La legge di Lidia Poët. Ancora una serie italiana Netflix dopo le recenti La vita bugiarda degli adulti di Edoardo De Angelis e Tutto chiede salvezza di Francesco Bruni.
Alla regia: Matteo Rovere e Letizia Lamartire. Guido Iuculano e Davide Orsini sono creatori e sceneggiatori.
Prodotta da Matteo Rovere, una produzione Groenlandia.
Una narrazione fresca, semplice. Ritmo sostenuto, che sembra voler amalgamare generi diversi, con un distacco leggero e a tratti divertito.
La legge di Lidia Poët La trama
Torino, fine 1800. Una sentenza della Corte d’Appello dichiara illegittima l’iscrizione di Lidia Poët all’albo degli avvocati, impedendole così di esercitare la professione solo perché donna. Senza un quattrino ma piena di orgoglio, Lidia trova lavoro presso lo studio legale del fratello Enrico, mentre prepara il ricorso per ribaltare le conclusioni della Corte.
Lidia assiste gli indagati ricercando la verità dietro le apparenze e i pregiudizi. Jacopo, un misterioso giornalista e cognato di Lidia, le passa informazioni e la guida nei mondi nascosti di una Torino eccessiva e contraddittoria. (Trama ufficiale del film).
La legge di Lidia Poët. Matilda De Angelis as Lidia Poet in episode 101 of La legge di Lidia Poët. Cr. Lucia Iuorio/Netflix © 2023
La legge di Lidia Poët Diritti negati a Lidia e a tutte le donne
Fa sorridere nella sinossi ufficiale l’espressione ‘solo perché donna’. Come se appartenere al genere femminile, a fine Ottocento, non fosse già una menomazione sufficiente per sbarrare le porte della professione, e quella dell’avvocatura, poi, così delicata. Come potrebbe una donna assumersi la responsabilità del destino altrui quando non è affatto indipendente? Ecco, questa è l’argomentazione più in sintonia con la realtà di allora. Quella che appare meno ridicola, perché coerente con la totale mancanza di diritti e di riconoscimenti.
Anzi, c’è da chiedersi come la vera Lidia sia riuscita a laurearsi in legge. Puoi fare la maestra, le suggerisce il fratello, O sposarti. Forse è proprio al contrasto tra la mentalità di allora e le esigenze di Lidia che s’ispira il tono di questa serie. Avrebbe potuto scegliere il dramma, come per altre eroine romantiche, anticipatrici di un femminismo visionario. E invece no; è talmente assurdo il divario tra il desiderio di realizzazione di una donna e la sua epoca che per regista e sceneggiatori la soluzione narrativa migliore è stata quella di amplificare i comportamenti di lei e rendere grottesca la rigidità delle regole sociali.
Pensiamo che la legge sul delitto d’onore è stata abrogata solo (e qui il solo è d’obbligo) nel 1981, il nuovo diritto di famiglia inserito nel 1975, quello di voto alle donne nel ’46. Quale apertura avrebbe potuto esserci nel 1883 per le donne?
Lidia Poët Una donna libera e anticonformista
E quindi Lidia (Matilda De Angelis) può solo agire fuori dai condizionamenti. Il suo personaggio entra in scena niente di meno che con un orgasmo. Sappiamo fin dall’incipit che si concede un amante, che vive da sola, che non ha i soldi per pagare l’affitto. Presto sarà costretta a farsi ospitare dal fratello, fingendo sottomissione e imponendosi come collaboratrice, unica maniera possibile per continuare a lavorare.
Della femminilità, Lidia utilizza tutte le risorse: dalla seduzione all’intuito, dalla malizia alla compassione, dalla perseveranza alla flessibilità. Porta con sé la ferita del disamore genitoriale, soprattutto paterno; per cui, diffida dei legami duraturi, ma già dal suo primo incontro con Jacopo (Eduardo Scarpetta) che le somiglia per stravaganza, immaginiamo quanto le sue difese saranno messe a dura prova.
Eppure, il dramma è stemperato giocando con un anticonformismo estremo: Lidia impara ad andare in bicicletta, ordina del cognac al banco di un locale, entra ed esce dal carcere per parlare con i suoi assistiti, elegantissima nelle sue mise dai colori sgargianti. Occupa spesso una posizione centrale nella scena, anche nella locandina che la vede tra il fratello e Jacopo, con i piedi sulla scrivania. Postura e sguardo da vincente.
Lidia. (L to R) Eduardo Scarpetta as Jacopo Barberis, Matilda De Angelis as Lidia Poet, Pier Luigi Pasino as Enrico Poet in episode 103 of Lidia. Cr. Lucia Iuorio/Netflix © 2022
Fabula e intreccio degli episodi
Nelle puntate de La legge di Lidia Poët, l’intreccio non la fa da padrone. Le storie sono per lo più semplici. Ogni episodio un caso da risolvere; raramente si accenna al passato di Lidia, con appena qualche flashback sulla sua infanzia e prima giovinezza. Vicende per lo più lineari e secondo i canoni polizieschi: l’omicidio in apertura, tutti i sospetti sul presunto assassino, scarcerato quando Lidia scoprirà quello vero. La pistola di Checov sempre pronta a sparare. Una chiave, una collana, un biglietto del treno: dettagli che basta avere la capacità di leggere nel giusto significato.
Poliziesco, avventura, racconti gialli e rosa, noir, drammi all’insegna di una lievità che fa bene all’umore. Tutto in una luce moderna, una cifra visiva pop (afferma il regista Matteo Rovere) che avvolge ogni scena di un fascino particolare, rendendo il passato storico meno polveroso e piegandolo gradevolmente alla contemporaneità.
La colonna sonora
Accompagnare una narrazione ambientata nel passato con sonorità moderne non è un’idea nuova.
Ci ha già pensato Susanna Nicchiarelli in Miss Marx, in cui nella storia ottocentesca si inseriscono i testi di Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo con Downton Boys, per attualizzare i contenuti.
Anche la serie Netflix Peaky Blinders sottolinea le azioni epiche dei fratelli Shelby, e di Tommy in particolare, con la voce di Nick Cave & The Bad Seeds nella sigla, e la musica di diversi compositori per le diverse stagioni. Con pezzi blues, folk, rock e punk, per dare contemporaneità ad azioni e sentimenti, vecchi di un secolo, suggerendone l’attualità.
Le svolte narrative di Linda Poët sono accompagnate da una musica elettronica a sottolinearne l’inquietudine e da motivi rock per esprimere i suoi momenti di rabbia.
Invece “La colonna sonora riserva ai personaggi maschili tratti più ironici, rappresentati da chitarre, mandolini, percussioni e contrabbassi, esprimendo così la furbizia della protagonista nel condurli verso il proprio gioco”, afferma Massimiliano Mechelli, curatore della colonna sonora.
Accuratissima, come sono accurati dettagli e visioni d’insieme in tutta la serie (ambientazioni, scenografie, costumi), Una serie che vuole essere e rimanere leggera, ma mai assolutamente frettolosa. Tutt’altro!
Interessanti note di regia (di Matteo Rovere)
Per riportare sullo schermo questo carattere abbastanza unico, ho adottato ottiche larghe e ho lavorato con la camera bassa per enfatizzare il rapporto tra il suo volto e il suo tempo. Con shot ampi si ottiene un racconto molto cinematografico, ma che al tempo stesso ci permette di vedere la nostra protagonista in relazione al contesto nel quale vive. Lidia è un personaggio rivoluzionario, ma allo stesso tempo è stata espressione di quegli anni, e registicamente ho provato a far sentire questa sensazione.
Avvicinare emotivamente questi personaggi così forti e caratterizzati sia tra di loro, sia con chi guarda, è stato un altro obiettivo che ho cercato di percorrere anche attraverso movimenti diversi, legati all’emotività della specifica sequenza. Camera a mano, steady a volte molto complessa o integrata con i dolly, technocrane che potessero entrare letteralmente nelle scene non solo action dando ritmo, senza però perdere mai il cuore e il fuoco sui nostri protagonisti.