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Far East Film Festival

‘The Train of Death’, al Far East arriva quel maledetto treno per Sangkara

Sul convoglio perseguitato dagli spiriti della foresta, l'horror ambientalista di Rizal Mantovani fila una bellezza tra splatter e favola dark

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The Train of Death

Non tarda troppo, a differenza di certi treni, l’appuntamento con la morte di The Train of Death. Nell’horror dell’indonesiano Rizal Mantovani, in concorso al Far East Film Festival di Udine, i morti arrivano subito. Tecnicamente, morti sul lavoro. Due operai impegnati nel cantiere di un treno in costruzione discutono di prolungare il turno per accelerare i lavori, nonostante lo sfavore delle tenebre. Incombe infatti l’incubo di riduzioni sulla paga, che proprio non ci si può permettere, per questioni legate alla sopravvivenza del budget familiare. Sembra, però, che il nuovissimo treno, destinato a valorizzare un resort turistico a Sangkara, stia profanando qualcosa – forse una foresta sacra.

La punizione giunge inesorabile, lasciando un alone di morte anche sul successivo viaggio inaugurale. Seguono diavolerie varie, infestazioni e calibrate profusioni di sangue, senza nemmeno risparmiarsi il binario di riferimenti ambientalisti (la deforestazione in nome del business) e sociali (gli operai sacrificati al dio danaro). Ma la gustosa escursione dell’orrore, ammettiamolo, funziona bene soprattutto per l’alta velocità filmica.

The Train of Death di Rizal Mantovani è un horror divertito e divertente, solido non tanto per originalità o sottotesto socio-ambientale, quanto per la perfetta tabella di marcia. Un bel biglietto per l’inferno.

Il trailer di The Train of Death

La trama di The Train of Death

“Purnama (Hana Malasan) e Kembang (Zara Leola) sono due giovani sorelle che attendono in una stazione della regione di Solo il viaggio inaugurale di una nuova linea ferroviaria che conduce al Sangkara Resort, un complesso turistico localizzato nel mezzo della foresta. Per Purnama è il primo viaggio dopo una difficile operazione chirurgica e Kembang è molto apprensiva rispetto alle condizioni della sorella. Attendendo la partenza, le due fanno la conoscenza dell’aitante e cortese Tekun (Fadly Faisal), che sarà il loro assistente di viaggio, e assistono ad una manifestazione di protesta condotta da alcune donne – osservata con particolare attenzione anche da un’altra passeggera, Ramla (Putri Ayudya). Una volta iniziato il viaggio, a cui partecipano anche Santoso, il proprietario del resort, e Bara, il Reggente della regione che ha supervisionato i lavori di costruzione della ferrovia, strani presagi e apparizioni cominciano a manifestarsi. Gli spiriti degli alberi e della foresta abbattuti per aprire il cammino del treno stanno infatti covando la loro vendetta” (Fonte: Paolo Bertolin, dal sito Far East Film Festival)

La galleria dei personaggi e quella degli orrori

Che la tempestività sia tutto, si capisce già dall’agile presentazione di protagonisti e comprimari nelle battute iniziali, prima del viaggio in treno verso Sangkara. C’è una donna che cerca giustizia per il marito defunto in cantiere, come altre che picchettano in stazione; una coppia è in fuga da non si sa cosa; un’allegra brigata di turisti è pronta a infestare Instagram con le stories del resort.

The Train of Death, un ragazzo e due ragazze spaventati dietro la porta vetrata di un treno

The Train of Death: da sinistra, Tekun, Kembang e Purnama realizzano che qualcosa non va sul treno

Soprattutto, però, ci sono le due giovani sorelle – di cui una alle prese con un inconfessato inferno personale – a cui si concede volentieri un’intenerita simpatia, anche in mezzo a teste mozzate e orrende creature. Il timing è studiatissimo, specie nell’idea di strutturare la storia come per stazioni della morte: ad ogni galleria, si capisce presto, succederà qualcosa. Così, il passo si fa regolare e la galleria degli orrori è una promessa a orologeria.

Prossima stazione: splatter. Ma non è il capolinea

Malgrado il primo vero affondo splatter giunga dopo un’ora – una precisione dello storytelling affilata quanto la lama di un coltello – non c’è ragione per morire di noia. Tutta la prima parte è di godibile atmosfera da casa (sui binari) infestata. Inteso il meccanismo di The Train of Death, se ne apprezza il passo anfetaminico, in stile Speed (Jan de Bont, 1994), con le maledizioni del disaster movie (sia pure senza l’apocalisse di Train to Busan).

Un'operatrice del treno circondata da figure mostruose di cui non si vede la testa

The Train of Death, alcune poco rassicuranti figure mostruose circondano un’operatrice del treno

Quando, a seguire, la coreografia del terrore invade gli spazi dei vagoni, c’è persino un vago sentore dei film di possessione, con tanto di artritiche passeggiate sul soffitto in omaggio a L’esorcista. E se talune comparse ectoplasmatiche dagli schermi di sorveglianza del treno ammiccano, quantomeno per involontario déjà-vu, a Ringu (Hideo Nakata, 1998) o a Kairo (Kiyoshi Kurosawa, 2001), è artigianato di buona e peculiare fattura tutto il crescente viscidume che impaluda le poltroncine di prima classe. Alcune figure lovecraftiane paiono fuoriuscire dalla ragnatela di qualche macelleria. Ma non è l’ultima stazione. A chi ama setacciare suggestioni, non sfuggirà una svolta boschiva, potenzialmente da favola dark. Sarà il fantasma di Guillermo Del Toro?

Il sorriso è incluso nel servizio

Si era compreso, d’altro canto, come i benefit inclusi nel viaggio di The Train of Death andassero ben di là della paura. Con intelligenza leggera, senza che l’atmosfera marcisca ostinatamente nella cappa del moriremo tutti, Mantovani si concede più di una sfumatura ironica. Vagamente parodistica, per esempio, è la profilatura degli operatori di bordo, costretti a sorridere anche nelle avversità. Similmente, non possono non strappare un sorriso a denti stretti il personaggio, più satirico che satanico, del compiacente reggente politico, Bara, determinato a compiacere il proprietario del resort, così come del capotreno, spaventatissimo dal peggiore dei demoni: il suo superiore.

Affiora del sarcasmo anche nel classismo delle classi dei vagoni, con l’inaccessibile prima classe di turisti e pezzi grossi. Più apertamente, poi, la denuncia sociale fa capolino nel personaggio di Ramla, moglie in cerca di giustizia per il marito morto in cantiere. Il funzionario politico, indifferente, ne era persino ignaro.

(Mio marito) non si è mai lamentato del suo lavoro. Era un gran lavoratore. Lavorava sodo per comprarmi un apparecchio acustico.

La classe operaia, questa volta, è andata all’inferno. Ma, drammi reali a parte, permettendosi sia il lusso di riflettere che di sorridere, a livello cinematografico The Train of Death è un bel resort per gli appassionati del genere.

Tutto sul FEFF 2024

The Train of Death

  • Anno: 2024
  • Durata: 115'
  • Genere: Horror
  • Nazionalita: Indonesia
  • Regia: Rizal Mantovani