Presentato al Torino Film Festival, fuori concorso nella sezione Ritratti e Paesaggi, arriva in sala il documentario The Beat Bomb scritto e diretto da Ferdinando Vicentini Orgnani. Nel documentario compaiono Lawrence Ferlinghetti, il protagonista, Jack Hirschman, Amanda Plummer, Joanna Cassidy, Michele Placido, Tony Lo Bianco e Paolo Fresu che ha curato le musiche del film.
La produzione è di 39films in coproduzione con Luce Cinecittà.
The Beat Bomb: la trama
Girata tra Roma e San Francisco, la pellicola racconta l’esperienza di amicizia del regista con Lawrence Ferlinghetti, poeta e talent scout della Beat Generation nonché editore dei suoi autori.
Il film è un viaggio che parte dal 2007 e segue Ferlinghetti fino a dopo la sua morte (a quasi 102 anni) nel 2021. Un percorso in cui si incontrano tutti i suoi più grandi colleghi come Jack Hirschman, Amanda Plummer e Joanna Cassidy e si evocano anche alcuni protagonisti della Beat, come ad esempio Jack Kerouac.
Si parla anche di politica e di anarchismo e della necessità di rivedere il nostro mondo dominato da un complesso militare industriale che fa della società un gruppo di persone immerse nella povertà e privo di una guida culturale capace di farsi avanguardia.
The Beat Bomb è un viaggio che tocca tantissimi temi e osserva Ferlinghetti da tutti i punti di vista fino a lasciarcelo percepire, alla fine del film, come ancora presente, tanto dirompenti sono le sue parole, le sue bombe. Alla fine del film vediamo il pubblico di uno spettacolo a Roma inondato da fogli scritti con le sue poesie, anzi “bombardato”, come dirà Michele Placido dal palco.
Si può anche non conoscere la poesia di Ferlinghetti e imparare a farlo con The Beat Bomb che, fornendoci lo sfondo culturale necessario, stimola la curiosità sulle sue parole e ci inizia a un grande autore di un’epoca di cui è stato uno degli artefici: la Beat Generation. Un movimento culturale fuori dagli schemi che ha guidato uomini come Ferlinghetti a leggere il mondo con occhi distaccati dal comune sentire.
I temi in The Beat Bomb
Il poeta è stato anche titolare di una libreria anarchica, come la definisce lui stesso. E parlando di anarchismo ricorda l’indole pacifista del movimento: niente a che fare con il terrorismo di cui si è fatto portatore successivamente.
È lo sguardo di un uomo pronto a inchiodare la sinistra americana alle sue responsabilità, per aver abdicato alla sua ideologia spostandosi sempre più verso posizioni moderate. È il caso di Obama che, ricorda Ferlinghetti, prosegue semplicemente le guerre di Bush.
Un percorso che ci mostra il poeta tra (presente, il presente in cui lui è vivo nelle sue parole) e il passato, in cui lui esiste anche fisicamente, in continui salti temporali che non stordiscono affatto lo spettatore. Si ha anzi la percezione di quanto ancora sia vivo Ferlinghetti, non solo nelle parole di chi lo ricorda a inizio film con le sue testimonianze, ma anche nelle parole dello stesso poeta e attraverso i suoi dipinti (perché ricordiamo è stato anche, persino prima di essere pubblicato come poeta, un grande pittore).
Il passato raccontato da The Beat Bomb e da Ferlinghetti è un passato non privo di problemi sociali, ma la forte presenza culturale degli autori della Beat Generation ha presidiato, in qualche maniera, le cose e ha impedito derive nefaste.
Nel Documentario c’è tanto di musica e Il jazz, in particolare. Ignorato da tutti inizialmente fino a poi essere considerato emblema della Beat fatta con gli strumenti musicali.
E c’è poi San Francisco, una città difficile, piena di problemi sociali, aiutata dalla stessa comunità di artisti di cui fa parte Ferlinghetti. La cultura che batte anche il degrado sociale purtroppo imperante e oggi senza più nemici.
La comunità Ferlinghetti
Un altro aspetto centrale è l’energia della sua comunità. L’attenzione in molte parti del film viene catalizzata dal movimento che si è creato attorno a lui anche in sua assenza. Questa è la più grande testimonianza dell’importanza del lavoro del poeta nel mondo. Lungi dall’essere momenti di distrazione all’interno del film, questi sono la rappresentanza plastica dell’influenza delle sue parole.
“Ha creato quella libreria che attirava tutti lì, come una gigantesca vagina. Era un vortice di vitalità”
La regia
Lo stile della regia è sobrio: poco montaggio, macchina a mano, voce fuori campo del regista catturata in presa diretta da dietro la macchina da presa. Inquadrature frontali, senza grandi ritocchi di post produzione.
In The Beat Bomb c’è anche una bella alternanza di materiale visivo. Non solo le immagini girate dal regista nel tempo, ma anche filmati di repertorio e fotografie. Questo genera dei cambi di formato nell’immagine che aiutano a percorrere nel tempo la storia raccontata e a mantenere l’eco della voce di Ferlinghetti percepibile ancora oggi a un anno e poco più dalla sua morte.
Il regista con questo film arricchisce la sua già ricca filmografia fatta di grandi personalità e grandi soluzioni ai problemi del mondo.
The Beat Bomb è un film che fa piovere parole sullo spettatore, parole come bombe senza fuoco, pronte a esplodere di fantasia nelle nostre menti e giungere a una profonda conoscenza di uno dei più grandi autori della storia letteraria e artistica.