Devoti tutti è presentato all’Ortigia Film Festival.
Dal 3 al 5 febbraio di ogni anno, la città di Catania festeggia la sua patrona, Sant’Agata. É considerata la terza festa religiosa più importante al mondo. Ogni anno nella città sicula più di un milione di devoti festeggiano quella che è la celebrazione del simbolo della città.
Per i cittadini è un’icona di fede, di coraggio e di speranza. Ma cosa penserebbe la vera Sant’Agata se vivesse nel presente, e vedesse come la sua immagine viene applicata nella società contemporanea? Bernadette Wegenstein, regista di stampo femminista, esplora questa idea nel suo ultimo film, Devoti Tutti.
Sant’Agata viene considerata una martire. Fedele cristiana, nel 251, dopo che rifiutò i tentativi di seduzione da parte del proconsole romano Quinziano, venne accusata di vilipendio della religione di stato, ai tempi religione pagana. La ragazza venne quindi torturata, e il suo seno venne rimosso tramite l’uso di tenaglie.
In seguito venne condannata al rogo, ma mentre scontava la sua condanna a morte un terremoto fermò il processo. Morì in prigione poco dopo.
Ancora tutt’oggi la sua devozione è mantenuta, ma quanto è davvero pertinente questa celebrazione, rispetto alle sofferenze che lei subì?

Santi e umani
Il film esplora due dimensioni. La prima è una reale, mostrando il pensiero di uomini, donne e bambini catanesi, pone una luce sull’importanza che possiede la santa per la città, e mostra la festa che ogni mese di febbraio si rinnova.
La seconda è invece fantastica, proveniente dall’immaginario della regista, e ciò è caratterizzato da un lavoro d’animazione tramite rotoscopio, che esplora un’Agata non santa, ma umana. Doppiata dall’attrice Donatella Finocchiaro e accompagnata da seni volanti, gli stessi che le vennero rimossi durante le torture, la regista prova ad entrare nei panni di Agata, immaginandola come una giovane artista rinchiusa in una cella. Una ragazza alla ricerca di libertà e normalità, che non comprende il vero motivo per cui è così idolatrata.
Le tematiche dell’abuso, della tortura e della misoginia fanno da collegamento tra la storia di Sant’Agata e la Catania moderna. Una città che, nonostante il simbolo scelto per farsi rappresentare, continua ad avere problemi analoghi a quelli che portarono alla morte la giovane Agata. Tra dottoresse, donne che hanno subito violenze, e parenti di vittime di femminicidio, il film esplora quel lato di Catania, e in generale della società italiana, che si rifiuta di progredire, e che nonostante si associ a santi e a figure dal messaggio chiaro, ancora sembra dimostrare una incomprensione di ciò che caratterizza veramente queste figure.
