È in concorso nella sezione documentari della 36esima edizione del Trieste Film Festival (16 – 24 gennaio) il film documentario, intitolato Pociagi (Treni), diretto dal regista polacco Maciej Drygas.
Dopo un lavoro di ricerca, durato un intero decennio, Maciej Drygas, sceneggiatore, regista, produttore e fondatore della Filmoteka Nazionale Narodowa del Museo di Arte Contemporanea di Varsavia, mette insieme una grande quantità di materiale d’archivio proveniente da 46 collezioni di tutto il mondo, per realizzare, attraverso i treni, come suggerisce il titolo, un viaggio che ripercorre il XX secolo. In questo modo, Pociagi, un tipico esempio di found footage, suggerisce delle suggestive riflessioni sulla Storia e sul Cinema, incastrando – perfettamente – immagine e sound.
Pociagi: il passeggero e lo spettatore
Come si può accomunare il cinema a un treno? Apparentemente l’associazione sembra una cosa da fuori di testa, ma si sa… la pazzia molto spesso è accompagnata dalla genialità e inoltre, bastano pochi minuti per rendersi conto che la settimana arte ha molto in comune con il mezzo di trasporto, inventato all’inizio dell’Ottocento e che nel XX secolo si diffonde in tutta Europa.
Entrambi nascono sulle basi di un’invenzione tecnologica e dal finestrino di una locomotiva a vapore il passeggero può ammirare un panorama in perenne movimento, come lo spettatore viene rapito dalle immagini, anche lì in movimento, sul grande schermo. È su questa analogia, tanto semplice quanto geniale, che probabilmente, il regista Maiej Drygas è partito per realizzare Pociagi (Trains), Miglior Film e Miglior montaggio all’IDFA.
“La narrazione di questo film senza dialoghi si basa sull’interazione tra immagini e un sofisticato design del suono. Questo lavoro sfrutta il vasto potenziale del linguaggio cinematografico per creare una connessione emotiva tra lo spettatore e la realtà dell’archivio.”
Sono queste le parole dell’autore del film, attualmente in concorso al Trieste Film Festival, che descrivono un lungometraggio non certo convenzionale che, come sottolinea Maiej Drygas, sfrutta al massimo le potenzialità del linguaggio cinematografico.

L’incipit di Pociagi
Senza nessuna forma di dialogo, Pociagi propone una narrazione fatta di immagini e suoni. E attraverso loro si trova un filo conduttore imprevedibile che ripercorre parte del XX secolo come un viaggio temporale a bordo di un treno. Un itinerario inizialmente rettilineo che poi curva, per formare un cerchio intorno alla Storia del vecchio continente europeo, segnato tragicamente da due conflitti mondiali, deportazioni e dittature, ma anche sviluppo sociale ed economico.
Come l’incipit, costituito da immagini di repertorio che presentano una catena di montaggio, una di quelle introdotte da Hanry Ford nel primi anni del Novecento, che sanciscono l’inizio dell’industrializzazione moderna. Dopo poco, una locomotiva, nuova di zecca, è pronta a viaggiare lungo i binari, una specie di ragnatela di ferro che rende i luoghi lontani più vicini. La gente incuriosita è sulla banchina ferroviaria per salire in vettura o semplicemente per salutare i viaggiatori.
È questo l’inizio di Pociagi, una testimonianza di un tempo ormai lontano. L’unico momento del film documentario del regista polacco in cui non è ancora percepibile un sentore d’angoscia.
Gli errori del passato minacciano il presente
Qualcosa, però, è già visibile, anzi, udibile. Con la musica, curata da Paweł Szymański si percepisce una tragedia ormai imminente. Il treno resta come costante, ma progressivamente le immagini di sviluppo industriale vengono soppiantate da quelle della Grande Guerra.
Gli operai sono sostituiti da truppe di soldati che salgono sui treni per raggiungere la trincea e le bombe precipitano dal cielo per colpire il treno. Neanche il tempo di rendersi conto della catastrofe umana ed ecco la Seconda Guerra Mondiale. La carneficina si ripete, l’orrore continua con la deportazione degli Ebrei, trasportati come bestie su l’ennesimo treno. E, poi, sempre un treno riporta a casa i soldati, segnati per sempre dagli errori e orrori della Storia dell’Uomo.
Il viaggio si conclude in una stazione ferroviaria inglese, la pace è raggiunta, la guerra si allontana, ma tutto torna sereno? Purtroppo no. I treni viaggiano sicuri sui binari e i soldati si confondono con operai, impiegati e professionisti. Come i pendolari di oggi: donne e uomini assonnati o assorti nella lettura di giornali e libri. Ma la musica ci rammenta gli sbagli del passato.
La rigenerazione del materiale d’archivio
Il cerchio si chiude, quel treno uscito dalla catena di montaggio ha percorso chilometri e chilometri, attraverso i finestrini i passeggeri hanno visto le tante città distrutte dalle bombe e la rovina minaccia di trascinarci di nuovo nell’oscurità della carneficina tra uomini.
È questa la vicenda di Pociągi, esposta attraverso la pratica del found footage, che non è mai uno sterile riuso di immagini d’archivio. Come dimostra Maciej Drygas, con questo film, attraverso il montaggio, curato da Rafal Listopad, il regista polacco riutilizza, ma soprattutto rigenera le immagini d’archivio, assegnandole un nuovo significato, senza modificare il significante. Inoltre, la mancanza di dialogo viene eccellentemente colmata dall’uso del sound, tra musica e rumori, a volte amplificati e distorti, con lo scopo, non solo di commentare le immagini, ma di dare un vero ritmo all’intera narrazione.