Apparso per la prima volta in Europa al Florence Korea Film Festival del 2021, come una tra le occasioni per celebrare la bellissima e bravissima diva coreana Moon So-ri (è stata la musa del grande regista coreano Lee Chang-dong in Peppermint Candy e soprattutto in Oasis), a cui il festival ha dedicato una retrospettiva, Three sisters fa ora parte dei pezzi forti dell’Asian Film Festival 19, che si sta svolgendo proprio in questi giorni al Cinema Farnese di Piazza Campo De’ Fiori a Roma.
Three sisters: la trama
Un viaggio necessario per raggiungere la città natale, dove è deceduto il capostipite che le ha messe al mondo, costringe tre sorelle diverse tra loro, sia fisicamente che caratterialmente, a tornare a frequentarsi, condividendo nella difficoltà del caso le tragicomiche circostanze che le accompagnano nell’atto di raggiungere la casa del padre.
In tal modo si configurano tre tipi totalmente distinti di donna: una madre single con appresso figlia adolescente problematica, da una parte. Una bellissima madre e moglie di famiglia apparentemente perfetta e super organizzata con il figlio ipernutrito ed obeso, interpretata dalla bella e brava diva coreana Moon So-ri, dall’altra. Infine, una terza sorella, grande pure lei, ma immatura come una teenager che non vuole assumersi le responsabilità dell’età adulta.
Tutte e tre saranno costrette a ritrovarsi, facendo riemergere le storie che le hanno allontanate, ma consentendo anche una sorta di chiarimento scambievole, in grado di creare una base più solida per un tentativo di ricongiungimento.
Di fronte a loro, una fauna maschile di inetti o di persone senza carattere, se si eccettua l’anziano zio, fratello del defunto, che emerge su tutta la specie maschile come unico individuo in grado di serbare ancora un carattere che, per quanto difficoltoso e pieno di spigoli, riesca ancora ad essere considerato come tale.
Three sisters: la recensione
Il film di Seung-Won Lee si trasforma presto in un road movie, in cui il viaggio, che costringe le tre sorelle, più un fratello inaffidabile, a condividere, senza poterlo evitare, uno spazio vitale limitato e quasi claustrofobico, finisce un po’ alla volta per creare le basi concrete per porre fine al disfacimento inevitabile a cui si era avviato il variegato e poco unito nucleo familiare.
La vicenda appare validamente raccontata, sviscerando i vari personaggi, ognuno dei quali ha modo e spazio per far comprendere allo spettatore il proprio stato d’animo ed il cruccio che più lo assilla.
La realtà luttuosa dei fatti costringe a un ritorno verso il luogo natale, restituisce piccoli frammenti di antichi legami e armonie in grado, forse, di salvare il salvabile e rinsaldare quel che ancora può essere recuperato. 7/10.
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