La gioia di una madre nel ritrovare il figlio scappato di casa senza lasciar tracce di sé, induce la donna a testimoniare il falso pur di scongiurare di riperderlo per sempre. Emily Watson è la ragion d'essere di un thriller familiare fosco dalle efficaci e suggestive ambientazioni marinare
Presentato all’ultima Quinzaine des Réalisateur di Cannes 75, arriva al Cinema il suggestivo e drammatico film irlandese God’s Creatures, Creature di Dio, diretto a quattro mani dalle registe Saela Davis e Anna Rose Holmer.
Il film vede protagonisti Emily Watson e Paul Mescal, con Aisling Franciosi, Toni O’Rourke e Declan Conlon.
Creature di Dio la trama
In un paesino di pescatori circondato da un mare quasi sempre agitato e minaccioso, la tragedia dell’ennesimo annegamento di un giovane in mare aperto fa posto alla lieta notizia del ritorno a sorpresa del figlio di una tenace lavoratrice (la sempre ottima Emily Watson) addetta alla lavorazione del pescato.
Scopriamo che il figlio si era recato anni prima in Australia, facendo perdere notizie di sé, a seguito di qualche suo comportamento non proprio limpido, ma non chiaramente specificato.
L’idea del ragazzo è quella di riportare in vita l’allevamento di ostriche che suo padre, morto da tempo, aveva impiantato su un tratto di costa afflitto da una costante e periodica alternanza di maree creando così un più ideale habitat per allevare quella pregiata tipologia di conchiglie.
Ma, quando un particolare fungo si mette a contaminare le prime specie allevate, costringendo a distruggerne buona parte, ecco che l’entusiasmo del ragazzo sprofonda. La sua indole di persona senza controllo delle proprie azioni riemerge così ai danni di una vecchia fiamma del ragazzo che lo denuncia come autore di una violenza.
L’amorevole madre del giovane, pur di salvare il figlio da quella che lei ritiene una ignobile accusa non fondata, finirà per convincersi a scagionarlo testimoniando il falso.
Durante un altro evento luttuoso la verità verrà amaramente a galla.
La recensione
Più che la vicenda in sé, tutto sommato non propriamente originale, è l’ affascinante location a rendere il film particolarmente suggestivo ed interessante.
L’ambientazione in un tratto costiero da una parte pescoso e foriero per l’economia locale, ma che presenta anche concreti pericoli per una popolazione marinara che, per tradizione, si ostina a non imparare a nuotare (considerato un atto che porta sfortuna e richiama i peggiori eventi ) rende decisamente più vitale ed interessante questa sorta di thriller sofferto ed indagatore. Una pellicola che cerca di sondare nella mente e nella psiche dei suoi personaggi, protesi ognuno a cercare di scagionarsi l’un l’altro anche senza volersi minimamente assicurare dell’eventualità che le accuse mosse non siano suffragate da una sacrosanta quanto inaccettabile verità dei fatti.
Nel cast , scelto in modo pertinente e credibile, brilla l’unica vera star del gruppo, ovvero la bravissima Emily Watson, indimenticata protagonista di gioielli d’autore come Le onde del destino, Gosford Park, Le ceneri di Angela, e Ubriaco d’amore.
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