Tratto dall’omonimo romanzo di Daniela Porto, risponde al genere drammatico. Tra i suoi attori principali, la star di Skam Italia, Ludovica Martino nel ruolo di una giovane ragazza madre, e Marco Leonardi nel ruolo di un sacrestano omosessuale.
Il mio posto è qui ha già conquistato la critica, che lo ha accostato per temi e intenti a C’è ancora domani di Paola Cortellesi. É stato presentato anche al Bif&st 2024, dove ha ottenuto i premi per la migliore regia e la migliore attrice.
Cristiano Bortone e Daniela Porto, hanno soddisfatto le svariate curiosità degli spettatori, soprattutto per quanto riguarda la genesi dell’idea che sta alla base del film. Tutto è partito dalla realtà: un aneddoto che la madre della regista ha raccontato alla figlia, circa la figura di un uomo gay che negli anni ’60 organizzava matrimoni. È il personaggio interpretato da Marco Leonardi, co-protagonista a tutti gli effetti al fianco di Ludovica Martino.
Il mio posto è qui: il rapporto tra due emarginati, Marta e Lorenzo
Il mio posto è qui porta in scena un rapporto di amicizia e supporto alquanto atipico: Marta, una giovane ragazza madre, e Lorenzo, uomo maturo, oltre che sacrestano omosessuale della parrocchia del paese nella Calabria degli anni ’40. Inizialmente tra i due c’è indifferenza e quasi astio: Marta, così come gli altri compaesani, giudica negativamente Lorenzo per il suo orientamento sessuale. Qualcosa però comincia a cambiare nel momento in cui la giovane riceve una proposta di matrimonio riparatore (il suo ex futuro marito è morto in guerra, lasciandola madre di un bimbo di cinque anni), da un signore molto più grande di lei.
La famiglia di Marta è sollevata dall’arrivo di questa proposta, che la ragazza in un primo momento accetta. Senza accorgersi che non si tratta altro che di una perpetuazione della violenza e degli schemi maschilisti, espressione di una più generale cultura patriarcale. Figlia, quest’ultima, di secoli di soprusi e ricatti, anche di natura sessuale.
A questo punto ha inizio l’azione – mai impositiva, ma sempre dimostrativa – di Lorenzo, che si avvicina a Marta, perché volenteroso di aiutarla a prendere in mano la propria vita. Da emarginato, in quanto omosessuale riconosciuto nel paese (ma pur sempre uomo, dunque con maggiore libertà rispetto a una donna), a emarginata sulla base di un pregiudizio di natura sociale. Lorenzo agisce realizzando una sorta di passaggio di testimone nella volontà di cambiamento e incarnando due anime solo apparentemente contrapposte, in realtà facce della stessa medaglia. Capro espiatorio di una piccola comunità prima, e insegnante di vita, a favore di una giovane donna, dopo. Si tratta di un personaggio multiforme, motore di gran parte dell’azione ne Il mio posto è qui. E sicuramente ispiratore delle decisioni altrui, che animano la trama nel loro accadere.
L’emancipazione attraverso la cultura: l’oggetto della macchina da scrivere
È la cultura il veicolo privilegiato di emancipazione ne Il mio posto è qui. Il messaggio è particolarmente chiaro: non ci può essere libertà senza la cultura. Quest’ultima, infatti, permette lo sviluppo di un pensiero critico, unica arma di difesa da un mondo chiuso, che vive di pregiudizi e modalità di relazione basate su prevaricazione e violenza.
Il primo contatto di Marta verso una nuova consapevolezza di sé è quello con Lorenzo, ma subito dopo con il Partito Comunista. Qui le donne leggono, pensano, parlano e agiscono. Marta fino a quel momento ha servito, taciuto e silenziato qualunque tipo di pensiero potesse prendere forma nella sua testa. Le donne del PCI, così come il sacrestano Lorenzo, ancora una volta, non impongono il loro pensiero ma lo mostrano attraverso esempi di vita pratica. Un modo diverso, da come si è sempre fatto, di vivere la vita, è davvero possibile. Si tratta di una modalità che è scelta attiva di conduzione della propria esistenza.
Da ultimo, la macchina da scrivere. L’oggetto, pur nella sua semplicità, è in grado di innestare un cambiamento dalla portata rivoluzionaria nel microcosmo interiore di Marta. Connettore in sé, ma anche a livello di significato, di molte scene, la macchina da scrivere è il primo strumento pratico che permette alla giovane Marta di differenziarsi dallo stile di vita e relazionale della propria famiglia, a favore del coraggio mostrato nel mettersi alla prova di fronte a nuove sfide. É solo l’inizio di un percorso lungo e travagliato di emancipazione, che deve necessariamente servirsi di alcuni alleati. Primo tra tutti Lorenzo, ma non è l’unico. Marta si affida alla madre del suo ex futuro marito morto in guerra, per nascondere la macchina da scrivere a casa sua e utilizzarla per esercitarsi, ogni qual volta questo risulti possibile.
Un “grazie”, scritto a macchina da Marta nei confronti di questa signora è l’esito pratico di tale alleanza, colmo di gratitudine vera, perché mai pretesa, ma solo, chissà – forse – augurata. Una donna che aiuta un’altra giovane donna: qualcosa, effettivamente, sta già cambiando.
Spiccare il volo verso la libertà e una vita nuova: Il mio posto è qui dona speranza
Marta è pronta per la sua nuova vita, che non può che avere inizio con una fuga. Il pubblico assiste a una seconda nascita della protagonista, che ora per la prima volta è donna. La cultura, nella forma dell’oggetto della macchina da scrivere a cui la protagonista, con uno slancio di coraggio, si è affidata, l’ha formata e forgiata. Adesso Marta sa fare qualcosa. Ha definitivamente smesso di rappresentare un trofeo per un uomo che ha deciso di sposarla, e rinchiuderla in una casa, puntando al suo possesso.
Lorenzo è ancora lì, ed intende rimanere in Calabria. Il sacrestano, infatti, non è in gabbia: ha già affrontato i suoi mostri e i pregiudizi. Il suo compito è quello, ancora dopo Marta, di far vedere il mondo diversamente, così che altre giovani ragazze possano rinascere donne, consapevoli del loro specifico valore umano. Se Lorenzo ha mostrato a Marta che desiderare e sognare è possibile, la giovane ha agito in prima persona, seguendo quella traccia. Da lui amorevolmente suggerita.
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