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‘Guido Harari: sguardi randagi’. Un viaggio tra l’arte del fotografo

Arriva al SeeYouSound di Torino il documentario che ritrae uno degli artisti più importanti del nostro Paese

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Tra le opere presenti all’interno della sezione Into the Groove del SeeYouSound Festival troviamo anche il documentario diretto da Daniele Cini. Il film è stato prodotto da Tekla Films e Rai Documentari, con il contributo del Ministero della Cultura e di Film Commission Torino Piemonte.

Gli ‘sguardi randagi’ di Guido Harari

Lou Reed, David Bowie, Kate Bush, Giorgio Gaber, Fabrizio de André e Gianna Nannini. Questi sono solo alcune delle personalità ritratte da Guido Harari, che ha realizzato alcuni dei più iconici scatti degli artisti del Novecento. Il racconto dei suoi lavori ci permette di rivivere il rivoluzionario clima musicale di fine Novecento, tra la musica leggera degli anni ’60,il cantautorato, il rock, il punk e le molteplici esperienze di avanguardia.

Il documentario, che intreccia la vita di Harari e il rapporto instauratosi con i personaggi che ha fotografato, segue la vita di un ragazzo che, cominciando a seguire i suoi miti musicali con un sogno nel cassetto, è riuscito a interpretare, come suggerito dall’amico Lou Reed, il suono dell’anima di chi viene ritratto.

Guido Harari, tra musica e fotografia

Nato al Cairo, Guido Harari si trasferisce in Italia, più precisamente nel capoluogo lombardo. Proprio a Milano si presentano le prime opportunità per il giovane: dall’intervista a Shel Shapiro dei Rokes, all’incontro con Caterina Caselli e con Giorgio Gaber, Guido riuscirà a farsi conoscere e a ottenere i primi lavori come fotografo e giornalista musicale.

Formatosi da autodidatta, tra gli anni Settanta e Ottanta egli collabora con artisti come Pino Daniele e Gianna Nannini. Esperienza dopo esperienza, Guido Harari matura un metodo di approccio unico. Infatti, prima di fotografare gli artisti, egli vuole comprendere e sentire realmente chi ha di fronte a sé. Questa particolare sensibilità e umiltà, che consente al fotografo di prestare reale attenzione all’altro, viene particolarmente apprezzata da chi viene ritratto. Ciò costituisce indubbiamente una qualità che lo renderà così amato e che lo contraddistinguerà per tutta la sua carriera.

A partire dagli anni Novanta, Guido Harari inizia una collaborazione con l’Agenzia Contrasto, in cui si occupa principalmente di ritratti. Questo punto di svolta risulta per lui fondamentale per riuscire ad allontanarsi dall’etichetta riduttiva di “fotografo rock”. Questi sono anche gli anni dei reportage a sfondo sociale, nonché dell’impegno verso alcuni volumi da lui curati.

Negli anni Duemila, invece, si dedica al reportage in Bangladesh, dove non solo realizza alcuni scatti, ma video-documenta la condizione degli abitanti affetti da malformazioni facciali. L’ultimo progetto che lo vede coinvolto è La caverna magica: una mostra itinerante dove immortala persone comuni, prive dei filtri delle celebrità. Ciò gli permetterà di maturare una concezione più profonda del mezzo fotografico.

Uno scatto tratto dal sito di Guido Harari mentre egli lavora al progetto La caverna magica

La fotografia come incontro autentico e scambio di energie

Quando fotografi una celebrità puoi approcciarla dal punto di vista del suo mito, o per quello che è la persona che hai davanti.

– Guido Harari

Ciò che emerge da tutti i personaggi presenti nel documentario, ma anche dagli interventi dello stesso Guido, è la profonda umiltà e il grande rispetto che egli prova verso i soggetti fotografati. Stabilendo un rapporto empatico e intimo con chi ha davanti, Harari riesce a catturare la loro essenza. Il risultato ottenuto è, quindi, un’immagine inedita che svela la verità profonda dell’animo umano.

Ciò che rende i lavori di Guido Harari così apprezzati dalle celebrità è la loro capacità di raccontare autenticamente chi sono, mostrandone una versione vulnerabile. Nelle fotografie, infatti, non vediamo i personaggi, ma persone vere quanto noi osservatori, senza maschere e senza filtri. L’esito è frutto di una connessione tra chi viene ritratto e l’artista, che non ruba egoisticamente qualcosa dal soggetto, ma restituisce il suo Io più vero attraverso uno scambio di energie.

Questo concetto si intensifica ulteriormente nel progetto La caverna magica, in cui Guido Harari sintetizza il lavoro di cinquant’anni, attribuendo ora maggiore importanza al momento dell’incontro con la persona da ritrarre. L’attimo catturato è, quindi, il fulcro attorno al quale si fonda l’operazione fotografica, una sorta di baratto in cui chi è coinvolto dona una parte di sé, che viene rivelata, poi, nell’opera finale.

Quando incontri qualcuno ricorda che è un incontro sacro. Come lo vedi, ti vedi. Come lo tratti, ti tratti. Come lo pensi, ti pensi.

– Franco Battiato

La frase del Maestro Franco Battiato appare perfetta da ricollegare al modus operandi di Harari. Difatti, oltre a svelare indubbiamente alcune qualità inedite della figura ritratta, gli scatti portano con sé e in qualche modo rivelano l’essenza del fotografo stesso. Il suo approccio e le sue opere che abbiamo descritto precedentemente, quindi, riescono a riflettere l’Io più profondo dell’artista.

Guido Harari, The Kate Inside

‘Guido Harari: sguardi randagi’: un incanto che dura anni

Il documentario riesce a sintetizzare il “viaggio fotografico” di Guido Harari, condensando il lavoro di una vita. Attraverso una narrazione personale, gli interventi di diverse personalità internazionali, ma anche l’utilizzo di materiali inediti e la presenza delle fotografie di Guido Harari, l’opera cinematografica rispecchia la sfaccettata figura del fotografo e permette di rivivere gli anni in cui l’artista ha operato. In una certa maniera, possiamo dire che il risultato ottenuto dal regista è paragonabile ad una “mostra” per celebrare ulteriormente i cinquant’anni di carriera del fotografo.

Il regista torinese riesce qui a far emergere il meglio del protagonista del viaggio. Egli si approccia lui in modo simile a quello che Harari utilizza nei confronti dei suoi soggetti: con la massima umiltà, il rispetto e la curiosità di scoprire il mondo interiore di chi ha davanti a sé, svelandolo poi nelle proprie opere.

Concludendo, il film di Daniele Cini evoca costantemente l’incanto di un sogno: quello di un ragazzino che, mediante il lavoro di anni e senza perdere mai la magia dentro di sé, è riuscito a renderlo realtà.

Guido Harari: sguardi randagi

  • Anno: 2023
  • Durata: 52'
  • Genere: documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Daniele Cini