A Venezia 79, nella sezione Giornate degli Autori, è stato presentato in concorso Stonewalling, della coppia sino-nipponica composta da Huang Ji e Ryuji Otsuka.
Un film drammatico, ultimo in ordine cronologico di una trilogia che potrebbe avere altri seguiti, nata con la regista cinese Huang Ji ed incentrata sulla figura della protagonista femminile di Lynn, ora ventenne, seguita nel suo percorso di vita dall’età di dodici anni.
L’ostruzionismo che il corso degli eventi induce verso scelte cruciali
La ventenne di bella presenza Lynn, giunta dalla periferia in una grande città per farsi strada come assistente di volo, si ritrova incinta e assediata dal dubbio se interrompere o meno una gravidanza che potrebbe comprometterle ogni programma inerente la sua futura professione.
E se il fidanzato non la incoraggia certo a continuare il percorso per divenire madre, ancora peggio fanno i genitori allorché la ragazza decide di tornarsene nella casa natia, ove costoro gestiscono una clinica specializzata in medicina tradizionale.
Costoro cercheranno di indurre la figlia a cedere il neonato, una volta partorito, a terzi, lucrandone un profitto.
Ma la decisione per Lynn sarà tutt’altro che scontata.
Stonewalling – la recensione
Nel film della coppia Huang Ji e Ryuji Otsuka, che utilizza per la terza occasione la medesima interprete non professionista della trilogia iniziata da Huang Ji, domina la freddezza lacerante con cui la giovane affronta le problematiche che la affliggono, sempre ed in modo imperterrito volta a trovare il modo di privilegiare il lato economico su ogni parvenza di affettività che pare latitare sia dal punto di vista amoroso, sia ancor più da quello familiare.
I sentimenti infatti paiono latitare nello Stonewalling, in cui la durezza di cuore pare trapelare al di là di quanto già suggerisce il titolo piuttosto azzeccato.
I due coniugi registi danno vita ad un film scientemente duro e freddo. Un monito nei confronti di una smania consumistica tutta occidentale dalla quale, tuttavia, i due cineasti non riescono a smarcarsi al di là di illustrarne gli straniati effetti nocivi prodotti sulla personalità e sulla capacità degli individui che popolano la storia di provare ancora qualche briciolo di umana pietà.
Ecco dunque che il film sembra percorso da androidi programmati per raggiungere uno scopo che nulla ha mai a che fare con una realizzazione che non abbia risvolti meramente materiali e lucrativi.
Il problema del film risiede tuttavia nel fatto che l’argomento trattato appare piuttosto statico e la denuncia eccessivamente impersonale o non sufficientemente animata da un minimo di pathos. Non è facile fare breccia nell’animo di uno spettatore che si ritrova spiazzato e letteralmente pietrificato dalla freddezza di fondo che domina la cruda e spietata vicenda.
Il film è stato girato nell’arco di ben 10 mesi seguendo da vicino eventi di vita che (secondo stessa ammissione dei registi) contengono un buon 80% di storia vera ed un piccolo residuo di contorno narrato, se visti dal punto di vista della protagonista, e un residuo di verità, se considerato dalla opposta prospettiva, Stonewalling comunica freddezza totale di sentimenti e la pietrificazione dei valori familiari più comuni, ma evidentemente per nulla scontati.
Stonewalling il film alle Giornate degli autori