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‘Parole tremanti’ intervista con il regista Giovanni Cioni

Una collaborazione con un laboratorio cinematografico condotto in una scuola media del Mugello ha permesso al regista di rievocare memoria e passato

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parole tremanti giovanni cioni

Tra i film fuori concorso del Festival dei Popoli 2024 c’era anche Parole tremanti di Giovanni Cioni, già doppiamente vincitore della kermesse.

Le colline toscane, la memoria della guerra, gli sfollati, i prigionieri, i deportati. Sono le loro voci e i loro volti quelli che scandiscono un racconto che crea un corto circuito generazionale. Quei racconti e quelle storie, infatti, sono il punto di partenza per una scrittura che nasce da un laboratorio cinematografico condotto in una scuola media del Mugello. Sulla base di quelle storie i ragazzi mettono in scena altre storie, da loro immaginate. Ecco che allora il film diventa un dialogo tra gli eventi vissuti dai personaggi intervistati e quelli re-immaginati dai ragazzi che, in una sorta di spazio reale e, al contempo, onirico mettono in scena quella distanza, quello spazio-tempo che è da sempre il problema della conservazione della memoria. (Fonte: Festival dei Popoli)

Giovanni Cioni con Parole tremanti torna, dunque, al Festival con il quale ha un forte legame, sia da giurato (in occasione della 57esima edizione ha fatto parte della Giuria Internazionale) sia da concorrente. È stato, infatti, in concorso più volte, riuscendo sempre a portare a casa un premio: il premio del pubblico alla 50esima edizione con In Purgatorio, il premio come miglior film alla 55esima edizione con Per Ulisse, bissato tre anni fa con Dal pianeta degli umani, dopo la menzione speciale alla 60esima edizione con Non è sogno.

Un’edizione fuori concorso, invece, quella del 2024 che lo ha visto presentare un progetto in collaborazione con un laboratorio cinematografico in una scuola media del Mugello. A Giovanni Cioni, proprio in occasione del Festival dei Popoli, abbiamo fatto alcune domande sul suo Parole Tremanti.

Parole tremanti di Giovanni Cioni… e dei giovani studenti

Il documentario è scritto, come si legge anche nei titoli di coda, dai giovanissimi studenti. Com’è nata la scrittura del film, delle storie che loro raccontano e che sembrano mescolare eventi realmente accaduti ai loro parenti con eventi di finzione?

Premetto che 20 anni fa feci una cosa simile in un’altra scuola e in quel caso c’erano ancora i partigiani vivi e c’erano quindi testimonianze maggiori e più vicine.

La proposta di base è comunque venuta dalla scuola, che ha pensato di lavorare sulla memoria. Io avevo portato un film di Rossellini, Paisà, mostrando l’episodio di Comacchio e poi avevo portato degli archivi dell’esercito americano, lì sulla linea gotica, per rievocare i luoghi. A quel punto ho cominciato a chiedere se conoscevano la storia di questo periodo. Alcuni sono venuti fuori dicendo che il bisnonno era partigiano, che era stato deportato e quindi abbiamo detto loro di chiedere in famiglia. Alcuni sapevano più cose perché, come nel caso di una ragazzina, Giulia, suo nonno, che vediamo poi nel film, le racconta tutti i giorni queste storie. Altri hanno chiesto in famiglia perché magari non avevano conosciuto i bisnonni.

Un altro aspetto interessante di questo lavoro è che, mentre noi ci siamo concentrati sulla memoria di questi luoghi, nelle classi dove ci sono molti ragazzi che vengono dalla Romania, dalla Croazia, dall’Albania, si sono scoperte tante altre storie che, curiosamente, alla fine, si intrecciano. E che, purtroppo, in alcuni casi continuano anche oggi con le guerre che vediamo ogni giorno.

parole tremanti giovanni cioni

Nella pratica, poi, abbiamo creato a gruppi delle storie, dicendo a ognuno di cominciare a immaginare qualcosa e abbiamo scelto quelle che erano eventualmente da ricreare e quelle che sarebbero state solo raccontate.

Nell’insieme erano due classi. Con quella che aveva più tempo abbiamo lavorato più sulle parti ricreate e interpretate, mentre con l’altra abbiamo lavorato più sulle testimonianze al cimitero della Futa.

Realtà e finzione in Parole tremanti di Giovanni Cioni

Grazie a questa scelta passato e presente si mescolano, ma anche realtà e finzione, tra i racconti e la messa in scena.

Addirittura prima che cominciassero a lavorare a questo progetto, avevano già lavorato su un racconto di Buzzati, Il mantello, che abbiamo anche proposto di inserirlo perché ci siamo resi conto che in realtà la storia del bisnonno di una ragazzina, Sofia, coincideva esattamente con quello. Abbiamo provato anche a giocare su questo fatto.

Ad aiutare a comprendere le scelte che avete fatto ci pensa anche il titolo che riassume perfettamente quello che questi ragazzi hanno messo in scena. Parole tremanti, oltre a essere una bella citazione letteraria, è anche il riassunto perfetto di questo documentario.

Sì, è vero. Tutti inizialmente si chiedevano perché Parole tremanti?.

Le riprese

Per quanto riguarda, invece, le riprese sono state fatte dai ragazzi? Perché è un modo di riprendere significativo che si sofferma sui volti, sui dettagli quando sono i due personaggi più anziani a raccontare, ma che si allarga alla vastità e indefinitezza del paesaggio quando sono i ragazzi a dover interpretare una situazione.

Le riprese non sono dei ragazzi, sono stato io a girare. Per me questo modo di girare di cui parli è un concentrarsi su queste due persone che erano bambini all’epoca e che raccontando queste storie rievocano il loro passato ed è come se lo vivessero. Lui, in particolare, accompagna le parole con le mani e con questi gesti continui e mi piaceva. Sentivo di isolarli dal contesto in questo modo.

I ragazzi, invece, sono immersi nella natura che, complice anche la nebbia, si mescola con loro ed è come se li aiutasse, in qualche modo.

Ho trovato questa cosa importante perché comunque questi luoghi hanno visto queste storie, quindi è come se le pietre, gli alberi delle marronete fossero lì già all’epoca. È come se questa cosa si trasmettesse nei luoghi. Cioè i luoghi sono importanti perché il cinema è comunque qualcosa che gioca su questo. Tu sei qui e ora, però proietti tutto con l’immaginazione, anche col suono, per esempio.

Al montaggio, fin dall’inizio, avevo pensato a questa cosa di giocare sulla parola e il luogo e poi nel luogo succede qualcosa perché effettivamente quando sei lì capisci, cioè in certi luoghi senti le storie e dunque non hai bisogno poi di andare a illustrarle, le evochi. Anzi questa dimensione reale e naturale su una mappa può sembrare molto astratta.

Infatti, così facendo, se non fosse per alcuni dettagli, non si comprenderebbe il luogo e questo sicuramente aiuta per un discorso di universalità.

È vero. E poi la regia era pensata da un lato anche in funzione del tempo che avevamo e dall’altro lato per cogliere questa naturalezza nella recita. Quello che è importante è quello che traspare di loro, come la vivono.

Una distribuzione per Parole tremanti di Giovanni Cioni?

Ci saranno altre occasioni per vedere Parole tremanti di Giovanni Cioni oppure coinvolgerà soltanto i ragazzi delle scuole in alcune matinée?

Non ci siamo ancora organizzati a livello di date, ma ci saranno. Anche perché il progetto è stato possibile anche grazie al sostegno di Lanterne Magiche. Dunque sarebbe interessante farlo circolare un po’, in primis, nelle scuole, ma non solo.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

Per l’intervista e le foto si ringrazia Davide Ficarola, Valentina Messina e Antonio Pirozzi, ufficio stampa del Festival dei Popoli

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Parole tremanti

  • Anno: 2023
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Giovanni Cioni