Stanley Kubrick (1928-1999) è certamente l’autore per eccellenza del cinema. Il Dio della cinepresa, il demiurgo che ha creato, con i suoi film, mondi nel quale gestiva gli eventi e i personaggi coinvolti. Ed stato Dio anche per la vita privata che conduceva. Attentissimo alla propria privacy, non lo si vedeva mai. Si sentiva evocare, da fan e altri registi, solo il suo nome. La sua villa protetta e immersa nella campagna inglese, era come l’Olimpo: da lì vedeva tutto quello che succedeva nel mondo, ma gli altri (gli umani) non potevano vederlo. Essere invitati nel suo mondo era da privilegiati.
Una divinizzazione anche per una filmografia praticamente perfetta, senza sbavature. 16 opere filmiche in totale: 13 lungometraggi e 3 cortometraggi. Un autore totalmente indipendente, non etichettabile in una corrente cinematografica. Ha esordito poco dopo il cinema classico americano, si è affermato prima della New Hollywood. Ha affrontato differenti generi e vi ha depositato una pietra miliare, alimentando la magia del cinema. I suoi film andrebbero citati tutti, in particolare da Orizzonti di gloria (Paths of Glory, 1957) fino ad Eyes Wide Shut (1999), ma, in questo caso si prendono soltanto tre esempi.
2001: odissea nello spazio (2001 – A space Odissey, 1968) ha rilanciato e fatto maturare la fantascienza. Barry Lyndon (1975) è la pellicola modello qual ora si volesse fare un film storico osservando tutti i precisi particolari dell’epoca. Shining (The Shining, 1980) è un classico dell’horror, sovente citato.
Poco sopra si è scritto: una filmografia praticamente perfetta. Quel praticamente è riferito ad alcuni film minori. Anche nella somma filmografia di Kubrick ci sono film meno belli, meno riusciti. E fu lo stesso autore a definirli tali. Se Kubrick avesse potuto ricreare il suo passato registico, avrebbe cancellato dal suo curriculum: Fear and Desire (1953), Il bacio dell’assassino (Killer’s Kiss, 1955) e Rapina a mano armata (The Killing, 1956). E a questi si aggiungono anche i tre primi cortometraggi: Day of the fight (1951), Il padre volante (Flying Padre, 1951) e The Seafarers (1953). Discorso a parte Spartacus (1960), accettato per questioni economiche, ma condotto egregiamente a termine.
È chiaro che queste sei prime opere sono ancora acerbe, in confronto a quelle successive. Un’acerbità non in riferimento alla tecnica e né all’idea di cinema che Kubrick già possedeva, ma ad adeguati budget che gli permettessero di svolgere la realizzazione del suo film in tranquillità, con i giusti tempi.
I tre cortometraggi, realizzati per cominciare a maneggiare il mezzo cinematografico (tecnica e storytelling), hanno già in nuce la professionalità del Kubrick maggiore. Il Cinema Ritrovato li ha riproposti in versioni restaurate.
Day of the Fight: Stanley Kubrick sferra i primi pugni
Il primo lavoro filmico di Stanley Kubrick dura poco più di 15 minuti. È uno sviluppo in movimento di un servizio fotografico che lo stesso autore, ancora soltanto fotoreporter per la rivista Look, aveva fatto sul pugile Walter Cartier.
È la cronaca (reportage) della giornata di preparazione dell’incontro che il peso medio dovrà affrontare. Gli scatti fotografici si trasformano in scatti a 24 fotogrammi al secondo e mostrano la tensione, le attese e la foga di una giornata importante.
Al netto dei limiti che questo cortometraggio può avere, già si intravedono superbamente le attenzioni di Kubrick al posizionamento della macchina da presa. Al taglio dell’inquadratura, frutto dei suoi anni nel campo della fotografia. Mentre è certamente dozzinale la storia della preparazione. Come ugualmente l’utilizzo della voce fuori campo, di Douglas Edwards, che serve sia per descrivere il sacrificio di un pugile e sia per risparmiare sul doppiaggio.
Ma sebbene ciò, in un’ipotetica lista di film sulla boxe, Day of the Fight rientrerebbe sicuramente tra i primi 20 posti, per essere un vivido ritratto del pugilato dei primi anni Cinquanta e per aver fornito idee di posizionamento della macchina da presa.
Costato 3900 dollari, racimolati tra parenti e risparmi personali, Kubrick riuscì a venderlo alla RKO per 4000 dollari. Il primo lavoro filmico, tutto sommato, ha avuto esito positivo. Mentre la boxe, tornerà in Barry Lyndon, con uno scontro a pugni nudi tra il protagonista e un soldato. In questo caso, Kubrick ha privilegiato la macchina da presa a spalla, per mostrare maggiormente il movimento e il coinvolgimento dei due combattenti.
Flying Padre: Kubrick tenta di volare
Il secondo cortometraggio è ugualmente un documentario, questa volta incentrato su Fred Stadtmueller, un reverendo del Nuovo Messico, perché la parrocchia di sua appartenenza si estendeva di 4000 miglia, e pertanto si spostava con un piccolo aereo.
Più breve del precedente (appena 9 minuti) e meno riuscito. Sia perché il cortometraggio gli venne commissionato dalla RKO, che stava realizzando una serie di documentari corti – RKO-Pathe Screenliner – d’interesse umano e sociale, e sia per la carenza di adeguati mezzi tecnici.
Quello che però interessava a Stanley Kubrick, era il volo. Provetto pilota, detto documentario gli avrebbe permesso di provare a realizzare scene ad alta quota.
Come in Day of the Fight, Flying Padre è la descrizione cronachistica della giornata tipo del personaggio protagonista. Con la voce fuori campo di Bob Hite che spiega cosa deve fare Stadmueller giornalmente.
Il volo tornerà in Il Dottor Stranamore – Ovvero: come ho imparato a non preoccuparmi e ad amare la bomba (Dr. Strangelove or: How I Learned to Stop Worrying and Love the Bomb, 1964), e soprattutto, a livello di tecnica, nelle scene iniziali di Shining. Mentre un reverendo faceto, lo si rivedrà in Arancia Meccanica (A Clockwork Orange, 1971), nel personaggio del cappellano della prigione.
The Seafarers: anche Kubrick ha lavorato su commissione
Ultimo cortometraggio di Kubrick. Questa volta, vero e proprio lavoro su commissione, da parte della Seafarers International Union of North America. Anch’esso è un documentario e, come i precedenti due lavori, è la cronaca della vita dei marinai che hanno deciso di entrare nella SIU.
The Seafarers è quindi un lavoro di propaganda, nel quale Kubrick ha poca agibilità creativa. Un lavoro accettato perché, sebbene gli venisse già riconosciuta la bravura di operatore/regista, era uno sconosciuto. Ma questo cortometraggio è stato utile a Stanley Kubrick per approcciarsi per la prima volta al colore, tecnica che altrimenti non si sarebbe potuto permettere a quel tempo.
Non a caso il successivo film a colori che girerà sarà Spartacus, altro film, questa volta in formato kolossal, su commissione. Forse un’altra utilità che ha potuto cogliere da questo film è stata quella della gestione di un gruppo di attori. Sebbene in formato “piccolo” ha avuto modo di capire come si gestiscono più attori (in realtà marinai veri) in scena.
Non un filmato di guerra, comunque, ma il militarismo tornerà in Orizzonti di gloria, in Il Dottor Stranamore, in Barry Lyndon, e soprattutto in Full Metal Jacket (1987). Con quest’ultimo condivide le scene cameratesche.
In copertina: Stanley Kubrick – Il Cinema Ritrovato Fear and desire (1953),