Presentato in concorso alla 27a edizione del Festival CinemAmbiente di Torino nella sezione cortometraggi Refugia, Where Life Will Persist di Anne De Carbuccia spalanca uno scorcio di bellezza su una terra leggendaria, dalla flora e dalla fauna di ipnotica rarità: Yakushima, isola del Giappone a sud del Kyūshū, già dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1993.
Il corto di Anne De Carbuccia intreccia la voci narranti di tre personaggi che sono sia testimoni che custodi delle bellezze selvagge e fulgenti di questo luogo. Sono l’anziano Tessei Shiba, la giovane Kaori Arai, che da pescatrice “ama” (di perle) esplora i tesori subacquei, e Nadine Schutz, un’architetta del suono di Zurigo che intercetta e cataloga tutti i suoni dell’isola e in generale della natura in via di estinzione.
Un precario paradiso terrestre
Un mare con la sua barriera corallina privato in quasi quarant’anni delle sue risorse come le alghe, decretando lo stato di malattia dell’Oceano; foreste di cedri secolari, vegetazione alpina, la tartaruga marina, il macaco Yukushima, il cane procione asiatico, la donnola giapponese. Una terra quasi onirica la cui sopravvivenza in stato incontaminato è a rischio, mentre la sua capacità di resilienza viene riposta anche nelle mani dell’uomo. Il messaggio ambientalista di Refugia,Where Life Will Persist di fronte al surriscaldamento globale scorre nelle voci dei tre personaggi mentre la macchina da presa coglie con immagini ad alta definizione e con una contemplazione documentaristica l’entità primigenia di un luogo atavico, più antico della civiltà umana stessa, antecedente addirittura alla scrittura.
Refugia: come precisa il corto nell’epigrafe in apertura, in biologia si intendono
“aree relativamente protette dai cambiamenti climatici, possono fungere da rifugio per la fauna selvatica, gli ecosistemi e le altre risorse naturali mentre l’andamento delle temperature e delle precipitazioni cambia”.
Mentre l’ecosistema di Yakushima, delicatissimo e struggente nella sua magnificenza e varietà, si snoda sotto i nostri occhi in dettagli visivi e esili percezioni sonore, la regista si interroga non solo sull’impatto negativo dell’impronta umana, ma anche sul dovere nel prevenire e salvaguardare il mondo dalle minacce climatiche, sulla sensibilità imprescindibile per conservare questa area unica, questa “roccaforte dell’interconnessione”. Un corto che non sbandiera slogan con retorica e che non sviscera dati o statistiche allarmanti, ma che si affida alla forza intrinseca delle immagini per un appello alla nostra responsabilità civica, nel rispetto di una natura che è anche Storia.

Un’immersione panteistica
Non casualmente Refugia, Where Life Will Persist si apre e si chiude con una circolarità simbolica, con l’architetta del suono intenta a registrare e ad analizzare nel suo studio futuristico i rumori di quell’ambiente, come se il medium tecnologico stesso, e per una sineddoche il cinema in sé, possa essere integrato nella cura degli habitat naturali, documentando, testimoniando, raccontandone la preziosità millenaria.
Quello che Anne De Carbuccia ci vuole offrire con Refugia, Where Life Will Persist è una breve ma poetica incursione nella vita e nel tempo, nella Storia dove presente e antico posso convivere nella prospettiva di un altro futuro possibile per il pianeta, in una congiunzione olistica (che la regista assurge a forma di amore) tra uomo e natura e che trova il suo corollario e il suo monito etico nelle parole dell’anziano del luogo Tessei Shiba:
“noi non siamo più importanti degli altri esseri viventi”.