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Interviews

‘Vergemolino’ intervista con Francesco Pacini e Paolo Ruffini

Tra risate, scherzi e una piccola "truffa" conosciamo meglio un paesino della Garfagnana dove si tiene ogni anno il "Boccabugia"

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Sul finire del Festival dei Popoli 2024 è stato presentato fuori concorso Vergemolino, documentario di Francesco Pacini con Paolo Ruffini prodotto da Vera Film.

Ogni anno a Vergemoli, un paesino tra le montagne della Garfagnana, si tiene il “Boccabugia”, festival di poesia improvvisata. Come tante altre piccole località, Vergemoli fa i conti con il progressivo spopolamento ma, nonostante ciò, da decenni, a centinaia si riuniscono per assistere alla divertente manifestazione che permette a tutti di essere poeti per un giorno. A presentare la kermesse, Paolo Ruffini che ne è uno dei principali artefici e che sta valutando se valga la pena acquistare uno dei ruderi da ristrutturare. Il documentario illustra i preparativi e la realizzazione della 50esima edizione del “Boccabugia” ma si tratta di un pretesto per raccontare il legame tra Ruffini, i vergemolini e un mondo fuori dal tempo in cui il senso di comunità è ancora molto forte. (Fonte: Festival dei Popoli)

Sia Francesco Pacini che Paolo Ruffini sono stati ospiti della kermesse per presentare Vergemolino e, in quell’occasione, abbiamo fatto loro alcune domande.

Qui per leggere la recensione

Vergemolino: il documentario di Francesco Pacini con Paolo Ruffini

Vorrei partire dalla genesi di questo documentario. All’inizio Paolo dice proprio il mio documentario. In effetti sembra davvero che Vergemolino, piuttosto che di Francesco Pacini, sia il documentario di Paolo Ruffini perché raccontato in maniera quasi oggettiva da lui. Quindi c’è una sorta di doppio livello.

Francesco: Innanzitutto Vergemolino nasce da un’esperienza del 2011-2012, quando Paolo è andato casualmente a questo festival di poesia improvvisata a Vergemoli, un paesino nella Garfagnana. Noi due in generale collaboriamo spesso e dopo che lui è finito in questa manifestazione sui generis è nato subito un amore profondo per questo evento e tutti gli anni, dal 2011 in poi, continuiamo ad andare a questo festival.

Paolo è diventato cittadino di Vergemoli, che è un posto denso di significati perché rappresenta comunque un tipo di vita che non c’è più, una vita improntata al sociale, dove gli abitanti hanno un’età media molto avanzata, un posto tipico delle campagne e delle montagne che tendono a essere spopolati. Andando lì tutti gli anni, alla fine abbiamo fatto amicizia con gli abitanti di Vergemoli e da questo è nata, quasi per gioco, l’idea di farne un film, un documentario. Abbiamo puntato a fare il documentario su Paolo come abitante di Vergemoli, che ogni anno finisce proprio lì e non riesce a staccarsi dall’amore che ha per questo posto.

È un posto che ha mille sfaccettature, con 60 abitanti in inverno (che purtroppo sono sempre meno), che comunque si ritrovano sotto un piccolo castagneto per declamare poesie su una tematica che ogni volta viene tirata a sorte. Tutti ci credono molto a questa cosa e la sentono tantissimo. Da questo abbiamo cercato di costruirne una trama dove ci sono vari giochi, vari intrighi, usando la scusa che Paolo può comprare una casa laggiù, ma con tutti i limiti del caso perché comunque, essendo legato a una vita in giro, tra il teatro, il cinema, il mondo dello spettacolo e tutto, sembra una cosa fuori luogo comprare una casa a Vergemoli. Da una parte, però, fa riflettere sul fatto che potrebbe anche non essere una cosa così campata in aria. Poi da lì si dipana tutto il film con tutti i vari personaggi, con tutte le varie loro caratteristiche e particolarità, che in contrapposizione, invece, con Paolo scaturiscono un effetto che fa riflettere ma che fa anche divertente.

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Vergemolino è un po’ uno spettacolo teatrale. Proprio il paesino in sé è come un grande (o un piccolo) palcoscenico, nel quale la vita comune degli abitanti è un po’ una sorta di spettacolo.

Francesco: Sì e poi la cosa che a me ha sempre colpito andando là è l’affiatamento che c’è tra lui e la signora Vera, che per esempio vive lì e che comunque quando vede Paolo lo vede come suo cugino, come il suo nipotino che viene a trovarlo tutte le estati e con il quale si diverte stando alle battute. Lui a suo modo viene anche preso in giro, è un confronto fra pari fondamentalmente.

I colori

Si percepisce nella naturalezza del documentario. Fatta eccezione per la voce fuoricampo e la poesia, è tutto molto naturale. Volevo farti una domanda tecnica sui colori. C’è un momento, nella prima parte, che inevitabilmente colpisce: tutto diventa bianco e nero e ci sono solo alcuni elementi evidenziati dal colore (per esempio la maglia rossa della futura mamma), come se volessi isolarli dal contesto. Come mai?

Francesco: Questa è stata un’idea che è venuta fuori col direttore della fotografia, Filippo Genovese, e con la montatrice. È stato un elemento per cercare di dare due linee temporali. C’è la linea del presente, che è quella della realizzazione e della costruzione del festival, e quella della notizia della nascita del bimbo che viene fatta da Vittorio i giorni prima. Quindi è un modo per cercare di differenziare le due storie parallele che si dipanano lungo il film. Rispetto al bianco e nero classico abbiamo pensato di dare una tonalità di colore per cercare di far risaltare alcuni elementi, per esempio Celia, che è la futura madre del bambino, Mattia, o Paolo come presenza in un paesaggio.

La voce fuori campo di Paolo Ruffini in Vergemolino di Francesco Pacini

E per quanto riguarda i dialoghi e la voce fuori campo? Come nasce l’idea della truffa alla quale si allude durante il film?

Paolo: È tutta un’idea del regista, un’idea di montaggio. Io mi sono solo divertito in questo film, nel senso che ho contribuito a immaginarmi un canovaccio che potesse procedere su più linee, quella della truffa della casa, quella della scarsa natalità. Voglio citare un collega, Werner Herzog, che in un film simile (anche se il nostro è stato un po’ più complicato), Fitzcarraldo, inserì un dialogo, un diario dal titolo La conquista dell’inutile. Ecco se mi chiedi dopo questa esperienza che cosa ho capito ti rispondo nulla, ma nel senso che è un elogio all’inutilità (così come il suo film è un elogio al fallimento).

Io credo che questo sia un film che ha un elogio nei confronti del minimale, della piccolezza. Siamo in un momento in cui il mondo va velocissimo e pensare che ci sia una comunità di persone sparute che vivono in cima alla Garfagnana, che vivono lentamente, non hanno Instagram, è entusiasmante. Tutto questo li rende opere d’arte fuori dal tempo, esseri umani strani, particolari, in cui l’evento è questa manifestazione che è assolutamente disorganizzata, improbabile, devastante, per certi aspetti catastrofica, e uno si può domandare se con tutte le cose che c’è da raccontare nel mondo si scelga proprio questa. Ma, secondo me, c’è proprio bisogno di raccontare questo. Ci siamo addentrati in questo marasma disastroso, perché come succede tra me e Francesco, che siamo diametralmente opposti, ma che comunque collaboriamo da 20 anni, io faccio confusione e lui organizza quella confusione. Da tanti anni della mia vita mi crea la possibilità di divertirmi, divertendosi meno lui, e per questa cosa io non finirò mai di ringraziarlo. Infatti abbiamo già firmato un nuovo lavoro insieme. Il suo grande merito, comunque, è essere riuscito a rendere interessante del materiale che poteva essere soltanto interessante per me.

Vergemolino

Vergemolino è un film che ha una sua caratteristica e racconta un’Italia completamente diversa, fatta di un piccolo borgo di montagna, in un paese piccolo della Toscana, che non ha aspettative, non ha esigenze, e questo credo ci riporti a un contatto, ma non con la natura, bensì con i nonni, le nonne, con una dimensione straordinariamente provinciale. Nelle cronache non trovi uno di Vergemoli, perché sono persone che vivono una realtà completamente diversa, perché è semplice, ed essendo semplice non è interessante, e questo invece è proprio quello che secondo me la rende interessante.

La semplicità

Alla fine ci appassioniamo a cose semplici, la nascita di questo bambino, per esempio, è l’evento per eccellenza.

È ovvio che è una cosa talmente minimale, talmente futile e talmente trascurabile che sono le tipiche buone notizie che oggi non fanno notizia. Invece, proprio per quello, secondo me, meritano di essere attenzionati. Vergemolino non è un documentario su come si sopravvive a New York con un euro, non è un documentario sulla Roma by night, ma è un documentario su un paesino. E il fatto che comunque io sia riuscito, anche soltanto per un attimo, realmente a innescare un meccanismo di dubbio e che tutti nel Consiglio Comunale abbiano più o meno aderito, è interessante, dà l’idea di come un paese non si prenda su serio, di come un popolo sia aperto anche all’autoironia, di come fondamentalmente ci sia anche un’Italia molto pacata, molto educata, che non rientra nelle statistiche, e che comunque fa grande questo paese con il cuore e l’umanità.

Si potrebbe quasi dire che Vergemoli è il tuo contraltare, in qualche modo. Non a caso la voce fuori campo è spesso associata alle splendide panoramiche del paesaggio, come se fossi tu a dirgli voce.

Sì, è un po’ un contraltare, nel senso che io fondamentalmente sono molto più paesano che metropolitano, però lì devi proprio buttare via l’orologio e arrenderti al fatto che comunque qualsiasi cosa ti serva è a 30 minuti da te, con delle curve anche notevoli, con un clima rigido d’inverno, però senz’altro le persone che vivono lì hanno una confidenza con la vita che è diversa dalla mia. C’è anche tutta la questione dell’essere fuori dal tempo e di avere ritmi completamente diversi e assolutamente non frenetici.

Una riflessione sul tempo

Vergemolino, infatti, è anche una riflessione su questo, cioè sul tempo, sulla realtà, sul contrasto passato-presente. Attraverso risate e divertimento si riflette anche su com’è vivere in quella realtà.

Francesco: Sì, perché molti di loro già sono consapevoli di questa cosa, ma ne sono fieri, contenti, spesso lo dicono anche nel film perché devo andare in città, qui si sta tanto bene. Ovviamente riflettono anche loro sul fatto che comunque ci sono sempre meno giovani, però loro hanno ragione di stare lì e ne vanno fieri.

Gli interventi che spezzano il racconto di Paolo aiutano a capire questa realtà, dalla maglia 100% Vergemolino alle parole e si percepisce la serenità che c’è in questo piccolo paese. Viene quasi voglia di andarci.

Paolo: Se dovesse avere troppo successo sarebbe una catastrofe. Speriamo abbia un successo limitato, che consenta di contingentare ancora le presenze a Vergemoli.

È uno di quei posti dove se tutto dovesse andare come deve andare è un problema. La precisione non è richiesta, è richiesta un’approssimazione.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

Per l’intervista e le foto si ringrazia Davide Ficarola, Valentina Messina e Antonio Pirozzi, ufficio stampa del Festival dei Popoli

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Vergemolino

  • Anno: 2023
  • Durata: 66'
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Francesco Pacini