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Reviews

‘Ailleurs Partout’, il viaggio di un rifugiato iraniano attraverso l’Europa

Ailleurs, Partout è un documentario realizzato da Isabelle Ingold e Vivianne Perelmuter. Rappresenta il peregrinare fisico ed emotivo di un giovane rifugiato iraniano attraverso testimonianze da diverse fonti.

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Ailleurs, Partout è un documentario del 2022 realizzato da Isabelle Ingold e Vivianne Perelmuter. Il film è stato presentato all’On The Road Film Festival di Roma.

Ailleurs, Partout – La recensione

La frammentarietà che ci trasciniamo dietro nell’agonia di una ennesima transizione storica in forma di zavorra ingombrante e onerosa, resa ancor più opprimente per il motivo che essa ci era stata offerta come una opportunità affine a una autentica liberazione. La frammentarietà artatamente camuffata, cioè, da prontezza, subitaneità, inderogabile aderenza ai tempi permea di sé molteplici aspetti della contemporaneità, non ultimo la suggestione che passa per il tentativo di restituirla per il tramite di un flusso di immagini originate e sequenziate dalla mediazione tecnologica proclive a rielaborarne tanto la già sfuggente ambivalenza semantica quanto la preziosa filigrana di testimonianza di stretta attualità in continuo divenire.

Ardito esempio, benché non originalissimo, di ciò che potrebbe essere definito trans-umanesimo digitale. L’esempio è giocato sulla scommessa di comporre l’algida impassibilità del linguaggio binario dei pixel. Un diffuso tappeto sonoro caratterizzato per lo più da parlottiì sommessi, blande interferenze e sparuti rumori frutto delle attività quotidiane. L’itinerario fisico ed emotivo è vissuto qui da un giovane sapiens come fuga dalle proprie radici. Suo malgrado è sottratto agli affetti e a lungo ostaggio nel limbo di una costante, solipsistica e burocratica indeterminatezza. Sarebbe il caso che si tenessero alla larga, quindi e per dire, sia gli immelmati nel realismo che gli araldi delle narrazioni.

Ailleurs, Partout – La raccolta di materiale

È questo il breve (63 primi) film della coppia Iugolde/Perelmuter teso a raccontare la storia. O forse, sarebbe meglio dire, illustrare evocando, visto il taglio espressivo scelto, come accennato prioritariamente impostato sulla giustapposizione di brevi sequenze. Ci sono fermo immagine, contati e di preferenza antelucani squarci di paesaggio, quelle e questi repertati in Rete. I frammenti sono reperiti tra le pieghe della infinita mole di materiale sedimentato nella memoria artificiale di telecamere di sorveglianza sistemate ai crocevia, nelle strade e nelle piazze, lungo i tronchi autostradali, nei parcheggi dei centri commerciali, nei dintorni di banche e negozi o all’interno dei più vari esercizi pubblici.

A  ciò si sovrappone – spesso letteralmente – a mo’ di scampolo di residuale reviviscenza umana, il dialogo a tre voci. Esso è scandito da conversazioni telefoniche, ricordi estemporanei, laconiche impressioni, elucubrazioni spesso scorate, reiterati colloqui di natura formale con l’Autorità. Essa è in genere quella preposta all’eventuale riconoscimento dello statuto di rifugiato. Ciò viene rappresentato tramite brevi annotazioni diaristiche affidate a una voce femminile relate a una possibile, inaspettata amicizia. La purtroppo assai comune, oggi come oggi, epopea di un individuo – il suo nome è Shanin Parsa, ventunenne iraniano. Per ragioni religiose risoltosi ad abbandonare il paese di origine e infine approdato in Gran Bretagna, dopo peripezie durante anni, superate le quali, attraverso Turchia, Serbia e Grecia, alcuni soggiorni in prigione, stenti, lavori passeggeri. C’è un soffocante senso di alienazione, smessi i panni di eterno richiedente asilo, comincia a intravedere un futuro praticabile.

La rappresentazione dello spazio

Ailleurs, Partout è perentorio nella volutamente pedestre e quasi aritmetica monotonia di angoli disadorni e bui provati dal gelo o dalla pioggia. La monotonia assomma, volendo, remote quanto pertinenti analogie con gli straniamenti nervosi dell’ultimo Godard. Ci sono repulsive vie solitarie, raccordi tentacolari illuminati dal sempre atroce neon giallognolo così conforme agli avvilimenti e alla melanconia. E ancora, pellucide figure colte durante un frettoloso attraversamento pedonale o nelle fissità inebetite percolanti dall’implacabilità dei cicli produttivi.

Misurato nel proprio solo suggerito chiliasmo impregnato della solitudine/rassegnazione/fallimento che esala dal contrasto traumatizzante (“Le immagini non restituiscono mai l’atmosfera. Ed è in quella che viviamo”). Ciò colpisce coloro a diverso titolo esclusi dal miraggio Occidentale al momento di constatare de visu la distanza abissale che esiste tra la sua staticità cadaverica, sempre più a fatica dissimulata dallo scintillio fricativo del Denaro e delle Merci, e il riflesso condizionato della riproposizione trionfalistica della sua rappresentazione.

La conclusione

Ailleurs, Partout, ossia “Altrove, ovunque” risuona e adatta, da par suo – e dal momento che ogni nesso, seppur minimo, ha un suo gradiente poetico – ai frangenti delle planetarie incomprensioni culturali e delle lontananze non solo geografiche, la tenace spossatezza baudeleriana (appunto: “Any where out of the world”). Ma pure, mettiamo, la fascinazione cara a Chlébnikov per le Città del Futuro (“Lugubri come sgherri o congiurati/come un enorme cappello calcata sugli occhi una nuvola/si ergono notturni grattacieli”). Mutua da Baudelaire l’esausto sentimento, parente stretto di un investimento morale deluso, nei confronti di una pacificazione interiore e collettiva attualmente fuori portata, oltreché di continuo tradita. Riecheggia dal secondo l’occhio allo stesso tempo arreso e beffardo per le trasparenze torbide e le insidiose comodità appuntate come ricami seducenti su quell’abito moderno che, tempo fa, abbiamo con prontezza indossato assecondando la via via crescente presunzione che ci avrebbe donato chissà quale privilegiata inattaccabilità. Abbiamo però ignorato le avvisaglie per cui, di contro, altro non avrebbe fatto, al dunque, che cingerci come il più aderente dei sudari, lasciando campo libero a quella eterogenesi dei fini che lo speranzoso Shanin conoscerà, prima o poi. Sperabilmente il più tardi possibile.

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Ailleurs, partout

  • Anno: 2020
  • Durata: 63'
  • Genere: documentario
  • Nazionalita: Belgio
  • Regia: Vivianne Perelmuter, Isabelle Ingold