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Interviews

‘Il Complotto di Tirana’, intervista al regista Manfredi Lucibello

Abbiamo chiesto al regista Manfredi Lucibello di condividere con noi alcune riflessioni su una delle storie più avvincenti dell'arte contemporanea, che ha ispirato il suo nuovo documentario: Il Complotto di Tirana

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Manfredi Lucibello il complotto di tirana

Il Complotto di Tirana affronta l’idea dell’arte come una possibile menzogna, una gigantesca truffa ben architettata. La riflessione parte soprattutto dal sistema che la governa, ispirandosi alla clamorosa vicenda da cui prende il nome il documentario. Ma alla fine, che cos’è l’arte? Lo abbiamo chiesto a Manfredi Lucibello, regista della pellicola presentata al Festival di Roma nella sezione Freestyle.

Leggi qui la recensione de Il Complotto di Tirana.

L’ispirazione per Il Complotto di Tirana

Visto che oggi possiamo finalmente parlare di questa situazione, dato che è andata in prescrizione, quando è nata per te l’idea di realizzare Il Complotto di Tirana? È stato un progetto che hai desiderato a lungo, o è sbocciato per caso?

Per caso, come tutte le belle cose che accadono. Era talmente incredibile questa storia che ho voluto indagare di più, cercando di capire quanto fondo di verità c’era. Sono un grande appassionato d’arte. Questo è il mio terzo documentario sul mondo artistico, un percorso che sto portando avanti spinto dalla curiosità e dalla voglia di conoscere.

Nel film non ti limiti a raccontare questo documento storico nel mondo dell’arte: metti in discussione gli avvenimenti, come se anche tu fossi stato uno spettatore. Secondo te, è davvero possibile che tutto possa diventare arte? Cosa ti porti da questo progetto?

Beh, credo che si debba sottolineare la differenza tra ciò che è arte e ciò che è mercato dell’arte. Sono due cose ben diverse, e penso senza dubbio che il mercato sia la rovina dell’arte, anche se, in fondo, è un meccanismo che la sostiene e non se ne può fare a meno. Non lo so, non credo esista una risposta chiara su cosa sia Arte, e un film non può darla. Però una cosa l’ho capita: la vera truffa dell’arte è proprio il mercato, l’aspetto economico che la circonda.

Con questo documentario porti alla luce un altro aspetto delle Biennali e il peso delle dinamiche economiche che le dominano.

Sì, e questa assurda vicenda ne è la prova: erano tutti così impegnati nel voler ottenere il contributo di Toscani, da non guardare davvero al contenuto delle sue idee e dei progetti che avrebbe portato alla Biennale. Era sufficiente il nome, e questo, in fondo, è il cuore del problema.

manfredi lucibello il complotto di tirana

Il complotto di Tirana, di Manfredi Lucibello. Credits Clara Vannucci.

Un cast particolare

Com’è stato collaborare con Oliviero Toscani invece? Che dinamica si è creata tra di voi, anche quando gli hai proposto questo progetto?

È stato divertente, come si vede, ed era felice di raccontare questa storia dopo vent’anni in cui non ne aveva mai parlato così pubblicamente. Con quel distacco che solo il tempo ti regala, finalmente riconosce la vicenda come un’opera d’arte, senza dubbio. Ecco, il tempo fa la differenza. Ora, a distanza di anni, quella vicenda resta una grande performance, e basta.

E chi è Marco Lavagetto, in fondo? 

Lui è molto ambiguo, è difficile capire con chi si stia parlando, perché ha tante personalità. Però ha trovato in me qualcuno disposto ad ascoltarlo e accogliere il suo racconto. Io penso che in un certo senso ha anticipato i tempi con questi quattro personaggi. Adesso, grazie agli anni e al distacco, si può anche sorridere di alcuni aspetti che all’epoca avevano tutto un altro significato.

Sicuramente una personalità dalle mille sfaccettature. Hai mai avuto paura di essere truffato anche tu?

Quella paura c’è sempre, ma alla fine, come dire, è tutto un gioco. Siamo tutti dentro in questa grande truffa. La vedo come una questione universale, in fondo.

 manfredi lucibello

Il Complotto di Tirana, di Mnafredi Lucibello. Credits Clara Vannucci

Manfredi Lucibello, libero dagli schemi

Nel documentario, pur restando fedele al genere, si respira un forte senso di libertà sia nella regia che nella narrazione. Quanto è stato importante per te raccontare questa storia a modo tuo?

È stato fondamentale. Abbiamo girato tutto con gioia, con il senso di essere liberi, senza confini. Avevo voglia di costruire questo film con calma, dedicandomi alle riprese e al montaggio senza interruzioni. È stato un vero lusso poter lavorare così, per ragionare su ogni scena e darle risalto.

Sono anche un insegnante di cinema all’Accademia di Belle Arti, e questo progetto va contro ogni schema classico del cinema: regole, rigore. La storia richiede libertà; davanti a un tema simile non si può essere rigorosi. Se questo film racconta una truffa, l’unico modo per farlo bene è quasi “truffare” lo spettatore. Alla prima proiezione, ho capito di esserci riuscito. Molti spettatori sono usciti dalla sala chiedendosi se anche Lavagetto fosse una “truffa”. Ma in realtà, è lui l’unico davvero autentico in tutta la storia. Anzi, proprio nella sua unicità potrebbe essere l’artista per eccellenza.

E dietro c’è stata una produzione che ha creduto nella tua visione.

Sì, Small Boss, una realtà interessante. Abbiamo deciso di affrontare il progetto senza pressioni di tempo o logiche commerciali. Lo abbiamo completato giusto in tempo per Roma, e avere qualche momento in più per lavorarci è stato meglio. Immergerci in questa storia è stato davvero divertente.

Ma anche il supporto dell’Emilia Romagna Film Commission è stato fondamentale. Sono stati i primi, insieme a Small Boss, a credere nel progetto. La Regione è stata la nostra base operativa quasi per la totalità delle riprese.

Un progetto senza confini

Questa vetrina romana è un bel punto di partenza per il documentario.

Ah, senza dubbio. E da qui proseguiremo. Siamo felici di essere anche al Festival dei Popoli, che chiuderà con il nostro film il 9 novembre. Poi il film continuerà: abbiamo già richieste per lo streaming e faremo un piccolo tour nelle sale a partire da gennaio. E qualche sguardo al Tirana Film Festival l’abbiamo dato… chissà, sarebbe davvero interessante!

È la prima volta che porto un documentario a Roma. Essere nella sezione Freestyle, che è dedicata proprio a nuove prospettive, all’arte, a modi diversi di raccontare dona un certo valore alla pellicola. È importante celebrare questo genere e questi progetti alternativi.

Hai altri progetti in corso?

Sì, sto scrivendo il mio nuovo film per il cinema. Ho avuto un periodo molto fortunato: in parte, è stato un “frutto” della pandemia che mi ha permesso di scrivere tanto. Ora torno alla scrittura e magari, chissà, tra un po’ qualcosa prenderà forma. Siamo comunque in piena fase di scrittura, è un momento bellissimo, di transizione.

Tirando le somme, cosa rappresenta oggi Il Complotto di Tirana per te?

È una celebrazione dell’arte che, pur prendendosi un po’ sul serio, rimane un grande inno alla libertà e alla vita.

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Il complotto di Tirana

  • Anno: 2024
  • Durata: 71
  • Genere: Documentario
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Manfredi Lucibello