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Reviews

‘Mediterranean Fever’ di Maha Haj, non ci resta che ridere tra palestinesi

Migliore sceneggiatura nella sezione Un Certain Regard di Cannes 2022, il film della regista palestinese si muove con leggerezza e profondità tra commedia, dramma e suspense, in mezzo ai conti in sospeso della Storia e agli affari personali di due amici fragili

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Jalaal e Waleed uno di fronte all'altro su sfondo della strada a mezzo busto

Una commedia drammatica un po’ thriller“. No, quando la regista Maha Haj definisce così il suo Mediterranean Fever, migliore sceneggiatura a Cannes 2022 (Un Certain Regard), non si tratta di schizofrenia: il bel film della regista cineasta vive davvero di più anime. Brillante e imprevedibile, può far ridere, anche se non a crepapelle; e turbare, facendo pensare che qualcuno dei protagonisti possa crepare. Di certo, è un film che ha a che fare con un pesante turbamento psicologico: la depressione del protagonista Waaled, scrittore col blocco di vivere, più che col blocco dello scrittore. Ma il malessere è anche sociale, identitario: il film è girato ad Haifa, occupata da Israele dal 1948, con un terzo della popolazione ancora palestinese. Frustrata, a buon diritto. Gli occasionali passaggi dalla lingua araba a quella ebrea sono rivelatori della linea di confine cancellata. L’uggia del mare mosso e il cielo d’autunno, su questa border line, fanno tanto umore disturbato.

Sotto questo cielo, Waaled (Amer Hlehel) farà conoscenza di un piccolo truffatore, Jalal (Ashraf Farah), pieno di vita e venuto a vivere nello stesso condominio. Quasi un piccolo boss in salotto. I due fanno amicizia, e lo spettatore fa amicizia col film. Poi – vogliate gradire l’anima bipolare – il buddy movie prende una svolta suspense. Per una sceneggiatura così, leggera e profonda, da far venir la voglia di chiedere il bis a fine film, Maha Haj non deve aver avuto, certo, il blocco della scrittrice.

Il trailer di Mediterranean Fever

Il film è prodotto da Baher Agbariya (Majdal Films), Thanassis Karathanos, Martin Hampel (Pallas Film), Juliette Lepoutre, Pierre Menahem (Still Moving), Marios Piperides, Janine Teerling (Amp Filmworks), in associazione con Metafora Production. Distribuito da Trent Film.

La trama di Mediterranean Fever

Waleed, 40 anni, palestinese che vive ad Haifa con la moglie e i due figli, coltiva le sue velleità di scrittore in giornate interminabili senza ispirazione. Un giorno arriva nel suo condominio un nuovo vicino, Jalal, amante della musica, della compagnia, e di piccoli traffici loschi. Superata la diffidenza iniziale, i due uomini diventano ben presto amici inseparabili. (Sinossi ufficiale)

Umor(ismo) nero

All’inizio è umorismo nero, poi sarà per lo più umore nero. La prima scena di Mediterranean Fever, ancora intercalata dai titoli di testa, è tutta nella testa di Waleed. Lo scomposto cadavere di una donna anziana viene rimosso da alcuni inservienti. In fondo alla stanza le volgono le spalle, affiancati sulle loro poltrone, Waleed e il figlio della donna. Ne nasce una conversazione surreale, in cui quest’ultimo prova a consolare l’altro, in colpa per averla spinta e fatta cadere fatalmente.

Quando è caduta avrebbe potuto morire o no. Vedi? È stata lei a morire.

Nella luce bluastra e fumosa della fotografia di Antoine Héberlé, si capisce che è un sogno: Waleed deve svegliarsi per accompagnare a scuola il figlio, già pronto da ore. Se non fosse che, per chi soffre di depressione ,alzarsi dal letto è tremendamente difficile. È un prologo che stabilisce certo tono medio del film, quasi da Woody Allen mediorientale. La depressione del protagonista è avvolta egualmente dalla nebbia di una malinconia latente e da luminosi squarci di umorismo e di vita. Quanto è giusta quella citazione da Cechov:

Oggi è una così bella giornata…! Non so se bere una tazza di tè o impiccarmi.

Febbre da cacciato

E poi c’è la questione palestinese. È una febbre che consuma Waleed. Non basta, a misurarla, l’ambientazione ad Haifa, una delle città della Nakba, l’esodo forzato che i Palestinesi considerano catastrofe nazionale. I riferimenti sono disseminati sintomaticamente, sin da quando, a colazione, Waleed corregge in arabo la figlia che parla ebraico, come farà più avanti anche con la madre. Oppure quando promette al figlio di parlare con la temuta maestra di Geografia, la signora Randa, che aveva indicato in Gerusalemme la capitale d’Israele, per darle una lezione di Geografia e Storia.

Non sono inserti ideologici, bensì scene coerenti alla narrazione e alla profilatura di Waleed: depresso, sì, ma funzionale, attivo e interessato alla politica. Così, quando c’è da compilare il modulo – in ebraico – dalla dottoressa russa, che diagnostica al figlio di Waleed una possibile febbre mediterranea, alla voce “nazionalità” la risposta è “araba”, ma soprattutto, alla voce “religione”, dopo le reticenze iniziali, Waleed replica “palestinese”. Va ribadito: Mediterranean Fever non è un film a tesi; ma quanto è teso il protagonista palestinese tra israeliani, o palestinesi indifferenti.

Vicini di dramma

Mediterranean Fever è un passo a due, e la temperatura non salirebbe se non fosse per l’ingresso in scena dell’altro protagonista, Jalal. Maha Haj racconta di aver scelto senza esitazioni Ashraf Farah, i cui lineamenti da Clooney di Palestina s’intonano al fare scanzonato, ma pronto a drammatizzarsi di questo compagno di merende di Waleed. Merende vere e proprie, s’intenda: i due fanno amicizia bevendo caffè e mangiando torte. Entrambe sono padri affettuosi e presenti, nonostante i rispettivi demoni da esorcizzare. Di entrambe la regista indaga i personal affairs – tanto per citare il film del 2016 di Maha Haj, giustappunto su “palestinesi che vivevano in Israele, in Cisgiordania e in esilio”. Ma ci sono modi diversi di vivere la frustrazione di essere palestinesi in Israele. Ce lo raccontava in un’intervista sul film di resistenza Alam, dalla Festa del Cinema di Roma, il regista palestinese Firas Khoury: c’è il passivo, l’arrabbiato, l’impegnato.

Mediterranean Fever, Waleed a sinistra e Jalal a destra durante una merenda a tavola

Mediterranean Fever, Waleed (a sinistra) e Jalal (a destra) da compagni di merende

Lo racconta, a modo suo, anche Mediterranean Fever, in una gustosa scena notturna. Jalal porta a spasso i cagnacci neri da malavitoso – in fondo, forse, buoni cagnoni. Un po’ come lui: criminale di cuore, come nella scena in cui, dopo aver riscosso il pizzo, dà la mancia al ragazzo per fargli comprare le scarpe. Can che abbaia non morde. Ebbene, Waleed gli abbaia contro, quando Jalal gli racconta dell’incidente di un SUV a Zionut, usando, cioè il nome “sionista” della strada: “si chiama Al-Jabal”, fa Waleed, riprendendo il nome arabo pre-occupazione.

Jalal: Ah, è uno di quelli!
Waleed: Cioè?
Jalal: il tipo da Giorno della Terra e quel genere di cose (….) La Palestina può ficcarsela nel culo.

Mediterranean Fever, passeggiata notturna di Waleed mentre Jalal siede su una panchina coi cani

Mediterranean Fever, un litigio di notte prima di fare amicizia

Pure, la lontananza “supposta” dal proprio vicino di casa è solo apparente: in qualche modo, entrambe sono febbricitanti e in sofferenza. Vicini di dramma.

L’erba del vicino è sempre più nera

Allorché Waleed intravede i loschi affari di Jalal, nella vera svolta svolta drammatica di Mediterranean Fever, gli chiede di aiutarlo a trovare un sicario. Facile supporre a quale vita Waleed voglia porre fine. Mentre la pressione su Jalal aumenta per pagare alcuni debiti, i due uomini si avvicinano ancora di più. Patiscono le medesime disperanti claustrofobie, si logorano per simili insicurezze. Non giudicarmi, cerca di capirmi, è quanto a turno si dicono i compagni. Chissà che allo specchio Waleed non veda, nella propria immagine offuscata, qualcosa del nuovo migliore amico.

Mediterranean Fever, Waleed guarda la propria immagine riflessa in uno specchio appannato

Mediterranean Fever, Waleed guarda la propria immagine riflessa in uno specchio appannato

Così, a mo’ di I’ll be your mirror, la febbre dell’uno si specchia in quella dell’altro. Così lontani, così vicini. Anche con due belle famiglie, con mogli e figli amorevoli, c’è da star male nella Palestina che non c’è. Ma non per questo, da tradizione narrativa del Medio Oriente e del Nord Africa, mezzo sorriso, acidulo, spunta anche nel convulso finale. Tra disequilibri identitari e personali, un perfetto equilibrio cinematografico. Sappiamo benissimo dove andrebbe ficcato Mediterranean Fever: possibilmente, in qualche corso universitario sul Medio Oriente contemporaneo o in qualche masterclass di sceneggiatura cinematografica.

 

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Mediterranean Fever

  • Anno: 2022
  • Durata: 109'
  • Distribuzione: Trent Film
  • Genere: Commedia, drammatico, noir
  • Nazionalita: Palestina, Francia, Cipro, Germania, Quatar
  • Regia: Maha Haj
  • Data di uscita: 27-April-2023