Christophe Honoré non è solo un regista. È uno scrittore, un regista teatrale, un drammaturgo… E si vede. Presentato nel 2019 a Cannes, nella sezione Un Certain Regard, L’hotel degli amori smarriti (Titolo originale: Chambre 212), adesso su MUBI, è valso a Chiara Mastroianni il premio di migliore attrice. Ma c’è di più, molto di più. L’Hotel degli amori smarriti è un film intriso di magia, romanticamente nostalgico e profondamente intimo.
La trama de L’hotel degli amori smarriti su MUBI
Maria (Chiara Mastroianni) è un’insegnante di legge all’università. È sposata da oltre vent’anni con Richard (Benjamin Biolay), ma la monotonia della vita coniugale l’ha portata, nel corso degli anni, a tradire più volte il coniuge. Un giorno la verità viene a galla. Maria decide quindi di passare una notte fuori casa per decidere cosa fare della sua vita. Prende una stanza nell’hotel di fronte a casa, la camera 212.

I fantasmi del passato
Colta la moglie in flagrante, Richard afferma: “Gli uomini non sposano mai la donna che dovrebbero sposare”. Da questa frase, si dipana un’intima e profonda riflessione che tira le fila di tutto il film. Argomento? Il passato. Ho fatto le scelte giuste? E se avessi scelto diversamente?
Di fronte a queste domande, inevitabilmente, il passato riemerge, più nitido che mai, a tratti perfino letale. Ciò che Maria affronta, nella notte trascorsa nella camera 212, è un viaggio a ritroso. Ripercorre le scelte fatte, gli errori commessi e le vittorie conquistate. Il suo è un flusso di coscienza che la mette spalle al muro e che la costringe a scontrarsi con il passare del tempo. Come è cambiato il suo rapporto con Richard? Com’è cambiato Richard? Com’è cambiata la stessa Maria? Ora crede fermamente che 2 + 2 faccia 4. È cinica, e disillusa. Ma un tempo non era così. Un tempo avrebbe fatto di tutto per dimostrare che 2 + 2 potesse fare 5. L’unica certezza è che dal passato non c’è via di scampo. Prima o poi bisogna farci i conti. È un passaggio obbligato, per capire a che punto si è arrivati e come ripartire.
Il potere del cinema
Linguaggio meta-cinematografico? Può essere. Sicuramente lo è. Ma non solo. L’hotel degli amori smarriti è un inno al cinema.
Non è un caso che sotto l’hotel e la casa dei coniugi ci sia proprio l’entrata di una cinema. Honorè usa la settima arte come strumento per ripotare in vita il passato dei suoi personaggi e per costruire un dialogo tra passato e presente. È un portale. Così come lo sono porte e finestre per permettere ai personaggi in gioco di muoversi. Un po’ come in A Christmas Carol, qui è il passato a portare avanti la narrazione. Per gran parte della narrazione, Maria e Richard sono semplici spettatori e innocenti vittime, ora dei loro pensieri ora delle loro proiezioni mentali.