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Il silenzio degli innocenti: dopo 30 anni è ancora un capolavoro

Analisi a posteriori del cult di Jonathan Demme con Anthony Hopkins e Jodie Foster

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‘’Il silenzio degli innocenti’’ uscì nel febbraio 1991, undicesima opera da regista di Jonathan Demme, che due anni più tardi firmerà un altro cult come ‘’Philadelphia’’ con Tom Hanks. Thriller psicologico con protagonisti Anthony Hopkins e Jodie Foster, tratto dal best-seller da oltre 11 milioni di copie di Thomas Harris, l’anno dopo agli Oscar entrò nella storia come terza pellicola in assoluto ad aggiudicarsi i cosiddetti “Big Five”, i cinque premi più presigiosi (Miglior film, regia, attore e attrice protagonista, sceneggiatura non originale). È attualmente disponibile su Amazon Prime Video.

Il silenzio degli innocenti: la trama

La trama è nota ai più: la giovane e tormentata Clarice Starling, tra le più prometteti reclute dell’FBI, viene incaricata dal suo superiore Jack Crawford di interrogare il pericoloso pluriomicida Hannibal Lecter, un tempo brillante criminologo ora rinchiuso in manicomio, al fine di carpirne informazioni utili alla cattura del brutale “Buffalo Bill”. I due avranno modo di conoscersi e stringeranno presto un patto: Lecter aiuterà Clarice a stanare il feroce assassino che ama “squoiare gobbe” se lei, in cambio, gli aprirà la sua mente consentendogli di risalire alla fonte dei traumi che la affligono sin dall’infanzia. Un imprevedibile duello psicologico ha inizio.

Il silenzio degli innocenti: un capolavoro che ha fatto scuola

‘’Il silenzio degli innocenti’’ è la prima opera in assoluto ad elevare il genere thriller, sradicandolo da quella mera accezione commericale, conferendogli altresì un significato simbolico. Il film di Demme vive di metafore visive e concettuali: la farfalla-lepidottero simboleggia la transizione di genere del killer, il grido degli agnelli le angosce della giovane Clarice, la semplicità del desiderio come origine del turbamento (sia del mostro che della protagonista). È in questo senso uno degli esempi più riusciti di thriller psicologico dell’era post-hitchcockiana. La caccia a “Buffalo Bill” infatti si dipana quasi più nei serrati percorsi psicanalitici dei due protagonisti che all’esterno nelle ordinarie investigazioni della polizia. Un concetto, quello di immedesimazione psicologica nell’assassino come strumento essenziale alla cattura, che influenzerà un’infinità di opere a seguire a partire dal ‘’Seven’’ di David Fincher.

Anthony Hopkins nel ruolo di Hannibal Lecter in una scena del film

La forza sta nei personaggi

Il rapporto fra Lecter e Starling è il vero perno della pellicola: da una parte la fredda razionalità della giovane, messa in atto più per celarne le inquietudini e quell’insicurezza tipica della recluta in cerca di affermazione che non per altro, dall’altra la curiosità morbosa e l’approccio quasi paterno di Hannibal, anche qui atta a nascondere l’indole dell’assassino che studia attentamente la sua prossima vittima prima di attaccare. Il rapporto da poliziotto-criminale diventa medico-paziente con una velocità impressionante, in cui è il dottore a prendere il comando, smascherando con la sua inscalfibile dialettica tutto il marcio che alberga nei meandri più celati dell’animo umano. In questo caso il percorso di Clarice consiste in una riscoperta di se stessa, grazie all’aiuto con cui Lecter le fa comprendere che le ombre del suo passato lei debba prima di tutto accettarle e poi, se ne avrà la forza, sfruttarle per forgiare la corazza con cui supererà gli ostacoli che la separano dalla cattura di Buffalo Bill.

Jodie Foster e Anthony Hopkins in una sequenza

Un comparto tecnico ineccepibile

La vera forza del film di Demme tuttavia, chi vi scrive ne è convinto, risiede nel fatto che per quanto si metta tanta carne al fuoco, infarcendo la narrazione di cenni filosofici e significati simbolici (le sopracitate metafore, la citazione a Marco Aurelio, il tema della claustrofobia che ritorna prepotentemente specie nello scontro finale, i rimandi a opere di artisti famosi come Salvador Dalì e Francis Bacon), ‘’Silence of the Lambs’’ (questo il titolo originale) non rinnega mai la sua natura di thriller, e anzichè perdersi via via in territori fuori contesto riesce a mantenere una tensione costante fino all’ultima inquadratura poco prima dei titoli di coda. In questo senso la regia di Demme è dosatissima, mai invadente, funzionale al racconto: è in poche parole il regista a mettersi al servizio della storia, senza bisogno di marchiarla per forza con impronte riconoscibili ma lasciando ampia libertà interpretativa allo spettatore. In questo fondamentale è l’enigmatica colonna sonora di Howard Shore, quasi una commistione tra musica di tensione e opera lirica, a voler cullare lo spettatore di una straniante dolcezza che fa da ottimo contraltare alle macabre scene che via via si susseguono, e l’azzeccatissima fotografia di Tak Fugimoto, fredda ma allo stesso tempo accogliente.

Locandina originale del film

Il tempo lo ha reso immortale

Ma perché Il silenzio degli innocenti appassiona ancora dopo 30 anni? Proprio perchè l’aspetto più interessante nella pellicola non risiede tanto nella soluzione del caso o nella cattura finale di ‘’Buffalo Bill’’, ma il modo in cui grazie a Lecter, Clarice metterà insieme i tasselli del puzzle e arriverà a pensare come il killer. Questo aspetto, che automaticamente coinvolge in prima persona lo spettatore, ha garantito un’immortalità alla pellicola permettendogli di fungere ancora oggi da base per nuove variazioni sul genere (vedi Il sacrificio del cervo sacro), e non solo nel cinema (le opere dello scrittore Donato Carrisi contengono più di un rimando a quelle di Harris). Da citare, infine, le due scene migliori del film, una di dialogo e un’altra più movimentata: nel primo caso naturalmente la conversazione sugli agnelli nella prigione di Memphis tra la protagonista e Hannibal, nel secondo i vulcanici 10 minuti buoni in cui si articola la fuga di quest’ultimo. Una sequenza ancora oggi da brividi.

In conclusione

Il silenzio degli innocenti è un capolavoro senza tempo, in cui qualità cinematografica e efficacia letteraria hanno saputo fondersi bene come poche altre volte nel panorama hollywoodiano degli ultimi 30 anni. La sua fascinazione è giocata sull’introspezione, sull’ approfondimento della psiche dei singoli personaggi. mettendo quindi in secondo piano l’aspetto investigativo da film ‘’poliziesco’’. Le interpretazioni sono strabilianti e il comparto tecnico ineccebile, su tutti l’armoniosa regia di Demme.

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Il silenzio degli innocenti

  • Anno: 1991
  • Durata: 117 minuti
  • Distribuzione: Orion Pictures
  • Genere: Thriller psicologico
  • Nazionalita: Stati Uniti d'America
  • Regia: Jonathan Demme
  • Data di uscita: 14-February-1991