In prima nazionale, la XX edizione di Immaginaria ci regala l’intera visione della mini serie TV Split, esordio alla regia della talentuosa Iris Brey.
Personalità nota alla comunità femminista e lesbica, giovane accademica ed intellettuale francese, studiosa di cinema e famosa per il saggio Le Regard féminin, une révolution à l’écran (2020), opera che esamina il cd. sguardo femminile per ridiscutere il modo in cui l’esperienza femminile viene rappresentata in un cinema dominato da un occhio prevalentemente maschile.
Split è il suo debutto dietro la macchina da presa. Perfettamente riuscito ed espressione del suo concetto di sguardo femminile e del mondo di armonia che vuole raccontare e trasmettere come lei stessa ha raccontato al pubblico nel dibattito che ha seguito la proiezione.
Anna (Alma Jodorowsky, nipote del grande Alejandro Jodorowsky), una stuntwoman, si innamora di Eve (Jehnny Beth, vista anche in Les Olympiades di Jacques Audiard) celebre pop star e attrice di cui è controfigura, lesbica dichiarata da tempo. Le due donne cedono a se stesse presto.
Anna, apparentemente appagata nella sua relazione con Nathan, direttore della fotografia sul set, dopo l’incontro con Eve rimette in discussione la propria eterosessualità e il suo rapporto con lui. Le sorprese, nel privato di Anna, non fanno altro che aggiungere scosse emotive e fisiche nel lavoro, nella sua vita, coinvolgendo le persone a lei più care: la sua amica sorella Paula, Nathan ed Eve.

Separazione e condivisione
Il titolo della mini serie TV è la chiave per comprendere sia la struttura narrativa che quella visiva.
Split allude infatti alla separazione e alla condivisione. I due piani coesistono narrativamente anche grazie alla tecnica dello split-screen, nella quale il taglio che divide le due inquadrature nello stesso tempo le associa, amplificando un sentimento condiviso.
Sguardo femminile come novus
Un aspetto su cui la regista si è mostrata assolutamente intransigente, durante lo sviluppo e la lavorazione della serie, è stata la conservazione di una visione apparentemente utopistica: le figure antagoniste, semplicemente non vengono rappresentate in un’ottica di scontro, lotta, con aggressività. Lo sviluppo narrativo è esattamente opposto: il dinamismo emotivo che pur sottende a Split, è confronto con comprensione, è confronto con tenerezza. Si delineano le tracce di nuovi rapporti nelle dinamiche della sorellanza nell’amicizia femminile, nella dinamica del rapporto con un uomo che si è amato, nella costruzione di un concetto di famiglia che accoglie, comprende e soprattutto, condivide.
L’amore lesbico viene esplorato come consapevolezza, presenza a se stesse, al proprio corpo e ai propri desideri. Il voyeurismo è completamente bandito nell’esplorazione di Iris Brey in Spit ed invece introduce con naturalezza ciò che è sempre prevalentemente stato messo da parte, visivamente, dall’occhio maschile: secrezioni vaginali, sangue mestruale.
Iris Brey non dimentica certo di rendere omaggio a figure femminili completamente ignorate da un mainstream patriarcale, sia nella letteratura inserendo La bastarda di Leduc (Violette Leduc) che nel cinema con estratti da Thèmes and Variations (1928) della quasi sconosciuta regista Germaine Dulac.

Mi auguro vivamente che Split venga distribuito anche in Italia.