Toro Scatenato torna nelle sale in versione Restaurata

Il capolavoro di Scorsese con protagonista Robert De Niro, vincitore del premio Oscar come Miglior Attore nel 1981 proprio per Toro Scatenato, torna in sala in versione restaurata in 4K grazie alla Lucky Red. Il cult divenuto il grande classico del regista americano, tratto dal memoriale Raging Bull: My Story del pugile LaMotta, venne scritto a quattro mani da Paul Schrader e Mardik Martin. Prodotto dalla United Artists, Irwin Winkler, e Robert Chartoff, il film fu realizzato soprattutto su insistenza di De Niro e costituì il rilancio di Scorsese dopo un periodo di depressione e tossicodipendenza.

IL TRAILER

Nel cast, oltre a De Niro, troviamo un altro premio Oscar, Joe Pesci, e il padre dello stesso Scorsese, Luciano Charles. Il cineasta newyorkese si è avvalso inoltre della sua storica montatrice Thelma Schoonmaker e del direttore della fotografia Michael Chapman.

Martin Scorsese veniva da una prova non proprio esaltante con il musical New York, New York , il film che dopo  il cult Taxi Driver avrebbe dovuto consacrarlo. Ma è con Toro scatenato all’alba degli anni ’80 che il regista italoamericano va oltre la conferma di giovane promessa hollywoodiana, per meriti di autore a tutto tondo.

Troviamo ancora il suo attore feticcio Robert De Niro,  che vincerà il suo secondo Oscar, nel ruolo del pugile Jake LaMotta, per apice e le rovinose cadute del miglior (forse) pugile della storia.

La metamorfosi di De Niro e la parabola dei due LaMotta

 In Toro Scatenato troviamo tutte le caratteristiche narrative e stilistiche del duo Scorsese/Schrader: il viaggio di un personaggio a metà tra la caratterizzazione eroica e antieroica, lo scenario del Bronx sporco e violento, i rapporti del pugile con la malavita. Il film ruota tutto attorno alla mutazione del LaMotta deniriano, del caduta e della declino di una stella. Scorsese ci mostra LaMotta pugile immenso e un uomo sui 50 anni gestore di night club squallidi dove fa il cabarettista.

L’immedesimazione di Robert De Niro col personaggio di LaMotta è totale e anche di più rispetto a quanto fece vedere col Trevis di Taxi Driver. L’attore italoamericano si annulla, dimagrisce, ingrassa, vive il suo ruolo col corpo da pugile navigato a quello di ex lottatore di mezza età ingrassato. E qui c’è tutto il neorealismo alienante dei personaggi scorsesiani, la parabola esistenziale dei suoi interpreti. LaMotta ha una tendenza autolesionista ad autodistruggere tutto ciò che fa; il suo enorme talento deve convivere con una personalità complicata e altamente instabile. Scorsese ci mostra la palestra dove si allena, il ring dove diviene campione del mondo, fino al declino quando si guadagna da vivere recitando monologhi inconsistenti. Il personaggio di LaMotta , come si sol dire, si portava il ring a casa applicando le regole del pugilato anche alla propria vita privata.

 Il Ring come metronomo dell’Esistenza

 L’insegnamento dell’attaccare per primo e stendere l’avversario al tappeto non è altro che una metafora violenta e primitiva della sua esistenza, con cui LaMotta credeva di vincere (anche) sulle uniche persone che stravedevano per lui. Dal fratello e manager Joey (interpretato da Joe Pesci) all’amore della sua vita Vickie. In ciò la caducità della narrazione di Scorsese si spinge a descrivere un uomo solo perché voleva essere solo, ostinato nel cercare in ogni persona il nemico da battere e da stendere.

La sua personale filosofia di vita lo porterà tra vittorie e sconfitte a un altro mantra di Scorsese molto evidente nel suo cinema, ossia la constatazione del tempo che passa e degli sbagli che solo un uomo che ha perso tutto può riconoscere. Emblematica la scena finale del film con un LaMotta, in un camerino vuoto, che guarda se stesso allo specchio, si vede fuori forma, appesantito nel vestito elegante, solo e fuori da tutto, constatando un’amara realtà: ormai nessuno punta più su di lui.

Lo specchio riflesso del pugilato in un’opera neorealista

 Ancora una volta le potenzialità di Martin Scorsese accompagnano di pari passo la centralità della distruzione del suo protagonista: sulle note della Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni, LaMotta si allena, si prepara sul ring al rallentatore in una visione cinematografica di vivo realismo. Un bianco e nero morbido incalza il montaggio fatto di progressioni in cui Scorsese si dimostra un ottimo tessitore di storie, con una struttura temporale a salti e a capitoli dove il tempo del flashback e del presente si mischiano in una congiunzione narrativa che non sbava mai, pienamente dentro la costruzione del viaggio, della consapevolezza distruttiva che Scorsese vuole darci.

L’uso dei carrelli e la fissità delle inquadrature ci riportano una tragedia neorealista in cui il personaggio di Robert De Niro ricerca la redenzione disperatamente, ma senza mai volerla veramente, e ciò perché inesorabilmente non c’è catarsi o via di fuga per I’ex pugile. Un film intimo ma scorsesiano fino al midollo, un’opera dal suo esordio inclusa nell’albo d’oro della storia del cinema moderno.

Toro Scatenato Il trailer del capolavoro di Martin Scorsese