Il coming of age è roba da vampiri. Intervista ad Ariane Louis-Seize, vincitrice delle Giornate degli Autori
Con "Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant", la regista canadese ha vinto nella sezione dell'80esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia con un'irresistibile commedia dark di adolescenti (anche vampiri) in crisi
The world is a vampire, recitava un pezzo degli Smashing Pumpkins. Sembra il sottotitolo perfetto del film col quale Ariane Louise-Seize ha vinto le Giornate degli Autori dell’80esima edizione del Festival di Venezia. Non sappiamo se Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant — questo il titolo, spiritosamente chilometrico, della commedia dark — resterà nell’oscurità della distribuzione italiana, oggetto oscuro per gli spettatori. Ma l’auspicio è che possa trovar luce nelle sale nazionali.
Il film, un coming of age in un mondo di vampiri e umani, conta su due giovani e irresistibili protagonisti, capaci di dar sangue e credibilità ai rispettivi personaggi adolescenti. Sara Montpetit interpreta un vampiro col talento della musica (Sasha, la ragazza), mentre Félix-Antoine Bénard è un umano con propositi suicidi (Paul). Duetto brillante di angosce e desideri. Lei è tipo per favore, non farti mordere sul collo, alias vampira con l’obiezione di coscienza: non è disposta a uccidere per nutrirsi, nonostante le pressioni della famiglia. Lui, spesso bullizzato dal compagno di scuola col quale lavora in una sala da bowling, non riesce a trovare un senso alla propria vita. Strike: è proprio il loro incontro a generare senso per entrambe.
Nello stile frizzante (Jarmusch insegna), ma molto personale di Ariane Louise-Seize, in Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant s’incontrano ombra e luce, dramma e commedia, entro un appassionante twist di avventura e coming of age.
Il trailer di Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant
Il film è prodotto Art et essaicon il supporto di SODEC e Téléfilm Canada. I produttori sono Jeanne-Marie Poulain e Line Sander Egede. Il film è stato selezionato anche al TIFF – Toronto International Film Festival nel 2023. Qui la recensione di Sabrina Colangeli.
La trama di Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant
Sasha è una giovane vampira con un problema molto serio: ha una sensibilità che le impedisce di uccidere! Quando i genitori, esasperati dalla situazione, le tagliano i rifornimenti di sangue, la vita di Sasha è in pericolo. Per sua fortuna incontra Paul, un adolescente solitario con tendenze suicide, disposto a sacrificarsi per salvare la ragazza. Il loro patto, però, si trasforma in un forsennato tentativo notturno di esaudire gli ultimi desideri di Paul prima che faccia giorno. (Sinossi ufficiale)
Ci sono molti modi di girare un film con vampiri. Ogni volta c’è un tono da scegliere, una storia da raccontare. Nel tuo caso, che tipo di film con vampiri è Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant?
Penso di aver approcciato una storia di vampiri per lo più come commedia. Non dico che volessi prenderla poco seriamente, ma certo è che mi sono divertita a trattare la mia protagonista, Sasha, giovane vampira, come una qualsiasi adolescente. Volevo quindi fare un coming of age, ma con un problema da vampiri, assimilandolo a uno dei tanti problemi che hanno generalmente gli adolescenti. Sasha si trova a un bivio della propria vita e fa una specie di coming out con i propri genitori, vale a dire, annuncia che non vuole uccidere. Mi sono divertita nel creare un parallelo tra questo coming out e il risveglio sessuale.
Quindi, sì, è un film di vampiri, ma senza l’aspetto dell’horror. Volevo che avesse a che fare in qualche modo con la morte, ma ancor di più con la vita. E ci tenevo a creare personaggi vivaci, colorati. Volevo che il pubblico potesse a sua volta divertirsi con questo mix di generi.
LA MORTE LO FA BELLO
Ci sei riuscita alla grande. Ma così come ci sono molti modi di maneggiare vampiri al cinema, ci sono anche modi diversi di profilare un adolescente depresso. Mi riferisco ovviamente all’altro protagonista, Paul, che vediamo nelle prime battute del film esitare sul cornicione di un palazzo, evidentemente tentato di buttarsi di sotto. In che modo hai lavorato con la tua co-sceneggiatrice Christine Doyon alle origini di questa depressione? In altre parole, alla backstory di Paul?
Per me Paul non è una vittima. È vero che è vittima di bullismo, ma lui non si sente esattamente una vittima. È piuttosto come se non capisse gli umani. Ed è questo l’elemento chiave del personaggio. Semplicemente, non riesce a trovare senso alla sua vita, perché si sente così diverso dagli altri essere umani. Quando cerca di uccidersi, come nella scena iniziale di cui parlavi, poi non lo fa mai, perché in fondo è il suo modo di sentirsi vivo. È solo quando si sente vicino alla morte che sente qualcosa. È per questo che si è creato questo modello d’azione di avvicinarsi alla morte, senza mai morire.
Quando incrocia il cammino di Sasha, capisce di poter dare la sua vita a lei per farla sopravvivere. In altre parole, trova un senso alla sua morte. È curioso, avrà pensato che se non riusciva a trovare un senso alla propria vita, poteva almeno trovarlo alla propria morte e fare così qualcosa di significativo. È così che abbiamo creato questo personaggio. Poi naturalmente c’è il bullismo; questa dinamica è un classico del coming of age. Ma, ripeto, l’obiettivo non era quello di farne una vittima, quanto di mostrare il suo disorientamento nel mondo: Paul cerca solo di farsi strada in questa vita che non comprende, e la gente attorno a lui è piuttosto dura.
Quando a scuola qualcuno è diverso, creiamo una specie di personaggio: diciamo che quello studente è neuro-divergente. Al cinema, in questo film, non gli abbiamo mai affibbiato un’etichetta. Sappiamo semplicemente che è da qualche parte in uno spettro dei possibili caratteri, e che è diverso dagli altri.
TRA VAMPIRI E CANNIBALI
Parlare di diversità, inteso come delle unicità, dei modi individuali di essere di alcune persone, è statp fatto, di recente, con una strategia simile alla tua. Nel tuo caso, siamo in un mondo di vampiri. Ma penso a film di Julia Ducornau, come Raw; e sempre in un contesto di cannibalismo, come nel caso di quest’ultimo, a Bones and alla di Luca Guadagnino. Sono film intrisi di umanità, ma tutti ambientati in strani mondi. Secondo te come bisogna girare film del genere – e di genere – per evitare che questa dell’umano tra i vampiri, tra i cannibali, tra i mutanti, ecc., riesca davvero come film drammatico, e non diventi una specie di moda?
È vero, ci sono di recente un po’ di film di questo tipo, soprattutto quello con un coming of age nel contesto di un mondo al limite. Non è mai una buona idea iniziare un progetto solo per seguire una moda. Anche io sono stato parecchio ispirata da questo tipo di cinema. Ciò che mi tiene ancorata ad un progetto è il personaggio e il modo in cui si connette ai suoi bisogni più profondi. Cerco di restare vicino al personaggio e a tutto il suo ambiente cinematografico.
Se resti agganciato in questo modo al progetto, puoi fare quel che vuoi, anche quando si tratta di una moda. Bisogna seguire il proprio istinto, e non limitarsi a replicare qualcosa di già visto solo per essere fighi. Non posso negare di essere ispirata dai film che citavi, ma non li ho mai copiati. Piuttosto, hanno contribuito a costruire un mondo interiore da cui poi scaturisce il film.
GIRLS JUST WANNA HAVE FUN
Voglio parlare proprio di come funzioni l’istinto di un regista. Una scelta vincente di Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant è stata quella di raccontare la storia nella chiave della commedia. Si è trattata di una scelta razionale, scaturita da una profonda riflessione su ciò che volessi esprimere, oppure qualcosa di più istintivo?
Penso entrambe. Si tratta della mia prima commedia. I miei corti precedenti erano dei drama bizzarri (weird dramas, n.d.R.), con sequenze surreali. Per me, fare una commedia è stato un modo di divertirmi. Prima di scrivere questo lungometraggio, ne avevo scritto un altro, di cui non ero soddisfatta. Così, ho deciso di aspettare un po’ e di girarlo semmai in seguito. Scrivere quell’altro film è stato doloroso e il processo di scrittura è stato solitario. Poi è venuto il Covid. Ero piuttosto depressa. Volevo divertirmi. Ho chiamato una mia buona amica e le ho chiesto se volesse scrivere una commedia con me. Condividiamo lo stesso senso dell’umorismo e penso che siamo entrambe persone divertenti.
Questa è stata una scelta consapevole. Farci ridere l’un l’altra era una specie di obiettivo. D’altro canto, è bello Vedere una commedia in una tragedia, così come una tragedia in una commedia. Quando qualcosa è triste, è in qualche modo divertente, e qualcosa di divertente è in qualche modo triste. Si può giocare con quest’area grigia, in cui non sai se qualcosa sia ancora divertente. Inoltre, il pubblico è più rilassato di fronte ad una commedia. Questo dà la possibilità di parlare anche di soggetti profondi e di mettere lo spettatore nella condizione mentale di recepirlo.
TONI COMICI E TONI MUSICALI
In effetti, lo spettatore di Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant si diverte. Certo, ci sono sia risate che lacrime. Ma sulle risate, vorrei osservare come per l’effetto comico sia decisivo l’aspetto del ritmo. C’è una scena in particolare, quando hai rivisto il film, di cui sei stata particolarmente soddisfatta quanto ai ritmi di recitazione e al conseguente riuscito effetto di comicità? Una scena che fa saltare sulla sedia la stessa registsa dicendo: “ecco, questo intendevo per comico!”?
Anche qui è questione d’istinto. Intendo dire che io la co-sceneggiatrice Christine Doyon abbiamo un modo di scrivere in cui già vediamo il ritmo, il tempo della commedia. Pensavo francamente fosse più difficile trovare il tono della commedia, e invece è stato super facile. Di fatto, sono davvero orgogliosa di molte scene. Ma diciamo: c’è la scena musicale che è davvero riuscita, e tanta gente si complimenta con me su di essa (Sasha porta Paul nella propria stanza e gli fa ascoltare al giradischi il suo pezzo preferito, un pezzo piuttosto vecchio poiché, in quanto vampira, Sasha ha in realtà l’età di una vecchia, pur apparendo adolescente; i due, inquadrati frontalmente, si godono il pezzo, lasciandosi sempre più andare alla musica, sia pure scambiandosi solo timidamente qualche sguardo; n.d.R.).
Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant, Paul (a sinistra) e Sasha (a destra) nella scena dell’ascolto della canzone preferita di Sasha
Eppure non posso dire che questa sia propriamente una scena super comica, perché è girata in un’unica ripresa, ed è troppo lunga. Ma ne sono davvero contenta. Ci ho messo tempo e cura per provarla e per far trovare agli attori i tempi giusti con modi diversi di muoversi e ballare. Mi sono davvero adoperata per creare qua e là delle scintille, dei momenti divertenti. Per questo sono fiera della scena; perché, ripeto, se non l’avessi fatta provare, avrei ottenuto nient’altro che una scena lunga e noiosa, persino lenta. Invece, la gente vi reagisce benissimo. Non è il montaggio a fare il ritmo, ma il modo in cui gli attori recitano.
QUESTIONE DI FEELING
C’è un campo e controcampo in cui sembra scattare l’intesa tra i due attori che interpretano Sasha (Sara Montpetit) e Paul (Félix-Antoine Bénarde), nonché, naturalmente, tra i rispettivi personaggi: è quando si guardano – e si capiscono – all’incontro del gruppo di prevenzione dei suicidi. Questo feeling durerà per tutto il film. Ma cosa è stato più importante per ottenere un’intesa simile? Lavorare sui dettagli, come nella scena che ci hai raccontato, oppure fare all’inizio la scelta giusta di volere precisamente questi attori?
Aver scelto questi attori per interpretare Paul e Sasha. Ho fatto delle audizioni per selezionarli, e quando ho messo Sarah a interpretare Sasha e Félix Antoine nei panni di Paul, è stato un punto non-ritorno. Dovevano essere loro, perché erano in imbarazzo l’uno con l’altro, e questo corrispondeva assolutamente al tono del mio film. Ho visto il film davanti ai miei occhi, quell’aspetto divertente che cercavo nello specifico. È stato un momento fantastico. Era come se ognuno dei due non volesse abbassare la guardia con l’altro. È anche vero, comunque, che non mi sono limitata e metterli su un set e chiedere di improvvisare. Ho fatto provare le scene nel dettaglio. Così doveva essere, per ottenere il risultato finale: tutto ben calibrato. Ma devo tanto anche alla loro intelligenza di avere fatto sempre le scelte giuste. Abbiamo costruito insieme questo effetto.
LA SOTTILE LINEA ROSSO SANGUE (TRA COMMEDIA E DRAMMA)
Una volta, a un concerto jazz di una sassofonista dell’ultima formidabile generazione di Londra, Nubya Garcia, l’artista, tra un pezzo e l’altro, si è rivolta al pubblico spiegando come la musica fosse “give and take”, dare e prendere. In qualche modo si può dire questo anche del cinema. Non vorrei fare la classica domanda sulle influenze, ma ci sono riferimenti più o meno dichiarati nel tuo film, come il mumblecore, Jim Jarmusch (in particolare proprio un film con vampiri, Only Lovers Left Alive) e un’opera del 2014 quale A Girl Walks Alone at Night di Ana Lily Amirpour.
Questi sono solo alcuni rimandi del tuo complesso mondo cinematografico. Ma del take hai già parlato in diverse interviste internazionali. Vorrei chiederti del give. Un giorno qualcuno prenderà da te, e vorrei sapere cosa ti senti di aver dato di personale nella tua elaborazione del filone vampiresco. Cosa può prendere un autore dalla vincitrice della Giornata degli Autori Ariane Lous-Seize nel film Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant?
O mio Dio! Questa è davvero difficile (ci pensa per diversi secondi, n.d.R.). Magari il fatto di aver giocato con la mescolanza dei toni. Ricordo che quando ho scritto il film mi si è chiesto spesso quale immaginassi potesse essere il mio pubblico, se quello del dramma o della commedia. Ma ho difficoltà a rispondere, perché come ti dicevo è una questione di istinto. Ho trovato divertente girare questo film, così come la mia co-sceneggiatrice Christine, e penso possa fare lo stesso effetto anche sul pubblico. Mi è piaciuto soprattutto trovare queste scene in cui in un attimo si potesse passare da un momento di divertente imbarazzo a un momento di tristezza. Serve libertà per fare il film che hai in mente senza doverti per forza inserire in una categoria. Ma non sono davvero sicura di aver risposto alla tua domanda… forse tra un anno potrai rifarmela!
MERCOLEDÌ DA VAMPIRI
Diciamo che questa è la risposta: che devo rifarti la domanda tra un anno. Vuol dire che bisogna lasciar crescere il film dentro di te. Ma quando dicevo di non voler parlare di influenze, confesso che mentivo. C’è una singola cosa che voglio chiederti, perché a me non risulta che tu ne abbia mai parlato, eppure la sensazione di déjà-vu per me è stata forte. La primissima scena del film, con la famiglia riunita, mi ha ricordato l’effetto freaks della Famiglia Addams, con Sasha che anche fisicamente sembrava in versione Mercoledì. A ben Vedere, poi, il tema è tipico di Tim Burton: un personaggio con qualche unicità fortemente umana in un contesto gotico\mostruoso. Ma ripeto, non ti ho mai sentito elaborare questa possibile relazione. Te ne chiedo per pura curiosità.
Capisco assolutamente il tuo riferimento, ma confesso che non ci ho pensato. Soprattutto dal punto di vista visivo, Tim Burton non è una mia fonte d’ispirazione, non nelle intenzioni. Non posso escludere che fosse presente in qualche parte del mio immaginario, nel mio paesaggio cinematografico. Tuttavia, non ci ho pensato coscientemente.
Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant, Sasha da bambina nella primissima parte del film
È però interessante che tu chieda questo, perché in un singolo episodio c’è qualcosa che potrebbe ricordare Tim Burton. Si tratta della scena del biscotto (nella prima parte del film, in una scena si assiste a Sasha che suona da ambulante e riceve monetine dai passanti, ma qualcuno al posto dei soldi le lascia un singolare biscotto di forma circolare con spirali all’interno; la ragazza non può mangiarlo, perché si nutre solo di sangue; n.d.R.). Il production designer doveva realizzare il biscotto in un certo modo, e mi ha suggerito questo biscotto con la spirale che in qualche modo veniva dall’universo di Tim Burton. Mi è subito piaciuto.
Qualcosa di Tim Burton c’era, anche se un singolo particolare.
Forse più di qualcosa. È curioso anche che più di qualcuno mi abbia fatto notare come il personaggio di Sasha in qualche modo possa ricordare Mercoledì. Non era mia intenzione, ma perché no? Se più di una persona vede questo parallelo, me lo prendo.
SHOOT IN THE DARK
A proposito di aspetti visive, com’è girare un film nell’oscurità? Questo è il mondo che si suppone per vampiri. A quali scelte tecniche ti portato il contesto di Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant?
Volevamo giocarci, con l’oscurità. Ma anche con le luci, perché nel film la luce ha un ruolo narrativo. C’è un vampiro interiore che cresce dentro Sasha. Volevamo che il film fosse dark ma allo stesso tempo colorato. Attorno alla luce c’è sempre qualcosa di pericoloso. Doveva essere un effetto luce nell’oscurità. Inoltre, i visi dei personaggi dovevano essere illuminati, mentre lo sfondo doveva rimanere un po’ più scuro. Il personaggio doveva essere il punto di focalizzazione. Ci abbiamo lavorato tanto e anche in questo caso noterai che volevo una mescolanza di toni: luce e oscurità, così come commedia e dramma.
Ti chiedo qualcosa che potrebbe infine riassumere il senso del film e che ci riporta, circolarmente, all’inizio del film. Hai detto che Vampire Humaniste Cherche Suicidaire Consentant è un coming of age. Parlando con Sasha, Paul dice che le due più grandi paure sono sofferenza e solitudine. In cosa pensi che consista il coming of age dei due protagonisti? Potrebbe, in fondo, trattarsi di un tentativo di superare o quantomeno gestire queste paure?
La paura di restare soli è dovuta al fatto di non poter prevedere il futuro. Potremmo perdere le persone che ci circondano. Penso che sia la paura di tanti. Tutto ciò di cui abbiamo paura è restare soli e soffrire, vale anche per me. Anche nel coming of age c’è questo aspetto, ma è qualcosa di universale, che non riguarda solo l’età. Si tratta di una paura profondamente umana, che definirei universale. Ho 37 anni e la provo anche io, non è solo roba da adolescenti. Poi, c’è da considerare che per Sasha questa paura può essere anche maggiore, perché in quanto vampira vivrà ancora per secoli e secoli. Possiamo definirlo un elemento della sua identità vampira. Solitudine e sofferenza fanno parte di lei. Il fatto che anche Paul provi questo fa sì che i due s’incontrino.
Grazie per questo incontro. Ho sentito la stessa energia che promana il tuo film. E direi anche lo stesso stile!
Grazie a te. Le domande erano davvero interessanti.
Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
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