MA – Cry of silence è un lungometraggio del 2024 del poeta e filmmaker birmano The Maw Naing. Il film, simbolo della denuncia in Myanmar, ha fatto il giro del mondo quando è stato presentato – e ha vinto – nella sezione New Currents al Busan International Film Festival 2024, il più importante festival sudcoreano di cinema. Qui tutti i vincitori della scorsa e 29ª edizione del Busan IFF.
Nella settimana del 22° Asian Film Festival (8-16 aprile), MA – Cry of silence appare in una finestra romana ricca di film in concorso, fuori concorso o cosiddetti newcomers: a contendersi cinque ordini di premi sono tra i progetti più interessanti del panorama asiatico, realizzati da registi affermati, emergenti o da documentaristi alle prime armi con la fiction.
Seguite qui il programma del festival e le proiezioni recensite da Taxidrivers.
MA – Cry of silence: ricerca di giustizia
Nel silenzio si coltiva l’odio, la paura, il rimorso. Fare rumore per farsi giustizia, invece, è il monito delle giovani donne birmane costrette alla macchina da cucire pur vedendosi private della libertà, della famiglia e dei soldi per pagarsi l’affitto, il cibo e l’acqua. Per questo viene indetto uno sciopero: da allora alcune delle postazioni resteranno vuote – forse per sempre – mentre le operaie fuori i cancelli della fabbrica invocano un senso perduto di equità.
Eppure, del solo pensiero di farsi giustizia da sola soffre Mi-Thet (Su Lay), nome d’invenzione di una ragazza birmana che ha troppa paura di rivivere un trauma, ma che non desidera altro se non ritrovare la propria vita di prima. Di prima della distruzione in Myanmar portata dagli eserciti.
“Andavo al liceo durante la rivolta in Myanmar del 1988. I miei compagni e io prendemmo parte ai cortei di dimostranti contro la dittatura militare nella mia terra. L’esercito rispose con la violenza e alcuni di noi vennero arrestati, altri persino uccisi”
A parlare è il regista The Maw Naing, che in intervista con Jeremy Chua rievoca quei momenti. Le proteste, soffocate nel sangue di centinaia di civili, e i silenzi, interrotti dai singhiozzi, segnano la storia della Birmania fino ai giorni nostri.

Fotogramma di ‘MA – Cry of silence’ (2024). Le operaie della fabbrica tessile si riuniscono per architettare lo sciopero imminente
Il pianto del silenzio
Anche MA – Cry of silence è come una battaglia che si protrae nel tempo, un alternarsi di moti e di stasi: ora, è la volontà comune di dar conto a un sentimento di rivalsa; ora, è il desiderio di chiudersi a riccio o di arrendersi a vili ricatti. In certi momenti, però, è la stasi a predominare. L’immobilità del corpo di Mi-Thet, mentre legge il libro prestatole da U Tun (Ku Nanda), o mentre nella tenda dorme assieme alle proprie compagne di stanza.
Anche nei silenzi, che sono propri solo di Mi-Thet, ella è immobile, ferma. Quando raggomitolata di notte piange, quando cuce un capo, ne termina un lato, allora ne incomincia un altro e così via. Il rumore dell’ago mentre cuce, e cuce, e cuce è simile a un colpo dell’arma portata in spalla da un soldato; mira e un uomo, o donna o bambino si accascia a terra; la sirena della fabbrica suona; il turno è finito.

Fotogramma di ‘MA – Cry of silence’ (2024). La sagoma del supervisore e tre giovani scioperanti della fabbrica tessile: la più alta tra le tre è Nyein Nyein
Sangue e ombre cinesi: cosa non vediamo di MA – Cry of silence
Coi loro bastoni di ferro e fuoco, i nemici marciano sui corpi dei civili rivoltosi, i cui volti sono chiari alla telecamera. Inquadrati come tableau vivant mentre gridano, protestano, e poi perdono la luce che li rendeva vivi per trasformarsi in anonimi. Ma se delle loro vite, dei loro nomi e delle loro storie sapevamo almeno qualcosa, degli altri, dei tiranni, vediamo solo le schiene. La sagoma del supervisore della fabbrica tessile stagliata su un telo, mentre gli occhi delle giovani scioperanti guidate dalla coraggiosa Nyein Nyein (Kyawt Kay Khaing) brillano nella semioscurità. Occhi di prede, ribelli, che non sopportano di rimanere ingabbiate a lungo.
Tutto si conclude senza aver mai visto il nemico. Solo sentito, avvertito, annusato. Mai visto in volto, ad altezza spalle, o solo di tre quarti. E la grande forza di MA – Cry of silence sta anche in questo: quello che noi vediamo sono solo le conseguenze di una condotta malsana e violenta, che spesso termina in un bagno di sangue prima che sia fatta giustizia.