È ora su Prime Video Talk to Me, lungometraggio d’esordio dei fratelli Philippou. I due giovani si sono fatti conoscere su Youtube per i loro cortometraggi deliranti. Ma avranno fatto centro col salto sul grande schermo? Scopriamolo insieme.
Talk to Me è stato prodotto da Screen Australia e Causeway Films, ed è distribuito in Italia da Midnight Factory, etichetta di Plaion Pictures specializzata nell’horror.
La recensione di Talk to Me: i limiti invalicabili
Talk to Me è un titolo che parte da una semplice premessa: esistono dei limiti che non possono essere superati? E se sì, quali sono? Una domanda che sembra avere una risposta scontata, ma che va esplorata a fondo per poter comprendere al meglio tutte le sfaccettature che la risposta si porta dietro. Secondo i fratelli Philippou i limiti esistono, e superarli è una condanna che minaccia non solo il piano materiale, ma anche quello spirituale di una persona.
Fatta questa premessa, Talk to Me ci porta per mano oltre questi limiti, e lo fa attraverso la storia di Mia (Sophie Wilde), una giovane che ha da poco perso la madre e che fatica ad elaborare il lutto. Alla storia di Mia si intrecciano quelle della sua migliore amica, Jade (Alexandra Jensen) e del fratellino di quest’ultima, Riley (Joe Bird). La prima sta vivendo una pseudo storia d’amore con il primo amore di Mia. Il secondo è soffocato nella crescita personale dalla sorella e dalla madre, maniaca del controllo.
Un dramma sociale
Adesso è il momento di inoltriamoci nel modo in cui la coppia di registi esplora le varie situazioni messe in scena. Talk to Me è un dramma che parla dei problemi dei giovani di oggi. L’incomunicabilità generazionale e transgenerazionale, la difficoltà nell’elaborazione del lutto e il confronto con il dolore proprio e altrui, e infine la noia, piaga sociale dei tempi moderni. Questi delicati argomenti vengono affrontati con maturità, ma, allo stesso tempo, con una superficialità che inficia il messaggio dei fratelli Philippou. Emblematiche le figure della madre di Jade e Riley e il padre di Mia. Entrambi hanno difficoltà quasi insormontabili nella comunicazione coi rispettivi figli, e provocano così insicurezze nei ragazzi, che avranno conseguenze pesanti nell’economia del film. Mia incarna invece tutte le altre problematiche in un unico soggetto. Ha difficoltà nel rapportarsi con i ragazzi della sua età, fatica a superare la perdita della madre e non riesce a gestire il dolore, suo o di altri. Queste difficoltà sono centrali nello sviluppo della trama, tanto che porteranno la ragazza a compiere gesti estremi, superando i limiti che dovrebbero essere, come si diceva, invalicabili.
Combattere la noia
Cornice del disagio è la noia. I protagonisti utilizzano la mano imbalsamata non tanto per la curiosità di scoprire cosa c’è oltre il mondo materiale, oltre la morte, ma più per passare il tempo e combattere la noia. Come un gioco da fare insieme per riprendersi e postare l’ennesima storia sui social. La mano, quindi la possessione spiritica, diventa il rimpiazzo dell’alcol e della droga. Una sequenza emblematica è quella della “festa” in casa di Jade e Riley. Proprio come nell’avvicinamento alle droghe o all’alcol la serata parte in sordina con le prime possessioni fino a scatenarsi in un susseguirsi di video e di risate mentre a turno i ragazzi si lasciano possedere innumerevoli volte fino a farsi sfuggire la situazione di mano.
Una direzione solida, ma poco incisiva
Prima di inoltrarci nella valutazione complessiva del film, è obbligatorio parlare nella recensione di Talk to Me, della direzione dei due giovani esordienti. I fratelli Philippou confezionano un prodotto solido, girato in modo semplice e senza grandi picchi estetici o intuizioni particolari. La fotografia non crea atmosfere particolari, mentre il montaggio alterna fasi interessanti ad altre molto meno. Le inquadrature mostrano e nascondono ciò che devono, senza puntare mai su quell’ambiguità che un film horror dovrebbe ricercare, a esclusione di un paio di scene che lasciano sicuramente col fiato sospeso. Note di merito vanno al comparto sonoro, agli effetti speciali e alle interpretazioni. Se i reparti tecnici cercano di mantenere alta la tensione da soli, non sempre riuscendoci ma non per loro responsabilità, i giovani attori rimangono sul pezzo riuscendo a essere convincenti in ogni fase della pellicola.
Talk to Me la recensione: in conclusione
Talk to Me è un prodotto discreto e un film da vedere, sicuramente. Un buon esordio per i due giovani autori che sicuramente avranno modo di affinarsi, perché il potenziale c’è. Alcuni momenti del film mostrano queste potenzialità con guizzi interessanti che lasciano qualcosa al pubblico, ma purtroppo sono momenti troppo isolati. Anche dal punto di vista tematico, le intenzioni sono ottime, ma forse c’è un po’ troppa carne al fuoco che non ha permesso lo sviluppo completo di tutti i temi, lasciati a se stessi man mano che la pellicola va avanti.
Ma il vero grande problema del titolo è che non fa paura, e non crea nemmeno quell’atmosfera disturbante che per un horror è fondamentale. Non è sicuramente il titolo horror che sconvolgerà le sale, e se avesse spinto di più sulle tematiche sociali e si fosse trasformato in un dramma puro, magari con tinte horror, avrebbe sicuramente lasciato il segno.