La 76a edizione del Festival di Locarno accoglie in concorso Baan di Leonor Teles, cineasta classe 1992 che già si era segnalata nel 2016 alla Berlinale vincendo l’Orso d’oro per il miglior cortometraggio con Balada de um Batráquio. Con Baan, il suo esordio nel lungometraggio, ritorna ad esplorare i disagi e le inadeguatezze dell’immigrato inserito nel contesto sociologico della generazione Z, attraverso un personaggio fluttuante in cerca di una sua identità in una Lisbona contemporanea che si confonde con squarci improvvisi su Bangkok, tra sogno e desiderio di un altrove geografico e interiore.
Sinossi
L. è una giovane praticante in uno studio di architettura a Lisbona, dove si è trasferita. Vive l’implosione di ingarbugliati sentimenti nella malinconia dello sradicamento, pur in una capitale accogliente e inclusiva, arrancando tra le scorie di una relazione sentimentale fallita. Giunge uno spiraglio di luce dall’incontro con Kay, canadese in trasferta da Londra a Lisbona e con un fratello a Bangkok. Così L. e Kay si frequentano con i tentennamenti della loro età e riconoscono reciprocamente l’una nell’altra due solitudini che collimano per una nuova affinità.

Baan_3© Uma Pedra no Sapato, 2023
Incontrarsi un giorno a Lisbona
Baan (casa) fin dalle prime inquadrature si configura come studio di un personaggio e persegue questo scrutare ricorrendo per tutto l’arco drammaturgico all’uso insistito della camera a mano che, senza morbosità assillante, pedina, osserva, esamina L., con il suo fisico androgino, le movenze leggiadre, la mimica limpida e profonda al tempo stesso, il suo contorno umano dove convivono grazia introversa, paura sul precipizio del nulla, curiosità per un futuro inafferrabile.
La performance prestante della protagonista, Carolina Miragaia, che accolla sulle sue esili spalle il peso di una parabola sospesa e ondivaga, permette a Leonor Teles di accordare alla sua regia (debitrice verso il cinema dei fratelli Dardenne, Wong Kar-wai e Xavier Dolan) un’introspezione più sottile e misteriosa di quanto possano esprimere le sue fin troppo collaudate strategie filmiche.
Oltre alla camera a mano che ci inoltra in una Lisbona ariosa e a tratti inconsueta per vivacità cosmopolita, si indugia su primi piani che aspirano inevitabilmente a diventare paesaggio dell’anima, riprese volutamente sconnesse e nervose e soprattutto una rifinita e sfaccettata fotografia di attraenti bagliori notturni, cromatismi saturi, immagini sgranate, ad opera della stessa Teles, che qui mette a frutto il suo lavoro pregresso come cinematographer in cortometraggi e documentari.

Baan_6© Uma Pedra no Sapato, 2023
L’erranza della nostalgia
Più che un affresco generazionale tramite un ritratto di femminile di desiderio e irrisolutezza che si fa alfiere di un disagio epocale, Baan compone una poetica condivisibile dell’intermittenza interiore su una miniatura di donna che fluttua nella identità sessuale in fieri, alla ricerca di un posto nel mondo, tra rabbia e sogno.
Si intravedono le aporie della generazione Z, con la sua connettività perenne e contorta sui social network (esemplare la scena in cui L. scrive, cancella, riscrive, lascia in sospeso messaggi per Kay, senza saper mettere ordine ai suoi pensieri), con i suoi ripiegamenti di inadeguatezza e decentramento che rendono Baan un percorso di conoscenza con approdi ancora da costruire, nell’esilio di giovani cervelli in fuga privati dalla rifugio sentimentale di una ‘casa’.
Risentendo di limiti ancora acerbi come l’esilità di una trama senza vere epifanie, l’approccio filmico già sperimentato da tanti autori (tra cui il gusto per l’erranza caro al cinema delle nouvelle vague europee e l’asimmetria figurativa delle inquadrature), soluzioni narrative abusate (primo fra tutti il finale sospeso), il film riesce comunque a sviscerare tematiche ruvide nel connubio tra precariato e migrazione, sessualità senza pregiudizi e solitudine social, con uno punto di vista sincero e accorato, con una cinepresa limpida e introspettiva che apre agli incontri inaspettati della vita, alla tenerezza del perdersi e del ritrovarsi.