Il generale dell’armata morta è un film del 1983, e sarà proiettato all’Euro Balkan Film Festival. Nel corso della seconda guerra mondiale, il generale Ariosto (Marcello Mastroianni) e un cappellano militare (Michel Piccoli) ricevono il compito di riportare in patria i resti di duemila soldati italiani caduti in Albania al generale Ariosto (Marcello Mastroianni) e a un cappellano militare (Michel Piccoli).
La missione è ancor più delicata perché l’affascinante contessa Betty Mirafiore (Anouk Aimée), della quale Ariosto e il cappellano sono segretamente invaghiti, ha chiesto di ritrovare i resti del marito, il colonnello fascista Salvatore Di Brenni,
L’area individuata, a forma di V, è, però, ricca di tombe vuote, saccheggiate da tombaroli, alla ricerca di oggetti di valori appartenenti ai soldati del Battaglione Blu. Nonostante il supporto del generale albanese Krotz (Gerard Klein), del colonnello sembra non esserci traccia.
Dopo vane ricerche, Ariosto, sempre più scettico e disilluso, riesce nell’impresa e trova i resti del colonnello, ma intuisce che sulla sua figura aleggia un segreto.
Infatti, il cappellano militare gli svela che il colonnello Di Brenni aveva violentato una quindicenne. La ragazza, per il dolore e la vergogna, si era poi gettata in un pozzo. La madre della fanciulla aveva poi ucciso il colonnello e, per rappresaglia, il marito fu impiccato.
Deluso e amareggiato per il vergognoso comportamento del colonnello fascista, Ariosto getta nel fiume i suoi resti. Senza rilevare il segreto a Betty, grazie alla complicità di Krotz, trova, poi, un escamotage che le restituisce pace e serenità.
Il generale dell’armata morta: un film asciutto sugli orrori del colonialismo
Il generale dell’armata morta è l’unico film di Luciano Tovoli, apprezzato direttore di fotografia (Banditi ad Orgosolo, Professione reporter, Pane e cioccolata, Suspiria, L’ultima donna, Bianca, Splendor, Che ora è…).
All’esordio dietro la macchina da presa, Tovoli dirige una pellicola asciutta e rigorosa, dalle atmosfere sospese, che rimandano a Il deserto dei tartari di Valerio Zurlini, del quale ha curato la fotografia.
Tratto dall’omonimo romanzo di Ismail Kadarè, recentemente scomparso
Se nella prima parte il regista lascia che il paesaggio faccia da splendido sfondo alla vicenda e mostra, con toni ironici, la vana ricerca dei due protagonisti, nelle ultime battute il clima muta di colpo.
Dagli strali, dal sapore farsesco, contro l’orrore della guerra e del colonialismo, Tovoli passa alla tragedia e demolisce la pomposa retorica con la quale vengono descritti i soldati al fronte.
Piccoli giganteggia su un Mastroianni troppo gigione. Aimée, come sempre, quando compare sullo schermo, lo inonda di un velo di magia. Nel cast anche un giovane Sergio Castellitto.