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A proposito di ACAB: una lista di film sul G8 di Genova

Un’antologia disparata di titoli tra generi, forme e linguaggi diversi, che indagano la guerriglia nei giorni del G8 di Genova, dove perse la vita il ventitreenne Carlo Giuliani, nel caos fatale di Piazza Alimonda

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In occasione dell’uscita della serie targata Netflix ACAB, avvincente dialettica tra l’ordine e il caos, vogliamo proporre un’antologia disparata di titoli, tra generi e forme diversi, che indaghino la guerriglia nei giorni del G8 di Genova, dove perse la vita il ventitreenne Carlo Giuliani, nella fatale Piazza Alimonda.

Sono lavori che cercano le orme di una qualche giustizia o dignità, e lo fanno con le armi di guerra forse più imponenti del nostro secolo: le immagini del citizen journalism. Quella Genova violenta vedrà gli albori di un nuovo cine-occhio, che con l’ondata di video-camerine digitali smaschera il reale nell’esatto momento in cui accade. La storia diventa un momento pubblico e il cinema il tempo della realtà svelata. Vi stanno guardando tutti, urla in un filmato il giornalista mentre riprende i poliziotti sulla soglia Diaz. Ancora non sa che proprio quello sguardo, digitale dunque inedito, cambierà la cronaca del futuro.

Black block (2011) di Carlo Augusto Bachschmidt

Con la gelida crudezza di un fascicolo processuale il Black block di Carlo Augusto Bachschmidt cerca rimasugli di verità tra le parole e i singhiozzi di un collettivo reduce dal G8. Sono l’activist trauma support, gruppo di ex manifestanti che rovista nei sanguinosi ricordi per ricucire ferite mentali, con l’eredità del trauma sociale che riempie di angosce e insonnia la loro vita post Genova.

Bruciano ancora sulla pelle di Lena, Niels, Chabi, Mina, Dan, Michael e Muli, le memorie dell’unico evento sfuggito alle antesignane immagini del citizen journalism: i fatti della scuola Diaz, quando la notte del 21 luglio una retata della Polizia sanciva l’oblio del diritto e la morte di ogni identità nel segno di una macelleria messicana.

Solo Limoni (2001) di Giacomo Verde

C’è un monoscopio fisso che si impone nel prologo di una poesia militante, come per dire che quelle che state per vedere non sono altro che immagini della tv. E Giacomo Verde, video-artivista eretico, distruttore di facili forme, vuole mettere mano a queste immagini nel suo diario episodico sui fatti di Genova Solo Limoni.

E se la realtà assomiglia più all’assurdo che a sé stessa, tanto vale raccontarla come una fiaba allucinatoria fatta di teneri cavalieri erranti dalle armature in gommapiuma, gelide muraglie e bandiere che separano idee in milizie. Come in Les Carabiniers (1963) di Godard, i giovani giocano a fare la guerra e i saggi li guardano divertiti nella loro cacciata dal paradiso terrestre.

Disponibile su YouTube.

Carlo Giuliani, ragazzo (2001) di Francesca Comencini

Chi meglio di una madre sa raccontare vizi e idealità di un figlio? Se lo sarà chiesto Francesca Comencini prima di fare di questa domanda un’opera memoria. Perché Carlo Giuliani, ragazzo è prima di tutto il discorso di Haidi, madre del ventitreenne, che con dolorosa dignità ricompone i pezzi degli ultimi attimi di Carlo, suo figlio.

Parole materne e archivi dialettici, l’eco nella voce di Haidi e la forza senza antitesi delle immagini (al vaglio trecento ore di materiale visionato da Comencini e Linda Taylor, la montatrice): cercano Carlo, sottile in una canotta bianca, dalla acerba magrezza in mezzo alla folla cinematica di inizio secolo. Poi una foto di Luciano Ferrara ne immortala la sagoma ferma e il carattere, quello di voler prima capire e poi agire, nota Haidi nel suo accorato ritratto di madre così amorevolmente parziale. Ma se il cinema, lingua di immagini, non può documentare la verità, allora non resta che cercare il reale. E Carlo Giuliani, ragazzo è un’opera sul dolore reale di Haidi Giuliani.

Disponibile su YouTube.

 

 Blob – puntata sul G8

Tutta la rabbia del G8 compressa nel contenitore anarchico di immagini di Blob; viene dissacrata dalle confessioni di Enrico Ghezzi, che si fa Virgilio del suo stesso viaggio mnemonico in quel bollente luglio genovese. Il cut in un film non si dovrebbe dare mai, afferma con la certezza di chi crede in un cinema d’urgenza, quella di impugnare il presente nell’istante in cui viene al mondo e nella durata del suo respiro. Tra la bufera si fa strada tutta la pulsione del documentare; è l’obbligo di testimoniare, l’obbligo di esserci.

Disponibile su YouTube.

Diaz – Non pulire questo sangue (2012)

La verità è tale se, oltre a non raccontare falsità, la si racconta tutta, scriveva Vittorio Agnoletto – portavoce del Genoa Social Forum – mentre bocciava il thriller del reale firmato Daniele Vicari, Diaz – Non pulire questo sangue. L’accusa era quella di un film riguardoso oltre il dovuto, che pur nella sua spietatezza, risparmiava troppe immagini, dati e cognomi (reali) di una macelleria messicana.

Certo, il cinema è un gioco di sguardi, che si incontrano ai confini di un fotogramma e, da soli, condannano la sospensione di un diritto. Allora il montaggio fittissimo di temporalità lontane, il racconto dal particolare di una bottiglietta lanciata contro una volante all’universale angoscia di madri che aspettano a casa i figli, rendono il lavoro di Vicari un potente cinema di denuncia contemporaneo.

Disponibile su MUBI.

The Summit (2012) di Franco Fracassi e Massimo Lauria

Forse l’inchiesta più puramente giornalistica sui giorni del fatale luglio genovese è il The Summit di Franco Fracassi e Massimo Lauria, che raccoglie voci e porge l’orecchio a moventi e ribellioni nel collage di una guerriglia urbana. Dalla ferocia dei black bloc tedeschi alla perturbante marcia dei celerini che battono sugli scudi i loro manganelli, sono i gregari inanimati del governo Berlusconi, tormentato dallo spettro dell’ultima caduta nel ’94 sotto la spallata delle manifestazioni sulle pensioni, spiega Claudio Giardullo (segretario del Sindacato lavoratori della Polizia).

The Summit è dunque l’accorta mappatura di un disonore politico, fedele all’imperativo della lotta urbana. D’altronde, Fracassi e Lauria sono  reporter che sanno l’arte di cogliere fonti per palesare verità. Come negli stralci della conversazione telefonica tra due carabinieri: uno a zero per noi attesta fiera la marescialla Sbarbaro in merito alla morte di Carlo Giuliani. Eppure, quel G8 non è stata altro che una disgrazia senza vincitori, ma solo tanti, troppi vinti.

Disponibile su YouTube e su The Film Club.

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