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FESTIVAL DI CINEMA

Intervista a Daria Onyshchenko, visionaria regista ucraina di ‘The Forgotten’ (Zabuti)

BIFEST DAY THREE. Due domande tra una pizza e tre polpette al sugo. Il nostro 'coup de foudre' con la regista vincitrice del Premio Fellini e la sua profonda analisi dei risultati dell'occupazione russa in Ucraina

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the forgotten (zabuti)

Bifest terzo giorno. Fuori concorso “Per l’Ucraina” il film The Forgotten (Zabuti)

Coup de foudre. Tra una pizza e tre polpette al sugo, abbiamo incontrato la regista ucraina Daria Onyshchenko del film THE FORGOTTEN, un film intenso, autentico dedicato ai disastri sociali, privati e collettivi, causati dell’occupazione nei territori di guerra in Ucraina.

Forte attualità e sconcertante visionaria realizzazione sono le parole chiave del film. Girato nel 2018 e uscito nel 2019, la pellicola è la conferma di come gli artisti, i registi, coloro che sviluppano una sensibilità superiore, data anche dalla cultura e all’apertura mentale, riescano a parlare in anticipo di anni e in modo visionario di ciò che accadrà.

La sera precedente Daria, commossa dall’affetto barese e non solo, sulla meravigliosa cornice del palco del Petruzzelli, ha ricevuto il premio Fellini. Felice Laudadio, direttore artistico assieme ad Enrico Magrelli, ha sostenuto che se Fellini fosse in vita avrebbe di sicuro condiviso questo premio a suo nome con lei.

Noi con lui e con tutto il popolo ucraino.

Il film The Forgotten (Zabuti)

Il film si apre con opere d’arte intercettate nella guerra. Maria Kulykovska, performer e artista, vestita come un separatista, apre il film. Indossa un rossetto rosso, una parrucca nera. Nessuno è in grado di riconoscerla. Imbraccia un fucile e spara alle sue sculture, fatte di sapone balistico, una ad una. In queste opere di un’artista innovativa, c’è qualcosa di magico, una grande forza femminile, una potente energia.

Le pallottole staccano braccia, colpiscono il cuore, perforano corpi e arti. La performance di Maria ripercorre e rimette in scena quello che è accaduto alle sue sculture, fatte in Donetsk, nel 2014 e che rappresentano la tragedia di una guerra ibrida, incomprensibile che ha già tolto migliaia di vite e ancora continua nell’Ucraina dell’est.

Questa storia è dedicata alle persone deportate, emigrate dell’Ucraina dell’est e della Crimea, così come a tutti coloro che vivono, anzi sopravvivono in territori occupati contro la loro volontà. Mostrando la realtà così com’è, senza nascondere i fatti, la regista riesce a rimanere neutrale e a creare un film molto bilanciato.

“Era importante -sostiene – far capire che anche nei territori occupati la gente ha sogni, speranze, cerca di vivere l’amore e pensa a un futuro”.

L’intervista a Daria Onyshchenko regista del film The Forgotten (Zabuti)

GSS: nel tuo film si disvelano molti spazi architettonici, industriali. Ci dici qualcosa dei non luoghi, aree dismesse, industriali spesso distrutte che si vedono. Quanto erano fondamentali nello script, parlando appunto di territorio, nel senso sia di appartenenza che di luogo fisico, seppur bombardato, ferito. Inerisce ovviamente anche all’identità artistica e culturale dell’Ucraina colpita. O sbaglio?

DO: Di sicuro uno degli intenti è che volevamo mostrare le aree dismesse e anche il corrispondente tempo perduto. Il nostro direttore della fotografia, Erol Zubčević è bosniaco. Usa uno stile molto vicino al documentario, quindi le locations sono state molto importanti per noi e stiamo stati così più realistici possibile. Lo stile vicino al documentario si è visto anche nell’uso della luce, cercando il più possibile di usare quella naturale, mostrando le zone a 360 gradi, in modo molto libero.

GSS: La religione che ruolo ha in tutto questo?

DO: Io sono atea, ma anche se non lo fossi vedo, difficile il perdono in questa fase. Temo che siamo di nuovo come nel 1939, la propaganda che si sta trasformando in qualcosa di più pericoloso. La religione infatti è un tema molto importante. Il regime di Putin diffonde la propaganda nelle chiese e i sacerdoti di periferie russe insegnano ai bambini come si usa un Kalashnikov, perché così, fin da piccoli li preparano per una grande guerra verso il ‘malvagio occidente’ con Europa e Stati uniti inclusi.

Per anni, dal 2014, l’Europa ha ignorato ciò che accadeva, ma far crescere una generazione con questo odio significa creare una fase pericolosa per tutti noi, anche per l’Italia.

In Russia tutti ormai parlano di liberazione dell’Ucraina dal ‘malvagio occidente’ e non si deve sottovalutare questa situazione perché può arrivare e diffondersi in tutto il mondo visto che in Francia, ma anche in Italia e Germania ci sono diversi gruppi radicali sostenuti dal denaro russo. Ciò potrà avvenire ovunque con le forze politiche sponsorizzate dalla Russia.

GSS: Secondo te ci potrà essere in futuro una convivenza pacifica tra i due stati?

DO: la mia famiglia vive a Mosca da parte materna e so di informazioni riportate da istituti indipendenti che il 50% della popolazione sostiene l’intervento di Putin in Russia ed è un peso che ci porteremo dietro per tanto tempo. Vedo morire persone, bambini, figli di amici e il messaggio di Putin di riprendere e diffondere la cultura russa in realtà sta ottenendo l’effetto opposto. Ora in Ucraina si detesta la cultura e la lingua russa e alla loro identità, nessuno vuole più appartenere. In Ucraina tutti sono bilingui e con questa propaganda Putin sortisce l’effetto contrario.

GSS: il tuo film dimostra che il cinema è stato in grado di raccontare quello che accadeva già da 08 anni. Quale può essere il contributo dei tuoi colleghi  filmmakers?

DO: credo che il cinema abbia degli spunti magici e che possa cambiare in meglio il mondo e le cose. In questi anni sono usciti tanti film e documentari da queste zone dopo che si sono vissute direttamente tutte queste sofferenze indubbiamente c’è più materiale da raccontare, da sviluppare. Molti saranno i film che raccontano le storie e producono uno sviluppo del cinema ucraino. Quello che è reale ora è che molte persone semplici sono dei veri e propri eroi. Un sacco di storie vere escono come materiale per i film e ogni film ci aiuta a esaminare i valori umani per lottare nella difesa dei  giusti valori europei.

GSS: Non dimentichi l’arte e nemmeno l’architettura. Come sfondo, i sobborghi abbandonati, quello che è stato distrutto della cultura come i musei, le sculture e dell’industria, la produzione, il setting. E nemmeno il tuo produttore Igor Savychenko che ha contribuito ad un altro grande film, oltre al tuo, in bianco e nero. Parliamo di Painted Bird sempre sulle atrocità della guerra.

DO: Si tutto questo era voluto per sottolineare anche come ci sia stato un totale sradicamento, come si fa con una pianta e le sue radici. Non solo di persone, ma anche dei loro prodotti, sia artistici, che di vita o di lavoro. Morte di fabbriche, di gallerie, di musei. Tutto questo è guerra. Per noi era importante anche far vedere tutto questo male. Un altro dei potenti effetti del cinema, anche se è fiction, documentare appunto.

GSS: Ti piace molto l’arte contemporanea. Il tuo nuovo progetto sarà su una grande figura che ha cambiato la storia dell’arte come Kazimir Malevich, che è un ucraino con una vita pazzesca. Hai amici artisti come si vede nel film come la performer e scultrice Maria Kulykovska che spara alle sue sculture all’inizio della pellicola. Quindi hai anche un artista preferitoO ti ispira qualcuno in particolare?

DO: Il mio influsso primario vorrei dire in questo momento storico va a Magritte, la bombetta e agli amanti della pittura. Il riferimento è alla cecità sia visiva che politica che purtroppo convivono nelle  sue opere e nelle fake news.

GSS: come hai scelto il lavoro di Maria Kulykovska? Nel suo lavoro/performance ‘Stardust’, (2017) le sue opere, dilaniati corpi di donna in forma di sculture antiche mutilate, sono costruite con sostanze e materie della Crimea, sua terra d’origine, come sale, argilla, sabbia. Parlando così di terra e territorio, arte e paesaggio. L’hai scelta apposta? O perchè è donna, artista, performer e persegue anche le tematiche su violenza al femminile oltre che quelle originate dalla guerra?

DO: Entrambe le cose in effetti. Maria l’ho sconosciuta ad una sua mostra. I gruppi pro russi attaccarono i centri di arte e distrussero le gallerie e quindi anche le sue opere, tutte le sculture di Maria. Anche quella è un forma di propaganda russa.

Nel mio film a differenza di ‘Stardust’ ha prodotto queste sculture con il sapone che si usa in balistica, quello per fare i test, riportando ancora una volta l’attenzione al materiale, che in molti caso comunica più dell’opera stessa.

C’è poi una lista degli artisti proibiti in Russia e lei è tra questi. Cercano in tutti i modi di distruggere la cultura ucraina, l’identità, la lingua e il destino delle donne in questa era.

Le donne e il loro destino soffrono non solo da noi, ma in tutto il mondo sono inibite, distrutte, violentate, persino uccise anche da bambine. Maria voleva davvero andare dentro la propaganda e lei stessa recita nel film, nel ruolo oltre che di se stessa all’inizio, anche come giornalista di propaganda poi. Maria voleva essere quello che le hanno fatto, voleva impersonare coloro che le hanno distrutto lavoro e famiglia.

La sinossi del film The Forgotten (Zabuti)

La trentenne Nina, un’insegnante di lingua ucraina che non può lasciare la città di Luhansk a causa dell’occupazione separatista nell’est dell’Ucraina, è costretta a seguire corsi di riqualificazione per l’insegnamento del russo. Il diciassettenne Andrii, invece, è uno studente rimasto orfano all’indomani dello scoppio della guerra. Le loro vite si incrociano quando Nina vede la polizia arrestare Andrii per aver appeso la bandiera ucraina dal tetto della scuola. La donna sa di vivere ormai in un mondo costruito sulle ingiustizie e sulle bugie e per Andrii potrebbe prospettarsi un lungo periodo in galera. Per liberarlo, è pronta a rischiare la propria vita. Nell’avvicinarsi l’uno all’altra, cercano di ricordare alle persone nei territori occupati che anch’essi hanno diritto a un futuro.

La regista e scrittrice Daria Onyshchenko Gold: dati biografici

È nata Kiev in Ucraina. Nel 2000 ha iniziato i suoi studi in comunicazione, PR e giornalismo internazionale alla Taras Shevchenko University di Kiev dove si è diplomata nel 2004. Ha fatto esperienza in teatro come direttrice al Karpenko Kary Theater Institute a Kiev.

Dal 2006 al 2012, ha studiato regia all’università di Cinema e Television a Monaco e ha scritto e diretto molti film.

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'THE FORGOTTEN' (ZABUTI)

  • Anno: 2019
  • Durata: 104'
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Ucraina, Svizzera
  • Regia: Daria Onyshchenko