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‘The Bear 3’: l’ansia di sbagliare

Il ritorno della pluripremiata serie Disney+ è una rigenerazione dello stato emotivo dei suoi personaggi, perennemente in bilico tra caos e paura di cadere

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The Bear 3

Su Disney+ torna The Bear 3 con l’attesissima terza stagione, ideata e diretta da Christopher Storer e prodotta da FX. Riprendono i loro ruoli i protagonisti Jeremy Allen White, Ayo Edebiri, Ebon Moss-Bachrach e Abby Elliot. Ma caratteristica della serie sono anche le numerose guest stars: Olivia Colman, Jamie Lee Curtis, Joel McHale e, in un piccolo cameo, anche John Cena.

IL TRAILER – The Bear 3

 

Il ritorno al caos, le aspettative inespresse – The Bear 3

Il ritorno di The Bear 3 coincide con le continue crisi di Carmy, il protagonista della serie. Crisi onirica nell’episodio più autoriale, ma antipasto per l’apertura di ciò che amiamo più di The Bear: il solito disordine. La serie Disney+ ripete la sua struttura che l’ha vista pluripremiata in ogni dove. E anche se l’improvvisato locale di panini è stato sostituito da un apparente locale gourmet, Carmy è di nuovo il motore del rumore del ristorante. Che parte principalmente dal litigare per esistere. Mentre Carmy e Richie sono ormai ai ferri corti e ogni servizio è una tragicommedia,  il personaggio di Allen White continua nel suo processo sociopatico di essere il genio discusso, il leader non rispettato. È come se il personaggio di The Bear 3 indossasse una maschera. Finto liberale e aperto al dialogo mentre gestisce col pugno fermo e di ferro il proprio autogoverno della cucina. Anche se lo zio è preoccupato delle spese senza regole, Carmy gestisce il suo regno culinario viaggiando con la propria immaginazione.

La cucina come assenza di comunicazione

Un posto quasi da non luogo metafisico in cui le regole sono di Jeremy Allen White : norme oltre ogni logica razionale. Carmy è una sorta di legislatore monarchico a-democratico. In lui ci sono punti imprescindibili che vuole far rispettare al resto della cucina, rendendo però violabili quelle stesse regole oltre ogni misura. Cambia ogni giorno menù, prende i prodotti più costosi in barba a ciò che il locale può permettersi. È come se Carmy non volesse il caos ma facesse di tutto per ottenerlo. In questa perenne lotta per il rispetto gerarchico del comandante, il disordine diviene la caratteristica più evidente di The Bear 3 assieme alla mancanza di comunicazione.  Il ristorante rapidamente si brucia e ogni sforzo per conquistare la stella michelin si presenta come un fallimento mascherato da sopravvivenza forzata.

Carmy vs Sydney

In questa dinamica emerge con ancora più forza il contrasto con la sua socia e nemesi Sydney. Il personaggio di Ayo Edeberi, che ha retto l’inaugurazione di The Bear mentre Carmy si trovava a lottare con i suoi incubi nella cella frigorifera, nella terza stagione si trova nella stessa situazione di sempre. In mezzo al fuoco propulsivo del capo Chef. The Bear 3 vive costantemente dell’autodistruzione tra sogni e ansie di Carmy, rapito dal sogno ossessivo di trasformare un locale di panini in un rinomato locale gourmet. Ogni proposta di Sydney viene respinta dal controllo imperioso di Carmy. Due personaggi troppo ingombranti per la stessa posizione di comando; uno sembra avere le soluzioni giuste per far respirare il locale, l’altro è costantemente preso dal suo ego e dall’ansia di prestazione.

Il punto più importante di The Bear 3 è la tensione tra i due Chef con una differente idea di cucina e di gestione. Se nelle prime due stagioni si era arrivati a una specie di armistizio, nella nuova Sydney è isolata, messa da parte dalla dittatura seppur ansiogena di Carmy. I due Chef sono due gusci che fanno fatica a comunicare fra di loro.  Sydney fa e dovrà pensare se andare avanti  quando gli viene offerta una posizione migliore in un locale prestigioso. La tensione e il deterioramento del duo Carmy/Sydney sottolinea la tendenza della serie Diseny+ a far evolvere e tagliare i legami. Il caos della cucina alla fine è sempre stato un po’ una grande domanda su quanto la fedeltà e il ristorante-famiglia possa ostacolare o favorire l’ascesa nel mondo della ristorazione dei singoli.

The Bear 3 ha imparato dai suoi difetti

The Bear 3 è riuscita nella sua complex tv a imparare dai propri difetti (pochi), premiando più le sotto-trame dei singoli personaggi che la sua struttura. Nella sua seconda stagione, i troppi stand-alone su quasi ogni personaggio avevano sottolineato la bellezza narrativa di un prodotto ma anche l’esaltazione a dismisura delle proprie capacità. In The Bear 3 invece tutto ciò viene limato mantenendo la coralità dei singoli personaggi, in una scrittura che non sospende il mondo di The Bear, ma è capace di integrarlo e potenziarlo. Questa limatura ha l’effetto di sottolineare la complessità della vera rivelazione della stagione: il cugino Richie interpretato da un bravissimo Ebon Moss-Bachrach. La solitudine e l’amore per la figlia caratterizzano un personaggio che cerca di fare del dramma un passo in avanti verso il cambiamento. Cosa che fa anche la sorella di Carmy, Natalie, che tenta nel parto di ricucire i rapporti con la madre, Jamie Lee Curtis.

Lo stand-alone come rappresentazione individuale

È doppiamente interessante come dopo tre stagioni i personaggi collaterali di The Bear fanno quello che Carmy non è ancora riuscito a fare: risolvere la conflittualità con se stessi e provare a volersi bene. Nella limitazione degli stand-alone, funziona un episodio perfetto diretto da Ayo Edebiri e incentrato sul personaggio di Tina. La sua caratterizzazione era ancora inesplorata. E la Colón-Zayas si spoglia della sua rudezza in un flashback tutto costruito sul suo personaggio. Storer e la Edebiri riescono a renderci una Tina vulnerabile che si confronta con le sue insicurezze e la crisi della disoccupazione della middle class americana.

The Bear 3 riesce a liberarsi anche di uno dei pochi errori della seconda stagione: l’affare Claire. Quest’ultima, al netto dell’elemento romantico, era un sogno erotico, un tappetto che Carmy riavvolgeva a suo piacimento. La sua estinzione nella terza stagione, con un breve inserimento nelle puntate finali, plasma meglio il pentimento di Carmy e la riflessione sugli errori a cui il personaggio principale si dimostra fedelmente allergico.

Una stagione di confronti e di mezzo

The Bear 3 è una stagione di confronti e di non risoluzione degli stessi. In attesa della fatidica recensione su The Bear, Carmy finalmente ha la possibilità di risolvere i suoi incubi con Chef David. Questo momento della serie, presentato come un attesissimo punto di svolta, diventa un anticlimax. Nessuna catarsi o regolamento di conti, ma solo l’amara consapevolezza per Berzatto di essere diventato ciò che è solo grazie ai traumi e alle vessazioni da cui non riesce ad uscire. In The Bear 3 per Carmy l’incubo è formativo. L’ansia, la paura di non essere all’altezza, lascia il protagonista senza una ricompensa emotiva. Sottolineando ancora una volta come la cucina è il patto indissolubile che Carmy ha stretto col caos e con se stesso. Ma The Bear 3 è volutamente una stagione di mezzo. Molte dinamiche, dal non confronto con Sydney al destino del locale celato da parte dello zio, sono accennate, aperte e non chiuse. Il “to be continued” finale esprime la volontà degli autori di preparare il definitivo conflitto per la stagione quattro. Con tutto il caos che The Bear si porta dietro.

The Bear 3 nei suoi dieci episodi è pieno di picchi emotivi, riuscendo bene a frammentare il caos della serie con un’ampiezza degli archi narrativi. Di fronte alla sua poesia e alla sua frenesia, non si può non chiedersi quando questo livello calerà del tutto. Perché The Bear, nella sostanza, ha dimostrato che il romanzo famigliare e la complex tv possono benissimo convergere. Con o senza il caos.

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  • Anno: 2024
  • Durata: 40'
  • Distribuzione: Disney+
  • Genere: dramedy
  • Nazionalita: Usa
  • Regia: Christopher Storer
  • Data di uscita: 14-August-2024