Marcello Mastroianni quest’anno avrebbe compiuto cento anni, e la Rai ha deciso di omaggiare la carriera di uno dei più importanti attori italiani del secolo scorso, con un documentario dedicato alla sua figura, dal titolo Ciao Marcello – Mastroianni l’antidivo.
Il film, della durata di novanta minuti, è diretto da Fabrizio Corallo, e scritto in collaborazione con Silvia Scola. Presentato alla Festa del Cinema di Roma, ha avuto in quest’occasione il suo debutto prima dell’approdo televisivo, in prima serata su Rai 3, lo scorso 29 ottobre.
L’intimo legame con Federico Fellini
É difficile separare, professionalmente, la figura di Marcello Mastroianni da quella del regista Federico Fellini. Tale sinergia artistica ha dato vita, oltre a una moltitudine di film, anche a un connubio divistico non indifferente, specie negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Un rapporto intimo, quasi padre-figlio, di fiducia e abbandono all’altro, nel suo significato più positivo possibile.
A parlarne, nel documentario, che riporta le vive voci dei protagonisti di quegli anni – unitamente a quelle di Mastroianni e Fellini – è stato proprio il primo, che con poche parole ha delineato un rapporto denso di emozioni e dedizione per la professione scelta.
“Fellini è stato il primo regista, l’amico, che ha amato tutti i miei difetti, tutte le mie debolezze e mi ha insegnato ad ammetterle, nei rapporti privati, anche con gli altri”
Cinema come mezzo di comprensione di se stesso, dell’altro da sé e della realtà che ci circonda; un preciso modo di fare cinema che attraversa l’umano, guarda dentro, e cerca di riportare all’esterno quanto ha potuto osservare, senza nascondersi dietro le brutture, e senza esaltare ciò che di illuminante ha trovato. Solo conoscerlo, e offrirlo agli altri.
Il set, per Mastroianni e Fellini insieme, era puro divertimento, un modo di vedere il mondo, di osservare la realtà, che ben si collega al significato che lo stesso Mastroianni attribuiva all’arte della recitazione:
“Vuol dire proprio divertire, questo piacere di poter ancora giocare. Mi sono convinto che se l’attore si spoglia di ogni presunzione o del mestiere, veramente come un bambino, accoglie il personaggio, con generosità, finisce che questo personaggio s’introduce nella tua mente e c’è un momento in cui fa tutto da solo”
Le etichette che fecero arrabbiare l’attore
Marcello Mastroianni è stato considerato, a parer di pubblico, dapprima un divo di un certo periodo – forse uno dei più brillanti – del cinema italiano, ma non solo. Anche un latin lover, all’italiana, il cosiddetto “Don Giovanni”.
Due etichette, da una parte quella di divo e dall’altra quella di latin lover, che Mastroianni ha detestato e rifiutato nel corso della sua carriera, nel rispetto di un principio per lui sacro. Prima di tutto lavorare, fare l’attore, nel modo più serio possibile.
“Non si capisce perché facendo questo mestiere io debba mettere in piazza la mia vita privata. I vip: ecco, termine che mi fa schifo, mi fa vomitare. Io non sono vip, io sono uno che fa il suo mestiere e cerca di farlo il meglio possibile (…) Tentare di creare un divo, questo è il risultato di una certa stampa, suggerita proprio dal mestiere che faccio, che rappresenti qualcosa perché questo assicura un migliore incasso al film. Personalmente ho sempre cercato di sfuggire da questo tipo di cui voi parlate”
Parole, in alcun modo da intendere come un attacco nei confronti della stampa, né un’incapacità di vedere i propri difetti o le proprie debolezze umane, peraltro spesso candidamente ammesse. É la volontà, dura e pura, di aderenza totale a certi principi, in risposta a una dedizione fedele nei confronti della propria professione, che si appropria quasi di una dimensione sacra.
La componente umana: tra pregi e difetti
Nel documentario, al fianco di Marcello Mastroianni attore, emerge la dimensione umana del personaggio, attraverso i ricordi di chi lo ha conosciuto e dei colleghi che hanno lavorato con lui. Tra i più grandi attori e le più grandi attrici – questi ultimi – del cinema italiano del secolo passato.
Riaffiorano tramite immagini d’archivio i ricordi e i primi incontri, specie quelli più fortunati, come quello con Sophia Loren, datato 1954. E ancora, le parole preziose di Monica Vitti, su un grande compagno di viaggio:
“Era diverso da tutti gli altri attori che avevo conosciuto nella mia vita, perché aveva una dolcezza e un atteggiamento nei confronti delle persone, la storia, il copione, il regista, gli operai: era una parte del gruppo. Marcello è universale, perché resta unico, anche come amico”
Ad accompagnare il documentario, insieme tributo a Marcello Mastroianni, ancora le parole di grandi attrici come Virna Lisi, Sandra Milo e Stefania Sandrelli, che hanno recitato al suo fianco. Ma anche grandi registi, che hanno segnato la storia del cinema italiano, come Mario Monicelli, Dino Risi, Ettore Scola.
Il ricordo in questo modo si fa vivo, è reso parlante ed è per questo motivo che riesce a trasformarsi in omaggio, e ad arrivare dritto al cuore del pubblico. Ciao Marcello – Mastroianni l’antidivo riesce infatti a parlare a tutti, attraverso la rappresentazione degli snodi più importanti della carriera del suo personaggio: dalle prime apparizioni in tv, al fianco di Mike Bongiorno e Gianni Riva, alla consacrazione nel mondo del cinema. E oltre: Mastroianni fu uno dei primi attori italiani ad avere le sue impronte sulla Hollywood Walk of Fame.
La centralità del cinema
In Ciao Marcello – Mastroianni l’antidivo, oltre al tributo alla figura di Mastroianni, emerge l’elogio al cinema, che infatti trova grande spazio all’interno del documentario, nella forma delle varie sequenze dei film più importanti interpretati da Mastroianni. A partire da La dolce vita, passando per Amarcord, e approdando a Otto e mezzo, sul finale.
Tutti questi film raccontano Marcello Mastroianni, e tutti questi film sono in grado di restituire, in diversi momenti e con differenti intenti, un pezzo della storia e della professionalità del suo personaggio. Nel documentario di Fabrizio Corallo, dunque, il cinema di Mastroianni diviene un mezzo di auto-celebrazione, e funge da ponte di collegamento tra Marcello e il pubblico.
È un atto d’amore e di fiducia prima di tutto verso il cinema, la prova attoriale di un’intera carriera di Mastroianni, peraltro ammessa dall’attore stesso:
“Io mi sono nutrito di cinematografi, come tutti quelli della mia generazione. Questa sala buia, magica, misteriosa: il fascio del proiettore, con il fumo delle sigarette. Era un luogo di evasione, anzi di più: al cinema si sognava”
La costruzione di un espediente narrativo non riuscito
In Ciao Marcello – Mastroianni l’antidivo stride però l’espediente narrativo sul quale poggia il documentario. Si tratta di un’idea semplice, utile a presentare Mastroianni al pubblico: una persona che non sa nulla di lui, e un’altra che glielo deve descrivere. Di conseguenza questa seconda persona racconterà anche al pubblico una certa storia, sebbene gli spettatori conoscano quel racconto. Andrà dunque solo ripercorso, di modo che il coinvolgimento emozionale sia assicurato.
A Barbara Venturato (che nel documentario interpreta una giovane montatrice assistente inesperta) Luca Argentero, che recita il ruolo dell’attore, racconta.
Ma come si fa a non sapere nulla di Marcello Mastroianni?
Non solo. I dialoghi tra i due attori sono altamente stranianti, a tratti irreali. No, non è realistico pensare che un’assistente montatrice di un documentario su Mastroianni, non lo conosca.
E non è nemmeno credibile il tono del racconto adottato da Luca Argentero, che sembra ripercorrere la carriera di Mastroianni quasi da un punto di vista enciclopedico, a scapito di una modalità che sia davvero integrata, e dunque di accompagnamento, con le immagini proposte allo spettatore. I due piani sembrano infine sconnessi, a rendere l’idea che sarebbe stato ampiamente sufficiente ripercorrere la storia di Marcello Mastroianni nel cinema italiano, senza bisogno di ricorrere ad alcun tipo di espediente narrativo.