“DOCtorCLIP è da alcuni anni il festival che Roma dedica al rapporto tra poesia e video. Tra gli eventi in programma in questa edizione, una serata speciale a cura di Silvia Moretti ha reso omaggio all’opera e alla figura straordinaria quanto ancora misconosciuta di Gianni Toti, scrittore e giornalista militante, sperimentatore delle possibili connessioni tra linguaggi artistici (o semplicemente “poeta coSmunista” come amava definirsi).”
DOCtorCLIP è da alcuni anni il festival che Roma dedica al rapporto tra poesia e video, crocevia di strade artistiche in cui – a legger da programma – <<la parola diventa celluloide, immagine-movimento, non solo confinata nei luoghi di proiezione, ma diffusa nelle architetture>> tramite video-installazioni, reading e performance live.
Approdato quest’anno nelle sale del Nuovo Cinema Aquila, la manifestazione nata nel 1997 come “romapoesia” si è allargata adesso ad una dimensione più ampia, prevedendo un concorso internazionale, e la presenza di ospiti importanti come John Giorno e Giacomo Verde.
Tra gli eventi in programma, una serata speciale a cura di Silvia Moretti ha reso omaggio all’opera e alla figura straordinaria quanto ancora misconosciuta di Gianni Toti, scrittore e giornalista militante, sperimentatore delle possibili connessioni tra linguaggi artistici (o semplicemente “poeta coSmunista” come amava definirsi) e, dagli anni ’80 in poi, autore “poetronico” di “VideoPoemOpere” in cui l’arte elettronica si mescola con la poesia, con l’astrazione d’origine pittorica, con carrelli e panoramiche d’ascendenza cinematografica, con un uso spesso sincopato dei suoni e delle parole.
Facente parte inizialmente del ristretto e vitale gruppo degli sperimentali televisivi nella Rai ancora non (ab)battuta dalle necessità dell’audience, Toti – esempio di cervello errante forse anche volontariamente in fuga – ha poi trovato all’estero – in Canada e in Francia soprattutto – i finanziamenti, le suggestioni e le attrezzature adatte per proseguire la sua ricerca.
I tre lavori proposti durante la serata – L’origInédite (1994, 18′), costruito intorno al dipinto L’origine du monde di Courbet, Acà Nada (1998, 27′) a partire dal “qui niente” che pronunciarono i primi conquistadores spagnoli giunti sulle coste della terra che da questa esclamazione prese il nome di Canada, e La morte del trionfo della fine (2002, 23′), ribellione allegorica contro le ideologie le religioni e le paure che da esse derivano – appropriatamente introdotti come camere mentali dell’autore, sono stati l’opportunità per individuare alcuni tra i tratti ricorrenti del processo creativo del videoartista romano scomparso nel 2007.
Sempre dotato dello spregiudicato coraggio di ritenersi libero di vagare in maniera letteralmente “inaudita e mai vista” nel “non già dato” , Gianni Toti ha sempre agito nella e sulla tela del linguaggio come una sorta di Penelope che fa e disfa in continuazione, ritornando ciclicamente su sé stesso, riavvolgendosi per ricapitolarsi e forse ritrovarsi già cambiato solamente nello e dallo spazio-tempo che intercorre tra l’inizio e la solo presunta fine dell’opera (da qui forse l’attitudine a risalire sempre all’origine-cominciamento del discorso ogni volta che, all’interno dell’opera stessa, ci si avvia verso i titoli di coda).
Pescando da una cultura umanistica e scientifica molto vasta, ogni lavoro di Toti si avvale di un eccezionale multilinguismo (francese, spagnolo, inglese, italiano, latino, sanscrito e ancora altro), che poi è solo uno dei tanti fattori che formano la stratificazione plurima del dei suoi testi audio-visivi, sempre in bilico tra significante e significato, anzi pressoché sul baratro (salvifico?) del non voler significare proprio un bel niente, in un uso, appunto, “dissennato” della voce che diventa (o torna) puro suono, arrivando a “farsi vedere” (nel buio della sala), e di una tessitura elettronica delle immagini e dei colori che arriva a farsi “sentire” attraverso le palpitazioni che provoca nel nostro sistema percettivo.
E ancora, quasi nume tutelare sempre presente, la larga ironia di chi ha trovato la giusta distanza, quell’ironia che ritorna sovversiva nel de-cantare lento e ritmato la lunga lista dei credits e dei ringraziamenti, scandendo bene le sillabe e ancora compiacendosi più con l’udito che con il cervello, con schermo già completamente nero e pubblico pronto a fuggire lontano.
L’omaggio al Cinema Aquila è stata anche occasione per render nota ad un pubblico più vasto la notizia dell’apertura della casa totiana, luogo-casa-laboratorio in cui è raccolta la quasi totalità delle opere di Gianni Toti.
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