Opera prima di Alejandro Rojas e Juan Sebastian Vasquez, la presentazione italiana di “Upon Entry” all’16°Festival del Cinema Spagnolo e Latinoamericano in corso a Roma dal 5 al 12 novembre 2023. Era presente anche Bruna Cusi interprete femminile.“Upon Entry” è una coproduzione Zabriskie Films, Basque Films e Sygnatia ed è distribuito da Karma Films .Uscirà nelle sale italiane a febbraio 2024.
“Upon Entry” un film forte sulle politiche migratorie americane
Elena(Bruna Cusi), una ballerina spagnola e Diego (Alberto Ammann),urbanista venezuelano decidono di trasferirsi da Barcellona negli Stati Uniti per iniziare una nuova vita.

Il film inizia con una dedica a Donald Trump, e parla di una coppia che cerca di entrare con regolare visto negli Usa, il loro rapporto sarà messo a dura prova e entrambi subiranno un traumatico interrogatorio prima di entrare nel paese, soprattutto lui che è venezuelano. Come vi siete documentati prima di fare il film?
J.S.V. – A.R. E’ stata una ricerca facile, siamo partiti da vicende accadute personalmente a persone che ci sono molto vicine. Abbiamo pensato a traumi personali. Volevamo mostrare come un passaporto può essere diverso da un altro e questo in un posto chiuso dove c’è qualcuno che ha potere La scrittura è basata sui ricordi di quei momenti in cui ti sentivi interrogato. Inoltre, la sfida era di raccontare tutto in una sola stanza. Parallelamente, si vive la storia dei personaggi, che conosciamo meglio attraverso l’interrogatorio. Volevamo mostrare il modo di fare del potere in un luogo chiuso, che resta lì. Si tratta di un luogo non luogo, dove non si sa chi poi risponderà di ciò che accade. Comunque, succedono cose peggiori di quello che abbiamo mostrato molto spesso.
Potreste definire “Upon Entry” un thriller o un film politico?
La nostra definizione potrebbe essere “Thriller sociale”, ma certamente sì è un film politico che parla di Stati Uniti ma anche di Europa. I nostri due personaggi sono in fondo dei privilegiati ma come loro tanti partono per cercare una vita migliore negli Usa, che vuole poi sfruttare le risorse economiche dei cittadini senza mai accettarli. Vorremmo ricordare che recentemente sono stati spesi moltissimi soldi solo per cercare cinque privilegiati in un sottomarino, mentre, nulla si fa per riscattare trecento persone in un barchino che si sa bene dove sta. Questa evidentemente non la nostra storia, ma nessun cittadino al mondo può essere discriminato in alcun modo.
Bruna, ho potuto notare come nel film il tuo personaggio di Elena ballerina spagnola si esprima poco verbalmente ma tanto con il linguaggio del corpo e le espressioni del viso al contrario del tuo compagno in scena Diego (Alberto Amman). Come hai lavorato sul personaggio di Elena?
B.C. Per me, come attrice, lavorare a questo progetto è stato un vero regalo interpretativo. Questo, perché era una regia piani chiusi e vicini e i due registi davano molto valore ai piccoli gesti e agli sguardi dei personaggi. Elena non è un personaggio che dice, ma reagisce a ciò che le dicono. Io ho lavorato molto sulla struttura del personaggio. Lei era una ballerina, per questa ragione ho fatto lezioni da danza in modo tale da interiorizzare il suo mondo. Inoltre, lei come cittadina europea al contrario del suo compagno, si crede una privilegiata. Durante l’interrogatorio, si vede smontare progressivamente i suoi privilegi. E’ stato un percorso verso la sua vulnerabilità. Al contrario, devo dire che le riprese sono state molto piacevoli grazie a loro, che sono grandi registi. Non è la prima volta che lavoro in film diretto da due autori e per me, come attrice, è un’ottima cosa. Loro, durante le riprese si confrontavano spesso e lavoravano in modo molto rispettoso, anche se spesso per ragioni tecniche si dividevano i compiti. Tuttavia, non mi davano mai indicazioni contraddittorie. Gli attori sono insicuri per definizione, e non c’è nulla di meglio che avere due registi che t’incoraggiano a dare sul set il meglio di te.
Come avete gestito la regia insieme?
Già pensare con una testa è difficile, con due di più. Noi ci conosciamo da oltre vent’anni, e abbiamo referenti comuni per mandare avanti il film. Tuttavia abbiamo competenze specifiche diverse (J.S.V. si è occupato della fotografia, A. R. del montaggio). Durante la lavorazione c’è stata una totale condivisione che ha fatto sì che tutti quelli che hanno lavorato alla pellicola potessero dare il loro contributo creativo.
“Upon Entry” è ambientato durante la presidenza di Trump, credete che ora le cose siano cambiate negli Stati Uniti sull’accoglienza dei migranti?
Purtroppo no. Le cose sono più o meno uguali. Del resto anche Obama, durante la sua presidenza, aveva adottato delle regole migratorie restrittive. Per non parlare di quello che sta facendo adesso Biden a Gaza.