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Netflix Film

‘Orphan first kill’: quando l’orrore incontra il suo doppio

A distanza di quindici anni il prequel di "Orphan", il cult horror ispirato ad una storia vera che scosse l'opinione pubblica, ora disponibile su Netflix.

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orphan first kill

Tutti gli appassionati del genere dovrebbero ringraziare la Midnight Factory per il prezioso contributo che apporta nella distribuzione di molto cinema horror che altrimenti non avremmo la possibilità di conoscere. La loro azione sul mercato interno ha un carattere – oltre che economico, s’intende – quasi di natura divulgativa. Diverse opere underground di alto valore artistico ci sarebbero estranee senza la loro mediazione, in assenza di altre realtà italiane che si occupino di questo terreno così fertile ma evidentemente anche così spaventoso.
Uscito in Italia direttamente in home video il 18 Maggio, Orphan: first kill avrebbe forse meritato un’uscita in sala. È anche vero che i risultati del botteghino non sono stati particolarmente incoraggianti, avendo il film incassato globalmente 40 milioni di $, mentre l’originale, uscito nel 2009, quasi il doppio, attestandosi a 78 milioni circa. Questo potrebbe sicuramente aver spaventato i distributori italiani, mai particolarmente audaci nella scelta dei loro cataloghi quando si tratta di cinema dell’orrore, deboli anche di un pubblico reticente al cinema di genere e forse reticente al cinema in generale.
Da poco disponibile su Netflix, il film si trova nella classifica dei  più visti, forse ad indicare che una possibilità l’avrebbe meritata.

Orphan: First kill la Trama

Siamo in Estonia, nel 2007. Leena (Isabelle Fuhrman) è detenuta all’interno di un ospedale psichiatrico. Affetta da ipopituitarismo, una rara condizione ormonale che condiziona la crescita, nonostante la sua età adulta sembra una bambina di appena dieci anni. Sfrutta questa sua condizione, la faccia d’angelo e le fattezze di fanciulla, per approfittarsi delle persone che la circondano. Ruba, inganna, uccide.
Come desiderosa di una rivincita sul destino, che l’ha intrappolata in un corpo che non le appartiene, non si preoccupa delle conseguenze delle proprie azioni. È tanto lucida e furba quanto spietata e feroce. Riesce a fuggire dalla detenzione seducendo una guardia e, convincendone un’altra, si presenta come Esther, una bambina americana scomparsa qualche anno prima nel Connecticut. Riesce così a varcare i confini europei iniziando il proprio personale sogno americano, in una nuova famiglia dove viene accolta con diversi gradi di contentezza: mentre il padre (Rossif Sutherland) sembra riscoprire la gioia di vivere grazie al ritorno della figlia, la madre (Julia Stiles) ed il fratello (Matthew Finlan) iniziano a dubitare della sua identità. Dubitano perchè, forse, già sanno che lei non può essere la vera Esther…

Orphan first kill

Isabelle Fuhrman e Julia Stiles in una scena del film

Le origini del male tra pericoli e fallimenti

Il regista William Brent Bell (The Boy, L’altra faccia del diavolo) si è cimentato in un’opera complessa per sua stessa natura: saper raccontare efficacemente la genesi di un orrore, le radici che lo alimentano e ne nutrono i primi sviluppi, è sempre un’impresa ardua. Molti hanno fallito e molti di conseguenza sono i prodotti mediocri generati da questi tentativi maldestri: si pensi a Leatherface (2017), l’Halloween di Rob Zombie (2007) o Hannibal Lecter – Le origini del male (sempre 2007, anno evidentemente disgraziato per il cinema horror) e tante altre origini che forse, semplicemente, non avevano bisogno di essere raccontate.
Perché è anche questo il fascino del mistero: storie maledette senza ragione di esserlo.
Il terrore, per definizione, non segue una dialettica raziocinante né quindi precisi nessi di logica – tanto che la paura stessa, a prescindere da dove la si collochi, nel cinema o nella realtà, è libera dalle dinamiche di causa-effetto: non sempre quindi ricostruire gli antefatti si dimostra essere una scelta da encomiare.
Orphan: first kill però, nonostante sbavature più o meno evidenti durante l’intero arco narrativo, riesce ad essere un’opera coesa, con alcuni elementi tipici e necessari per muoversi abilmente all’interno di questi universi: una buona dose di violenza grafica, gratuita e assolutamente ingiustificata – elementi appunto necessari per l’intrattenimento – e un plot twist sensazionale che ribalta completamente le prospettive, sia dei protagonisti che degli spettatori.

La sospensione dell’incredulità

La scelta di confermare Isabelle Fuhrman nei panni di Esther ha fatto discutere. C’è chi lamenta che, a distanza di tempo, vederla ancora ricoprire i panni di una bambina – o presunta tale – sia inverosimile. Se infatti quando Orphan venne realizzato nel 2009 la Fuhrman aveva dodici anni, nel 2022 – noi lo vediamo con quasi due anni di ritardo – ne aveva 24, e, a differenza del personaggio che interpreta nel film, non è affetta da nessun disturbo. A 24 anni, ne dimostra 24.
E visto il budget estremamente ridotto – si parla di soli 500.000$! –  non sono stati effettuati interventi particolarmente rilevanti in termini di cgi. Per questo sono stati utilizzati trucchi che potremmo definire artigianali, dagli effetti in camera alle prospettive forzate, fino all’impiego di trampoli indossati dagli altri attori che la circondavano per accentuare la differenza di altezze. Nelle scene a campo largo invece, delle semplici controfigure – bambine vere, così le proporzioni vengono ristabilite.
Per il resto, ci si è affidati a trucco e costumi: l’attrice si presenta esattamente come nel primo film, tra treccine, nastrini e tutù rosa.

Orphan first kill

Un’immagine dal set

Un ruolo per ogni età

Per questi motivi e altri legati alla fisionomia del volto, molti hanno ritenuto Isabelle Fuhrman inadatta a ricoprire nuovamente il ruolo.
Come può credere lo spettatore, ma soprattutto come può la sua famiglia non accorgersi della differenza tra la loro Esther e un’impostora? Qui cadrebbe la sospensione dell’incredulità rendendo l’intera narrazione inverosimile. È forse invece proprio nella reazione apparentemente contraddittoria della famiglia – e nell’ottima interpretazione della Fuhrman, che ci appare angelica nei suoi occhioni tristi e nella sua voce innocente – che si trova la chiave per rendere Esther credibile agli occhi di tutti, pubblico incluso. Come potrebbe infatti reagire altrimenti una famiglia distrutta dal dolore della perdita?
Non può essere razionale la loro risposta, e anche se tutto suggerisce il contrario, che quella non è Esther, che la loro bambina si comporta in modo bizzarro (bambina dallo spiccato accento estone) a loro non importa. La loro bambina è tornata, è finalmente lì, a casa con loro, a riempire la sua stanza vuota lasciata arredata come il giorno della sua scomparsa.
Tra i tanti esempi annoverabili, Titane (palma d’oro a Cannel nel 2021) ci insegna quanto il desiderio di ritrovare un figlio perduto sia cieco anche dinanzi all’evidenza. Ecco che allora Esther diventa immediatamente credibile ai loro occhi e, di riflesso, ai nostri. Non importa quanto semplici siano gli espedienti adottati, se funzionali alla narrazione.

Orphan first kill

Isabelle Fuhrman nei panni di Esther

Il nemico del mio nemico è più cattivo

Il film è gradevole alla vista: una messa in scena pulita, buone interpretazioni – ancora un plauso per la performance della Fuhrman, che non tradisce le aspettative createsi su di lei in qualità di bambina prodigio – scene di azione sanguinolente, divertenti per la loro estrema efferatezza. Tanto gradevole – per una visione chiaramente non impegnativa – quanto mediocre in molti aspetti: prevedibile, espedienti narrativi inflazionati, scarso approfondimento psicologico dei personaggi, diverse lacune nella verosimiglianza dei fatti – qui, sì, è facile sospendere la sospensione dell’incredulità.
Il genere ci ha abituato a questi prodotti: low-budget, ripetitivi nelle soluzioni narrative e stilistiche, iperbolici e approssimativi.
Ciò che però rende Orphan: first kill interessante è il colpo di scena che spacca il film: ciò che viene svelato porta lo spettatore a dover rivalutare la propria posizione, assestandosi in un campo neutro rispetto agli eventi che seguono. Esther infatti, a fronte della scoperta di una nuova terribile verità, non appare più così mefistofelica. Addirittura si potrebbe essere portati a provare pena per lei – essendo l’unico personaggio la cui personalità viene, in parte, approfondita: come ci si può sentire, intrappolati nel corpo di una bambina, con le attitudini e i pensieri di una donna matura, incapaci di vivere pienamente la propria sessualità? Questo il dilemma che ci viene posto quando Esther inizia a provare dei sentimenti per quello che dovrebbe essere suo padre, che, come tutti invece, la guarda con occhi dolci e apprensivi.
Certo rimane una spietata assassina, ma sarà portata a confrontarsi con una realtà ancora più angosciante della sua, un segreto più doloroso di quello che cela lei, sotto nastri, polsini e ballerine.

orphan first kill

Julia Stiles interpreta la madre

In totale assenza di virtù

Ecco che quindi la condizione di Esther è subito ribaltata: da carnefice diventa vittima, dovendosi difendere per la sua stessa vita. È costretta così a confrontarsi con una realtà che anche per lei risulta orribile, tanto da leggerle l’impotenza ed il terrore in volto, quasi adesso fosse davvero una bambina indifesa in balia di angherie a cui non può sottrarsi. Lei, una spietata assassina che ha ucciso per motivi futili, con tale accanimento e tanta freddezza, ora ha gli occhi stravolti dal tormento. Quasi che si suggerisca allo spettatore di supportarla nella sua disperata lotta per la sopravvivenza.
È questo che rende il film coinvolgente e lo salva dall’essere totalmente scipito e dal futuro anonimato: lo stravolgimento del senso etico. Quando scopriamo che la crudeltà è generalizzata, che il mantenimento dei propri interessi è più importante di qualsiasi virtù, fino a soverchiare la vita stessa (di chiunque essa sia), allora la nostra bussola morale non punta più in una direzione precisa, ma ci lascia in uno stato di indeterminatezza, perplessi e dubitanti di quale sia, se esiste, il confine per salvarsi: dalla propria condizione debilitante, dal dolore della perdita, dalla follia e, in definitiva, da se stessi.

Recuperatelo, senza troppe aspettative.

Di seguito il link al trailer:

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Orphan first kill

  • Anno: 2023
  • Durata: 99 minuti
  • Distribuzione: Plaion Pictures
  • Genere: Thriller, Horror
  • Nazionalita: U.s.a.
  • Regia: William Brent Bell
  • Data di uscita: 18-May-2023