Stranger Eyes (titolo originale Mò shì lù) di Yeo Siew Hua con Wu Jain-Ho, Lee Kang-Sheng, Anicca Panna, primo film di Singapore passato in gara per il Leone d’Oro nella storia della Mostra del Cinema di Venezia, riflette sul tema dello sguardo, sui conflitti familiari e sulla “pericolosità” di una società perennemente sorvegliata.
Al cinema dal 14 Novembre distribuito da Europictures.
Un thriller contemplativo
Dopo la misteriosa scomparsa della propria bambina, una giovane coppia inizia a ricevere dvd contenuti immagini della loro vita quotidiana, persino dei loro momenti più intimi.
La polizia mette la loro casa sotto sorveglianza per tentare di catturare il voyeur, ma l’equilibrio familiare comincia a vacillare quando i loro più oscuri segreti si svelano sotto il loro sguardo, ma mano che guardano i filmati ricevuti.
Stranger Eyes è un film con diversi livelli narrativi che riflette sull’osservare e sull’essere osservati.
Il potere dello sguardo
La visione, elemento fondante del cinema stesso, è sempre frutto di un punto di vista; l’interazione tra voyeur, personaggi e pubblico in sala è un gioco di specchi, proiezioni, “rifrazioni di senso”.
Lo spettatore osserva, a sua volta, l’uomo sconosciuto che filma i protagonisti.
Tuttavia, i continui (e voluti) depistaggi che il regista mette in atto nella storia generano, più che suspense, un senso di confusione.
Stranger Eyes, pur nel tentativo originale di trasformare quella che all’inizio sembra la classica vicenda di una bambina scomparsa in una storia che prende direzioni del tutto inaspettate, manca di emozione, come (ahimè) la maggior parte dei film di questa 81edizione della Mostra.
Riusciamo realmente ad entrare in empatia con i personaggi? Ci lasciamo coinvolgere dai loro segreti? Ci interessa davvero che fine abbia fatto la piccola Bo? E quando, senza spoilerare, verso la fine, comprendiamo l’intento del film e ci avviciniamo alla “verità” della visione, ci sentiamo più sorpresi o annoiati?
Una riflessione sulla contemporaneità
Stranger Eyes segue un filone narrativo consolidato, da La finestra sul cortile del maestro Hitchcock a Cachédi Haneke, per proporre, infine, una riflessione universale su una società costantemente” sotto controllo”, sotto i migliaia sguardi onniscienti delle telecamere di sorveglianza (un dispositivo diffusissimo a Singapore) che ci restituiscono una realtà che altrimenti non vedremmo.
Il tema è più che mai contemporaneo; viviamo in una società fondata sull’immagine, in cui deliberatamente scegliamo di farci monitorare: ci “immortaliamo”, ci filmiamo, postiamo. Paradossalmente, sei reale solo se possiedi (almeno) un profilo social, altrimenti non esisti.
Gli Stranger Eyes di Yeo Siew Hua sono gli occhi di ognuno di noi che, il più delle volte, si limitano a guardare ma non osservano, non a fondo. Eppure, come dice la protagonista del film “vogliamo solo essere visti”.
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