Girando in una fiera di paese, una ragazza viene avvicinata da un clown che le porge il volantino pubblicitario dello spettacolo di un trapezista. Entrata nel tendone in cui questi si esibisce, durante lo show scambia con lui uno sguardo di intesa che lo distrae facendolo cadere. La caduta provoca un passaggio dimensionale e i due si trovano coinvolti in diversi “scenari”, ovvero diverse rappresentazioni spettacolari all’interno delle quali si inseguono cercando di trovarsi fino al congiungimento finale, anch’esso nella forma di uno spettacolo.
Cirque du Soleil è sinonimo di meraviglia, di fantasia, di colore e illusione, chiunque sia andato a vedere uno dei loro numerosi spettacoli, non potrà negarlo. Trapezisti, acrobati, ballerini, contorsionisti, lanciatori di spade, mangiafuoco, etc, incantano letteralmente il pubblico di tutto il mondo per la loro immensa originalità e straordinario talento. Il 2013 è un anno importante per tutti loro, perché hanno affrontato un importante salto: dal circo al grande schermo. Diretti dal regista Andrew Adamson e sotto la supervisione di James Cameron, in veste di produttore esecutivo del progetto, dal 7 febbraio in Italia è possibile vedere al cinema la magica rappresentazione in 3D delle fantasmagoriche esibizioni delCirque Du Soleil.
Cucire un film su tali talentuosi circensi, però, non è per niente un’operazione semplice e, di fatto, non sembra neanche troppo riuscita. Il problema principale è che Adamson, focalizzandosi sul 3D, per far sì che le immagini catturassero l’intensità di ogni esercizio, immortalando ogni sforzo o espressione degli artisti, finisce per creare un film che altro non è che la mera trasposizione al cinema in tre dimensioni delle performance del Circo, tratte da sette tra i più celebri spettacoli della compagnia, da O a KÀ fino Mystère, Viva ELVIS, CRISS ANGEL Believe, Zumanity e lo spettacolo dedicato ai Beatles LOVE, tutti attualmente in scena a Las Vegas. il risultato è quindi quello di un film, fantastico sotto il punto di vista visivo, ma assolutamente vuoto sotto quello narrativo. Infatti, in principio, il pretesto che avrebbe dovuto fornire significato al progetto, era quello di raccontare il viaggio di due giovani, (Erica Linz e Igor Zaripov) lui trapezista, lei parte del pubblico, i quali, dopo essersi persi in un mondo totalmente onirico, si cercano, perdendosi ancora una volta, attraverso i mondi straordinari degli artisti circensi. All’apparenza sembra una storia assolutamente coerente e adatta, ma poi, se ne comprende la sua totale inutilità, perché poco concreta e per nulla sviluppata. Quel che resta dunque della trasposizione dal circo al cinema, è dunque, una ripresa (senza dubbio visivamente potente e profonda) con le telecamere 3D, di scene e immaginari di alcuni tra i più rilevanti spettacoli degli artisti del Cirque Du Soleil.
Quello che serve però chiedersi è: ne valeva davvero la pena? Cirque du Soleil non ha bisogno di presentazioni e per dare senso al progetto, avremmo voluto qualcosa di più delle esibizioni, godibili a teatro o nel web; Se Adamson e Cameron avessero voluto dare vita a un film piuttosto che a un puro esercizio stilistico, avrebbero dovuto fare scelte diverse, optare per una storia più concreta e funzionale alle immagini, oppure realizzare un documentario che, con interesse, avrebbe potuto svelarci i retroscena del circo più famoso del nostro millennio. In definitiva, poca sostanza in un film che si presenta dunque al pubblico del grande schermo, solo e soltanto come una pura esperienza visiva.
Valentina Calabrese
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