming. Un cambio di rotta iniziato qualche anno prima. Nel 2018, infatti, per la prima volta nel nostro Paese, un film, premiato con l’Oscar, come Roma, di Alfonso Cuaron, non viene distribuito in sala, ma direttamente in streaming.
Silvano Curcio continua a trattare l’argomento fornendo dati e informazioni utili per meglio comprendere il preoccupante fenomeno della scomparsa della sala cinematografica. Illustra, nel dettaglio, i tanti disegni di legge e proposte dei diversi livelli istituzionali, per risolvere la situazione. Ma nella sua illustrazione emerge soprattutto la mancata sinergia tra Stato, Regione e Comuni, che ha consentito a privati speculatori di inserirsi in gare d’appalto poco trasparenti.
Il valore del rito collettivo della proiezione in sala
Il valore della fruizione del film in sala resta un privilegio dei cinema e quindi diventa necessario salvarlo. È qui che avviene quella visione collettiva unica, un’esperienza straordinaria non sostituibile di quel rito collettivo che si crea in sala tra pubblico e film.
“Vedere un film è essere immersi nella pellicola, sapendo di essere anche riuniti in una sala”[Edgar Morin].
Dunque, in che modo si può ricorrere ai ripari? La risposta viene suggerita nella parte finale della prima sezione di Fantasmi urbani. Silvano Curcio rammenta l’esempio francese. I cugini d’oltralpe, già nel 1992, si sono resi conti del fenomeno della scomparsa della sala cinematografica e per mettere un freno, a differenza di noi italiani, hanno rafforzato la sinergia tra i vari livelli istituzionali. Inoltre, hanno obbligato i privati a rispettare norme di trasparenza e sostenibilità.
Ma soprattutto la Francia è stato il primo Paese a rispettare la Direttiva europea di riforma della normativa sui fornitori di servizi media e audiovisivi. Così le diverse piattaforme streaming devono versare il 25% del fatturato allo Stato, risorse poi riutilizzate per finanziare il cinema.
Quello francese è un esempio da seguire, occorre, però, tener presente che, almeno qui da noi, la crisi della sala cinematografica è determinata anche da altri fattori di natura socio – culturale. Come sottolinea Silvano Curcio, nelle nostre città non chiudono solo i cinema, ma anche teatri, biblioteche e librerie. È in atto una vera desertificazione culturale, conseguenza di un altro dato preoccupante: il nostro Paese è il terzultimo tra i 27 membri dell’U.E per quanto riguarda la spesa destinata alla cultura.

Per salvare i cinema
È necessario comunque fare i conti con il presente. I cinema non hanno più il monopolio della fruizione audiovisiva e la concorrenza delle piattaforme streaming è molto più spietata di quella della televisione che, a metà del secolo scorso, determinò la prima crisi della sala cinematografica, quando l’Italia era tra i Paesi con più cinema al mondo, superando, anche gli Stati Uniti, se si tiene conto del rapporto tra popolazione e pubblico.
Quindi secondo Silvano Curcio i cinema per continuare a farci sognare devono ibridarsi con altre funzioni. Devono sostenere attività culturali e sociali, come centri di produzione artistica, dal teatro alla musica e ovviamente al cinema. Un’innovazione già messa in atto in altri Paesi, ad esempio in Portogallo, con l’attività del’Ideal di Lisbona o il Cinema di Londra. Realtà che, seppur in minima parte, sono state imitate anche in Italia, come il Cinema Troisi di Roma.
Conclusa questa prima sezione, Fantasmi urbani prosegue con le successive parti del testo, organizzate attraverso una presentazione di schede che illustrano le vicende dei principali cinema di Roma, oggi ahi noi, abbandonati. È qui che la lettura del libro si fa ancora più avvincente. Silvio Curcio preferisce non seguire un ordine cronologico. Si lascia al lettore la libertà di costruirsi e individuare le diverse storie, che attraverso i templi della settima arte, si sviluppano a partire dall’avvento del cinematografo nella città eterna.

Fantasmi urbani: il Filmstudio, il primo cineclub romano
Storia e storie di luoghi tangibili, materiali che, nel corso degli anni, si sono fatti contenitori e testimoni di un altro valore, senza dubbio meno tangibile, ma immensamente importanti per la portata culturale.
In queste pagine sono rintracciabili le vicende di personaggi che hanno investito la propria esistenza nel cinema. Come Americo Sbardella, Annabella Miscuglio e Paolo Castaldi, i fondatori del primo cineclub italiano: il Filmstudio. Nato nel 1971, nel rione di Trastevere, il Filmstudio voleva promuovere i film esclusi dal circuito della distribuzione commerciale. Ben presto divenne un punto di riferimento per molti cineasti. I fratelli Taviani furono i primi a sostenere le sue attività. Poi si accodarono immediatamente altri illustri personaggi, da Roberto Rossellini a Pier Paolo Pasolini.
“Era una bomba atomica di cultura caduta pacificamente su Roma”
Cosi lo ricorda il musicista statunitense Alvin Curran, assiduo frequentatore de Il Filmstudio, che oggi non c’è più.
In Fantasmi urbani, poi, viene ricordata la storia de il Politecnico, che nasce a Flaminio, trovando la propria collocazione in certi capannoni di una fabbrica ormai dismessa. Ideatore fu Amedeo Fago, artista poliedrico che fece de Il Politecnico protagonista della scena culturale romana e italiana a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.
Silvano Curcio ricorda l’inaugurazione di questa vivace realtà artistica, avvenuta nel febbraio del 1975, con Alberto Moravia in prima fila. E ricorda anche come i soci dei due principali cineclub romani spesso collaborarono tra loro. Il Filmstudio e il Politecnico, però, concentravano la propria attenzione su due diverse tipologie di film. A differenza del primo, dedito alla diffusione del cinema sperimentale, il Politecnico era molto interessato alle contaminazioni tra cinema d’autore e cinema più propriamente commerciale. Così nasce una rassegna dedicata a Marilyn Monroe, che ha fatto storia.
L’arrivo del cinematografo a Roma
In Fantasmi urbani, poi, non si può evitare di narrare l’inizio del cinematografo a Roma. Evento annunciato sulle colonne del principale quotidiano romano, Il Messaggero:
“Sappiamo che i signori fratelli Lumiere daranno a Roma un corso di rappresentazioni di uno spettacolo straordinario che Parigi, Londra, Bruxelles possiedono da qualche giorno, e che ottiene un enorme successo. Si tratta della loro meravigliosa invenzione, il cinematografo il quale sarà istallato nella Via Mortano 17, nei locali del conosciutissimo fotografo Le Lieure.
Così nel marzo del 1896, nel cuore di Roma, nel rione Trevi, avveniva la prima proiezione cinematografica nella città eterna. Oggi quel lungo non esiste più, al suo posto un ristorante per turisti e a ricordare il vero primo cinema romano, una semplice targa commemorativa.
I cinema delle borgate
A Roma il cinema ha sempre conservato il suo stretto legame con il popolo, la gente comune e da quel marzo del 1896, che segna l’inizio della fruizione cinematografica, i cinema sono nati nel cuore della città, come nell’estrema periferia. A proposito è significativa la storia de il Quadraro, costruito negli anni Trenta del secolo scorso dai fratelli Cenci.
Il cinema sorgeva sulla Tuscolana, rione nato agli inizi del Novecento e che ebbe un enorme sviluppo qualche decennio più tardi, quando vennero costruiti gli stabilimenti di Cinecittà. Ben presto la borgata fu abitata da artigiani, tecnici e maestranze varie, tutti che lavorano nel mondo del cinema. Curcio ricorda anche come molti abitanti della Tuscolana divennero comparse in film importanti, come il colossal Scipione l’Africano e nei film di Pier Paolo Pasolini che scelse le vie del rione come set cinematografico.
Per anni il Quadraro è stato l’unico punto di ritrovo della zona, un cinema di seconda visione, dove le copie dei film spesso giungevano mutilate. Con lo scoppio della guerra e l’occupazione nazista il cinema, soprannominato il pidocchietto, divenne un punto di raccolta e schedatura dei tanti partigiani che vivevano nella borgata. Finito il conflitto, il cinema ha cessato ogni tipo di attività e negli anni Sessanta è stato demolito per costruire un palazzo di otto piani.

Il Fiamma: il sogno del primo cinema pubblico
Altrettanto significativa è la storia del cinema Fiamma che, secondo Silvano Curcio, è l’esempio emblematico per approfondire il rapporto tra Istituzione e salvaguardia della sala cinematografica.
Inaugurato nel 1949, il Fiamma, a pochi passi da Via Veneto, è stato da subito considerato tra i cinema più prestigiosi di Roma. Il primo con una sala atmosferica, sul modello americano. Qui si sono tenute le anteprime di film, come La rosa tatuata e Colazione da Tiffany. Ma poi nel 1990, i proprietari del cinema decisero di trasformarlo in un multisala, trasfigurando la sua originaria eleganza. L’ attività continua fino al 2017, quando dopo la pausa estiva non riprende più la programmazione. Nel 2022, però Il Ministero della Cultura e il Centro Sperimentale di Cinematografia annunciano l’acquisto dell’immobile, che da li a poco sarebbe diventato il primo cinema pubblico in Italia. A distanza di due anni e precisamente nel 2024, il progetto viene abbandonato e oggi il Fiamma, il cinema più elegante di Roma è un fantasma urbano.
L’Impero: da cinema a centro di produzione culturale
Tra le tante storie di cinema raccontate da Silvano Curcio c’è anche qualche esempio che fa ben sperare. È il caso del Cinema Impero, fatto costruire nel 1935 da Achille Longobardi e Tino Marconi, due impresari già proprietari di diversi cinema. L’Impero, che sorgeva nel centro di Torpignattara, oggi uno dei quartieri più multietnici della capitale, con i suoi 1500 posti, era il terzo cinema più grande di Roma.
Per decenni è stato, insieme a tante altre sale cinematografiche della zona, come l’Aurora e il Venus, oggi chiusi entrambi, un punto di ritrovo. Negli anni Settanta, però, ha sospeso la programmazione fino al 2011, quando un comitato di quartiere ha posto la questione all’attenzione delle Istituzioni. Così il cinema Impero è diventato Cantiere Impero, un centro polifunzionale, gestito dal pubblico, con interventi di privati, allo scopo di promuovere la produzione e la promozione artistico – culturale.

Fantasmi urbani un testo caleidoscopico
Quello del Cinema Impero, oggi Cantiere o Spazio Impero, è un esito felice, purtroppo uno dei pochi. La sua storia, però, ci aiuta a comprendere lo stretto legame tra cinema e gente comune. Un legame indissolubile, confermato da altre storie da ricercare in Fantasmi Urbani – La memoria dei cinema di Roma. Come quella dei I ragazzi del Cinema America, un’associazione nata a Trastevere per salvare una gloriosa storia di cinema, coinvolta anche per salvaguardare l’immenso spazio riservato al Metro Drive In, costruito nell’estate del 1957 e chiuso nel 1986.
Silvano Curcio, con Fantasmi urbani – La memoria dei cinema di Roma, realizza un’opera davvero importante. Un testo che è allo stesso tempo un saggio di cinema, di architettura, urbanista e sociologia. Un’opera a tratti specialistica, ma accessibile a tutti, con il merito di sconfinare dalla saggistica, narrando storie e microstorie che si completano a vicenda, come i tasselli di un incantevole mosaico.
Un testo caleidoscopico che si conclude con una sezione finale intitolata, Frequentazioni, a cura di Giovanni B. Giufuni, in cui vengono raccolte i ricordi di registi e addetti ai lavori cinematografici sui loro cinema. Come quella di Pupi Avati che ricorda le sale della sua Bologna. L’intervento del regista ci fa capire come il lavoro di Silvano Curcio, potrebbe avere un ulteriore merito. Il suo libro è anche un invito ad altri studiosi o semplici appassionati di cinema, di applicare il suo metodo ad altre realtà, perché Fantasmi urbani parte da una singola città, ma è palesemente estensibile a ogni realtà italiana. Salvare i cinema è necessario, per conservare un patrimonio culturale di grande valore.
Editing Sandra Orlando