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Mimmo Calopresti: “Sono in una fase di grande cambiamento”

Da "L'imperatore dei sogni" ad "Aspromonte la terra degli ultimi". Passando per la politica, le infinite vite e i sogni. Mimmo Calopresti si racconta in questa intervista

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Ci sono secoli che sembrano adattarsi a certi volti come abiti sartoriali. É il caso di Mimmo Calopresti. Capelli brizzolati, occhi piccoli, sguardo curioso. La camicia bianca gli regala un aspetto quasi regale. Lo incontro all’orario dell’aperitivo, l’aria condizionata non raffredda a sufficienza l’ambiente. Siamo in Sicilia. Mimmo è uno che si racconta con grande generosità. Ha tanti aneddoti curiosi sul cinema, sulla politica, sui viaggi. Penso che abbia davvero vissuto infinite vite. Il suo volto mi riporta un po’ indietro del tempo. Ha qualcosa di epico ma anche di curioso, sconosciuto. Gli occhi sono vivaci, lo sguardo fermo e pacifico mentre le mani si intrecciano tra loro con una calma quasi zen mentre risponde alle domande. Alza il capo e dice: «Sono in una fase di grande cambiamento». Racconta e si racconta. Regista, attore, sceneggiatore. Una capacità innata di descrivere le persone e, soprattutto, le piccole grandi rivoluzioni.

Versace, Pannella. Lei ha sempre raccontato storie di personaggi rivoluzionari. Perché?

«Mi affascina il cinema che racconta il cambiamento, le vite che raccontano il cambiamento. Versace è stato veramente un rivoluzionario in tutto quello che ha fatto. Non gli piaceva studiare, ha sempre fatto ciò che voleva: è stato gay in un momento in cui nessuno lo era, in una maniera aperta e in un Paese come Reggio Calabria. É stato capace di cambiare il mondo, il modo di vestire delle donne facendole diventare protagoniste. Le spogliava, le colorava. É bellissimo vedere e raccontare questi personaggi che mostrano l’evoluzione della vita, magari fallendo ma provandoci. Credo che il cinema sia una grande opportunità.»

Il rapporto con Gianni Versace

Lei ha definito Versace l’uomo dei sogni. Che significato ha per lei la parola sogno?

«La moda è un mondo pieno di sogni. Tutti noi viviamo delle doppie vite: quelle dei nostri sogni e quelle reali. Poi qualcuno riesce a fare la vita che sogna. Io ho fatto un film che si chiama “La parola amore non esiste” dove c’era Fabrizio Bentivoglio che a un certo punto diceva: Il mio lavoro è sognare. Questo non vale solo per gli artisti, ma anche per le persone normali che hanno bisogno di stare dento ai loro sogni.»

Dei suoi sogni qual è quello che non ha ancora realizzato?

«Sicuramente quello di fare un film molto popolare. Ho fatto sempre film d’autore; adesso mi piacerebbe pensare a un film pop, magari con una grande produzione americana. É interessante questa cosa dei racconti epici. Ho cominciato facendone uno piccolo in Aspromonte perché penso che valga la pena raccontare il mondo in maniera epica. Sono in una fase di grande cambiamento: cerco storie, piccole o grandi, che abbiano un’idea molto pop.»

Ha una passione per gli abiti o sbaglio?

«Mio padre era un sarto. Mi ricordo che da piccolo lo osservavo: lui tagliava tutto, faceva gli abiti, sceglieva le stoffe e io gli infilavo il filo nella cruna dell’ago. Mi ha lasciato questa grande passione.  Credo che i film siano un po’ simili a un’opera di sartoria. All’università facevo l’assistente di Rondolino, lui mi chiese cosa fosse il montaggio, io risposi che era come fare il sarto: un taglia e cuci. Mi è sempre piaciuta l’idea di associare il cinema sia alla sartoria che all’architettura. In fondo il cinema è un po’ come costruire una casa.»

Che rapporto ha con Dio?

«Ho un buon rapporto. Da ragazzo ho fatto un cortometraggio con i frati minori. Ho una grande attrazione per l’idea cristiana. Adoro il film di Pasolini, “Il vangelo secondo Matteo” perché credo che sia un grande film, spirituale ma anche religioso. É molto difficile affrontare questi temi perchè devi entrarci dentro con tutto te stesso. Io sono abituato a entrare dentro me stesso. Tra l’altro penso che Gesù sia un grande rivoluzionario. É una figura che mi piace molto, così come mi piace Papa Francesco, un uomo che sta davvero rivoluzionando la Chiesa.»

Gli “ultimi” e le tante vite di Mimmo

Ha fatto un film che si chiama Aspromonte, la terra degli ultimi. Ma chi sono questi ultimi?

«Gli ultimi sono quelli che combattono tutti i giorni per sopravvivere, per andare avanti. Persone che sono state più sfortunate per nascita o per condizione, e non riescono a cambiare la loro vita. Gli ultimi sono quelli che fanno una lotta continua per sopravvivere. E se vincono loro vinciamo tutti.»

Come fa a passare dal racconto di Versace a quello degli “ultimi” di Aspromonte?

«Ho vissuto in un mondo diverso. Sono nato a Poliestere, in provincia di Reggio Calabria e poi sono andato a Torino dove ho frequentato l’università. Ho fatto davvero tante cose e ho vissuto così tante vite che mi pare giusto e doveroso raccontarle tutte.»

A quale delle sue tante vite è più legato?

«Sono molto legato alla mia vita di fine anni ’70, andavo nelle piazze e facevo casino. Ci sono legato non tanto per la politica, che poi è una cosa effimera, ma perché credevamo davvero che scendendo in piazza potevamo cambiare la vita delle persone. E poi facevamo i cortei anche per portare le donne al cinema. Mi è sempre piaciuta molto questa idea che la vita potesse mescolarsi con il cambiamento di un periodo storico. Adesso mi piace il movimento LGTB perchè finalmente sta portando allo scoperto vite che fino a qualche tempo fa dovevano restare nascoste. Bisogna lasciare la gente libera di vivere la vita che preferisce. Talvolta la politica sa essere davvero feroce. Una politica sana dovrebbe garantire almeno i diritti civili.»

Il rapporto con l’attore Gerard Depardieu

Ha girato due film con Gerard Depardieu. Me lo descrive?

«È sicuramente un attore difficile. Ha una teatralità enorme che lo porta a stare sempre al centro dell’attenzione. Mi ricordo che quando arrivò a Pisa con un aereo personale avevo scordato di andarlo a prendere. Ha urlato per tutto il tempo! É un matto: un matto molto sano. Riesce a stare al mondo mostrando tutto quello che è, nel bene e nel male. E nel male è veramente se stesso. Ho vissuto a Parigi, ero suo vicino di casa e posso dirti che Gerard Depardieu è una persona stupenda. Mi ricordo ancora che quando entravamo nei locali le donne erano pazze di lui. È un uomo molto semplice, bravissimo e molto preparato. In un qualunque teatro potrebbe recitare Shakespeare a memoria. Un attore di grande naturalezza. Nato proprio per stare sul palcoscenico e qualunque cosa fa la fa bene.»

C’è un attore italiano che vorrebbe dirigere?

«Pierfrancesco Favino mi intriga molto come persona. È bravo, intelligente, ed è capace di stare nei film in un certo modo. Penso che prima o poi farò un film con lui. Ha qualcosa di estremamente interessante nel suo modo di recitare. Per esempio, nel film di Martone, Nostalgia, fa due, tre scene straordinarie. Ha una forte umanità e quando riesce a esprimerla è davvero molto potente.»

Pensa che il cinema italiano oggi sia in crisi?

«Da quando faccio cinema sento sempre parlare di crisi e poi però lo vedo sempre ripartire. Quando ho iniziato i cinema chiudevano perché c’era la TV, adesso ci sono le piattaforme. É chiaro che la gente va dove sta più comoda e dove costa meno, anche perché i cinema sono diventati sempre più cari, e poi in estate fa caldo e la gente preferisce andare al mare. E quindi la TV o le serie diventano un’attrattiva pazzesca. Però bisogna credere nel cinema perché alla fine salva sempre tutto. Come quel detto: “la bellezza salverà il mondo”. Ti chiudi in sala, al buio, spegni il telefonino e scopri qualcosa che non avevi visto. Secondo me il cinema ha ancora questa potenza; quindi, sopravviverà.»

Si definisca con un aggettivo

«Simpatico genialoide (ride ndr). Mi piace pensare di sentirmi ogni tanto un genio del cinema, uno che magari fa dei film che non funzionano, ma che nella testa ha sempre l’idea del grande cinema. E questa è una vera fortuna.»

Editor: Margherita Fratantonio

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