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Trieste Film Festival

“The Sky Above Zenica”, in primo piano un’immane tragedia ambientale

Al documentario di Nanna Frank Møller e Zlatko Pranjić, co-produzione tra Bosnia-Herzegovina e Danimarca datata 2024, è stato assegnato a Trieste l’importante Premio Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa

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Un riconoscimento importante

Tra i premi collaterali del Trieste Film Festival molto ambito è senz’altro il Premio Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa. Quest’anno tale riconoscimento, destinato al miglior documentario in concorso, è stato assegnato a The Sky Above Zenica (Himlen over Zenica, Bosnia-Herzegovina / Danimarca, 2024) con la seguente motivazione: “Perché affronta uno delle questioni più urgenti che incombono su tutti noi e allo stesso tempo denuncia le intollerabili disuguaglianze che l’accompagnano; perché è un tributo al coraggio e alla determinazione di chi lotta contro i Golia del nostro tempo; perché racconta di una generazione di attivisti inusuale, da cui non ti aspetti protagonismo; perché oltre alle sue qualità artistiche questo documentario ha un forte valore politico chiamandoci tutti a contribuire alla lotta per la giustizia climatica nonostante la sfida immane che abbiamo di fronte.

I crimini della globalizzazione

Girato a Zenica, una delle città più inquinate della Bosnia e probabilmente d’Europa, tra 2017 e il 2024, The Sky Above Zenica ha innanzitutto il merito di restituire dignità e voce in capitolo non soltanto a chi in tale località ha subito per anni soprusi indicibili, ma anche a chi ha lottato e continua a lottare contro veri e propri giganti, nel tentativo di porvi rimedio.
Ecco pertanto gli antecedenti della dolorosa vicenda in questione: subito dopo il terribile conflitto interno che ha insanguinato il territorio bosniaco a metà degli anni ’90, gli impianti siderurgici un tempo fiorenti (nonché relativamente sicuri e poco inquinanti) di Zenica vennero rilevati da una multinazionale di base in India, che all’epoca si chiamava Mittal e che dopo la fusione con un altro colosso europeo del settore sarebbe diventata l’ancor più spregiudicata AcelorMittal. Ebbene, nonostante gli astuti proclami della multinazionale, l’effetto principale di tale acquisizione è stato il totale disinteresse dei nuovi proprietari verso le politiche di sicurezza, nonché di controllo delle emissioni di sostanze nocive nell’ambiente, insomma verso qualsiasi misura volta a tutelare la salute degli abitanti. Soprattutto la cokeria ha finito così per produrre danni immensi.
E le stesse immagini del documentario offrono il colpo d’occhio davvero terrificante di un disastro ecologico, che, pur proseguendo a lungo sottotraccia, nei momenti peggiori offre spettacoli davvero inquietanti come le acque del fiume Bosna colorate di rosso per gli scarichi abnormi o l’intensificarsi di quelle nubi nere nell’aria contenenti sostanze altamente tossiche come il benzene. Il risultato di un simile scempio sulla salute umana? L’aumento vertiginoso dei casi mortali o invalidanti di malattie respiratorie, diabete, tumori e altri flagelli.

Una lotta lunga e sfiancante

Se si considera che le autorità bosniache nazionali e locali, preoccupate più che altro di conservare un rapporto positivo (diciamo anche servile) coi dirigenti di AcelorMittal, non hanno mai voluto mettere alle corde i responsabili di questo autentico disastro ecologico e della corrispettiva perdita di vite umane, in questa brutta storia il ruolo di paladini spetta senz’altro agli attivisti di Eko Forum, che per tutto questo tempo hanno tentato di costringere la multinazionale a presentare dati attendibili sull’emissione di sostanze inquinanti, così da costringerla ad attuare misure di contenimento e filtraggio più efficaci qualora i valori non risultassero a norma.
Film d’impegno civile in piena regola, The Sky Above Zenica ci mostra quindi l’attività instancabile di personaggi come Samir Lemeš, costantemente “pedinato” dai due autori del documentario nella propria opera di ricerca e di denuncia. Sebbene sia del tutto fuori luogo parlare di “lieto fine”, fa poi piacere apprendere alla fine del film che la lunga battaglia qualche frutto ha portato, spingendo gli avversari alla chiusura dell’impianto dall’impatto ambientale più nocivo, ovvero la cokeria; senza peraltro che ciò abbia fatto perdere posti di lavoro, essendo stati ricollocati gli operai che vi lavoravano in altri rami dell’azienda.

“Nessuna correlazione”: un’ipotetica, terribile parola d’ordine

Tornando al Premio Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e alla sua lusinghiera motivazione, vi è solo un punto su cui dissentiamo energicamente: quando si fa riferimento al termine “giustizia climatica”. Qui infatti il cosiddetto “cambiamento climatico” c’entra relativamente poco. E tale espressione rischia di incasellare la lotta di Samir Lemeš e degli altri militanti di Eko Forum nelle azioni più modaiole (si pensi a quelle di coloro che si illudono di agire nel giusto, imbrattando qualche monumento di vernice colorata) volte a sostenere politiche “green”, che, lo si vede quando la stessa AcelorMittal se ne fa ipocritamente e strumentalmente portavoce, rappresentano banali se non addirittura perniciose “foglie di fico” su ben altri problemi.
Lo scontro di natura politica, sociale e giuridica avvenuto a Zenica si apparenta invece, a nostro avviso, alle analoghe battaglie combattute in svariati decenni da chi si è opposto alle inaudite devastazioni ambientali compiute in spazi circoscritti come la baia di Minamata in Giappone, oppure Taranto in Italia cogli ormai noti e famigerati danni causati dall’Ilva. In tutti questi casi per un cinico calcolo economico le aziende coinvolte hanno continuato a negare ogni addebito, facendosi forti dell’appoggio interessato raccolto nelle aule di tribunale, tramite referti di medici o periti conniventi e naturalmente in sede politica, causando così sofferenze ancora maggiori alle popolazioni di tali territori. L’ipotetico, oltremodo tetro slogan di questa meschina negazione della realtà potrebbe essere “nessuna correlazione”, come ben sanno, purtroppo, anche coloro che hanno subito danni da farmaci sperimentali nell’era Covid.
E ci vogliono sempre diversi anni prima che comincino le prime ammissioni di colpa… ammesso che avvengano. Vogliamo pertanto congedarci dal lettore con l’amara riflessione fatta durante il Q&A triestino col pubblico da uno dei due co-autori, Zlatko Pranjić, scrittore e regista bosniaco che da giovane si era rifugiato a Londra per scappare dalla guerra, ma che ha fatto ritorno nel proprio paese proprio per realizzare questo film. Per lui l’azienda siderurgica posta sotto controllo statale ai tempi della Yugoslavia era per i cittadini di Zenica come una “madre”. Adesso che per le speculazioni attuate dai nuovi proprietari della multinazionale indiana si è estesa fino ad occupare un quarto della città, senza mai applicare le più elementari misure di controllo dell’inquinamento ivi prodotto, si è trasformata in “matrigna”. Potere, ahinoi, della globalizzazione così come l’abbiamo conosciuta in questi anni.

 

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